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Così facieno i padri di coloro

che, sempre che la vostra chiesa vaca, si fanno grassi stando a consistoro.

L'oltracotata schiatta che s'indraca dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l dente o ver la borsa, com' agnel si placa, già venìa sù, ma di picciola gente; sì che non piacque ad Ubertin Donato che poï il suocero il fé lor parente.

Già era 'l Caponsacco nel mercato disceso giù da Fiesole, e già era buon cittadino Giuda e Infangato.

Io dirò cosa incredibile e vera:

nel picciol cerchio s'entrava per porta che si nomava da quei de la Pera.

Ciascun che de la bella insegna porta del gran barone il cui nome e 'l cui pregio la festa di Tommaso riconforta,

da esso ebbe milizia e privilegio; avvegna che con popol si rauni

oggi colui che la fascia col fregio.

Già eran Gualterotti e Importuni; e ancor saria Borgo più quïeto,

se di novi vicin fosser digiuni.

392

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

La casa di che nacque il vostro fleto, per lo giusto disdegno che v'ha morti e puose fine al vostro viver lieto, era onorata, essa e suoi consorti: o Buondelmonte, quanto mal fuggisti le nozze süe per li altrui conforti!

Molti sarebber lieti, che son tristi, se Dio t'avesse conceduto ad Ema

la prima volta ch'a città venisti.

Ma conveniesi, a quella pietra scema che guarda 'l ponte, che Fiorenza fesse vittima ne la sua pace postrema.

Con queste genti, e con altre con esse, vid' io Fiorenza in sì fatto riposo, che non avea cagione onde piangesse.

Con queste genti vid' io glorïoso e giusto il popol suo, tanto che 'l giglio non era ad asta mai posto a ritroso, né per divisïon fatto vermiglio».

CANTO XVII

[Canto XVII, nel quale il predetto messer Cacciaguida solve l'animo de l'auttore da una paura e confortalo a fare questa opera.]

Qual venne a Climenè, per accertarsi di ciò ch'avëa incontro a sé udito, quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi; 393

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

tal era io, e tal era sentito

e da Beatrice e da la santa lampa che pria per me avea mutato sito.

Per che mia donna «Manda fuor la vampa del tuo disio», mi disse, «sì ch'ella esca segnata bene de la interna stampa: non perché nostra conoscenza cresca per tuo parlare, ma perché t'ausi a dir la sete, sì che l'uom ti mesca».

«O cara piota mia che sì t'insusi, che, come veggion le terrene menti non capere in trïangol due ottusi, così vedi le cose contingenti

anzi che sieno in sé, mirando il punto a cui tutti li tempi son presenti; mentre ch'io era a Virgilio congiunto su per lo monte che l'anime cura

e discendendo nel mondo defunto,

dette mi fuor di mia vita futura

parole gravi, avvegna ch'io mi senta ben tetragono ai colpi di ventura; per che la voglia mia saria contenta d'intender qual fortuna mi s'appressa: ché saetta previsa vien più lenta».

Così diss' io a quella luce stessa che pria m'avea parlato; e come volle Beatrice, fu la mia voglia confessa.

Né per ambage, in che la gente folle già s'inviscava pria che fosse anciso l'Agnel di Dio che le peccata tolle, ma per chiare parole e con preciso latin rispuose quello amor paterno, chiuso e parvente del suo proprio riso: 394

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

«La contingenza, che fuor del quaderno de la vostra matera non si stende, tutta è dipinta nel cospetto etterno; necessità però quindi non prende

se non come dal viso in che si specchia nave che per torrente giù discende.

Da indi, sì come viene ad orecchia dolce armonia da organo, mi viene a vista il tempo che ti s'apparecchia.

Qual si partio Ipolito d'Atene

per la spietata e perfida noverca, tal di Fiorenza partir ti convene.

Questo si vuole e questo già si cerca, e tosto verrà fatto a chi ciò pensa là dove Cristo tutto dì si merca.

Are sens

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