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Ma come Costantin chiese Silvestro d'entro Siratti a guerir de la lebbre, così mi chiese questi per maestro a guerir de la sua superba febbre; domandommi consiglio, e io tacetti perché le sue parole parver ebbre.

E' poi ridisse: "Tuo cuor non sospetti; finor t'assolvo, e tu m'insegna fare sì come Penestrino in terra getti.

Lo ciel poss' io serrare e diserrare, come tu sai; però son due le chiavi 123

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

che 'l mio antecessor non ebbe care".

Allor mi pinser li argomenti gravi là 've 'l tacer mi fu avviso 'l peggio, e dissi: "Padre, da che tu mi lavi di quel peccato ov' io mo cader deggio, lunga promessa con l'attender corto ti farà trïunfar ne l'alto seggio".

Francesco venne poi, com' io fu' morto, per me; ma un d'i neri cherubini

li disse: "Non portar: non mi far torto.

Venir se ne dee giù tra ' miei meschini perché diede 'l consiglio frodolente, dal quale in qua stato li sono a' crini; ch'assolver non si può chi non si pente, né pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente".

Oh me dolente! come mi riscossi

quando mi prese dicendomi: "Forse tu non pensavi ch'io löico fossi!".

A Minòs mi portò; e quelli attorse otto volte la coda al dosso duro; e poi che per gran rabbia la si morse, disse: "Questi è d'i rei del foco furo"; per ch'io là dove vedi son perduto, e sì vestito, andando, mi rancuro».

Quand' elli ebbe 'l suo dir così compiuto, la fiamma dolorando si partio,

torcendo e dibattendo 'l corno aguto.

Noi passamm' oltre, e io e 'l duca mio, su per lo scoglio infino in su l'altr' arco che cuopre 'l fosso in che si paga il fio a quei che scommettendo acquistan carco.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

CANTO XXVIII

[Canto XXVIII, nel quale tratta le qualitadi de la nona bolgia, dove l'auttore vide punire coloro che commisero scandali, e'

seminatori di scisma e discordia e d'ogne altro male operare.]

Chi poria mai pur con parole sciolte dicer del sangue e de le piaghe a pieno ch'i' ora vidi, per narrar più volte?

Ogne lingua per certo verria meno per lo nostro sermone e per la mente c'hanno a tanto comprender poco seno.

S'el s'aunasse ancor tutta la gente che già, in su la fortunata terra di Puglia, fu del suo sangue dolente per li Troiani e per la lunga guerra che de l'anella fé sì alte spoglie, come Livïo scrive, che non erra,

con quella che sentio di colpi doglie per contastare a Ruberto Guiscardo; e l'altra il cui ossame ancor s'accoglie a Ceperan, là dove fu bugiardo

ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo, dove sanz' arme vinse il vecchio Alardo; e qual forato suo membro e qual mozzo mostrasse, d'aequar sarebbe nulla il modo de la nona bolgia sozzo.

Già veggia, per mezzul perdere o lulla, com' io vidi un, così non si pertugia, 125

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rotto dal mento infin dove si trulla.

Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e 'l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia.

Mentre che tutto in lui veder m'attacco, guardommi e con le man s'aperse il petto, dicendo: «Or vedi com' io mi dilacco!

vedi come storpiato è Mäometto!

Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel volto dal mento al ciuffetto.

E tutti li altri che tu vedi qui, seminator di scandalo e di scisma fuor vivi, e però son fessi così.

Un diavolo è qua dietro che n'accisma sì crudelmente, al taglio de la spada rimettendo ciascun di questa risma, quand' avem volta la dolente strada; però che le ferite son richiuse

prima ch'altri dinanzi li rivada.

Ma tu chi se' che 'n su lo scoglio muse, forse per indugiar d'ire a la pena ch'è giudicata in su le tue accuse?».

«Né morte 'l giunse ancor, né colpa 'l mena», rispuose 'l mio maestro, «a tormentarlo; ma per dar lui esperïenza piena,

a me, che morto son, convien menarlo per lo 'nferno qua giù di giro in giro; e quest' è ver così com' io ti parlo».

Più fuor di cento che, quando l'udiro, s'arrestaron nel fosso a riguardarmi per maraviglia, oblïando il martiro.

«Or dì a fra Dolcin dunque che s'armi, 126

Are sens

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