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che spesse volte la memoria priva, fatt' ha la mente sua ne li occhi oscura.

Ma vedi Eünoè che là diriva:

menalo ad esso, e come tu se' usa, la tramortita sua virtù ravviva».

Come anima gentil, che non fa scusa, ma fa sua voglia de la voglia altrui tosto che è per segno fuor dischiusa; così, poi che da essa preso fui,

la bella donna mossesi, e a Stazio donnescamente disse: «Vien con lui».

S'io avessi, lettor, più lungo spazio da scrivere, i' pur cantere' in parte lo dolce ber che mai non m'avria sazio; ma perché piene son tutte le carte ordite a questa cantica seconda,

non mi lascia più ir lo fren de l'arte.

Io ritornai da la santissima onda rifatto sì come piante novelle

rinovellate di novella fronda,

316

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

puro e disposto a salire a le stelle.

[Explicit secunda pars Comedie Dantis Alagherii in qua tractatum est de Purgatorio]

LA DIVINA COMMEDIA

di Dante Alighieri

PARADISO

CANTO I

[Comincia la terza cantica de la Commedia di Dante Alaghiere di Fiorenza, ne la quale si tratta de' beati e de la celestiale gloria e de' meriti e premi de' santi, e dividesi in nove parti. Canto primo, nel cui principio l'auttore proemizza a la seguente cantica; e sono ne lo elemento del fuoco e Beatrice solve a l'auttore una questione; nel quale canto l'auttore promette di trattare de le cose divine invocando la scienza poetica, cioè Appollo chiamato il deo de la Sapienza.]

La gloria di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove.

Nel ciel che più de la sua luce prende 317

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

fu' io, e vidi cose che ridire

né sa né può chi di là sù discende; perché appressando sé al suo disire, nostro intelletto si profonda tanto, che dietro la memoria non può ire.

Veramente quant' io del regno santo ne la mia mente potei far tesoro, sarà ora materia del mio canto.

O buono Appollo, a l'ultimo lavoro fammi del tuo valor sì fatto vaso, come dimandi a dar l'amato alloro.

Infino a qui l'un giogo di Parnaso assai mi fu; ma or con amendue

m'è uopo intrar ne l'aringo rimaso.

Entra nel petto mio, e spira tue

sì come quando Marsïa traesti

de la vagina de le membra sue.

O divina virtù, se mi ti presti

tanto che l'ombra del beato regno segnata nel mio capo io manifesti, vedra'mi al piè del tuo diletto legno venire, e coronarmi de le foglie

che la materia e tu mi farai degno.

Sì rade volte, padre, se ne coglie per trïunfare o cesare o poeta,

colpa e vergogna de l'umane voglie, che parturir letizia in su la lieta delfica deïtà dovria la fronda

peneia, quando alcun di sé asseta.

Poca favilla gran fiamma seconda: forse di retro a me con miglior voci si pregherà perché Cirra risponda.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Surge ai mortali per diverse foci la lucerna del mondo; ma da quella che quattro cerchi giugne con tre croci, con miglior corso e con migliore stella esce congiunta, e la mondana cera più a suo modo tempera e suggella.

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