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del minor cerchio una voce modesta, forse qual fu da l'angelo a Maria, risponder: «Quanto fia lunga la festa di paradiso, tanto il nostro amore si raggerà dintorno cotal vesta.

La sua chiarezza séguita l'ardore; l'ardor la visïone, e quella è tanta, quant' ha di grazia sovra suo valore.

Come la carne glorïosa e santa

fia rivestita, la nostra persona

più grata fia per esser tutta quanta; per che s'accrescerà ciò che ne dona di gratüito lume il sommo bene,

lume ch'a lui veder ne condiziona; onde la visïon crescer convene,

crescer l'ardor che di quella s'accende, crescer lo raggio che da esso vene.

Ma sì come carbon che fiamma rende, e per vivo candor quella soverchia, sì che la sua parvenza si difende; 380

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

così questo folgór che già ne cerchia fia vinto in apparenza da la carne che tutto dì la terra ricoperchia; né potrà tanta luce affaticarne:

ché li organi del corpo saran forti a tutto ciò che potrà dilettarne».

Tanto mi parver sùbiti e accorti

e l'uno e l'altro coro a dicer «Amme!», che ben mostrar disio d'i corpi morti: forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme.

Ed ecco intorno, di chiarezza pari, nascere un lustro sopra quel che v'era, per guisa d'orizzonte che rischiari.

E sì come al salir di prima sera

comincian per lo ciel nove parvenze, sì che la vista pare e non par vera, parvemi lì novelle sussistenze

cominciare a vedere, e fare un giro di fuor da l'altre due circunferenze.

Oh vero sfavillar del Santo Spiro!

come si fece sùbito e candente

a li occhi miei che, vinti, nol soffriro!

Ma Bëatrice sì bella e ridente

mi si mostrò, che tra quelle vedute si vuol lasciar che non seguir la mente.

Quindi ripreser li occhi miei virtute a rilevarsi; e vidimi translato

sol con mia donna in più alta salute.

Ben m'accors' io ch'io era più levato, per l'affocato riso de la stella, 381

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

che mi parea più roggio che l'usato.

Con tutto 'l core e con quella favella ch'è una in tutti, a Dio feci olocausto, qual conveniesi a la grazia novella.

E non er' anco del mio petto essausto l'ardor del sacrificio, ch'io conobbi esso litare stato accetto e fausto; ché con tanto lucore e tanto robbi m'apparvero splendor dentro a due raggi, ch'io dissi: «O Elïòs che sì li addobbi!».

Come distinta da minori e maggi

lumi biancheggia tra ' poli del mondo Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi; sì costellati facean nel profondo Marte quei raggi il venerabil segno che fan giunture di quadranti in tondo.

Qui vince la memoria mia lo 'ngegno; ché quella croce lampeggiava Cristo, sì ch'io non so trovare essempro degno; ma chi prende sua croce e segue Cristo, ancor mi scuserà di quel ch'io lasso, vedendo in quell' albor balenar Cristo.

Di corno in corno e tra la cima e 'l basso si movien lumi, scintillando forte nel congiugnersi insieme e nel trapasso: così si veggion qui diritte e torte, veloci e tarde, rinovando vista,

le minuzie d'i corpi, lunghe e corte, moversi per lo raggio onde si lista talvolta l'ombra che, per sua difesa, la gente con ingegno e arte acquista.

E come giga e arpa, in tempra tesa 382

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

di molte corde, fa dolce tintinno a tal da cui la nota non è intesa, così da' lumi che lì m'apparinno

s'accogliea per la croce una melode che mi rapiva, sanza intender l'inno.

Ben m'accors' io ch'elli era d'alte lode, però ch'a me venìa «Resurgi» e «Vinci»

come a colui che non intende e ode.

Are sens

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