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Intanto s’era levato un vento impetuoso di tramontana, che soffiando e mugghiando con rabbia, sbatacchia-va in qua e in là il povero impiccato, facendolo dondo-lare violentemente come il battaglio di una campana che suona a festa. E quel dondolio gli cagionava acutis-simi spasimi, e il nodo scorsoio, stringendosi sempre più alla gola, gli toglieva il respiro.

A poco a poco gli occhi gli si appannavano; e sebbene sentisse avvicinarsi la morte, pure sperava sempre che da un momento all’altro sarebbe capitata qualche anima pietosa a dargli aiuto. Ma quando, aspetta aspetta, vide che non compariva nessuno, proprio nessuno, allora gli tornò in mente il suo povero babbo... e balbettò quasi moribondo:

– Oh babbo mio! se tu fossi qui!...

E non ebbe fiato per dir altro. Chiuse gli occhi, aprì la bocca, stirò le gambe e, dato un grande scrollone, rimase lì come intirizzito.

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioLa bella Bambina dai capelli turchini fa raccogliere ilburattino: lo mette a letto, e chiama tre medici per saperese sia vivo o morto.

In quel mentre che il povero Pinocchio impiccato dagli assassini a un ramo della Quercia grande, pareva oramai più morto che vivo, la bella Bambina dai capelli turchini si affacciò daccapo alla finestra, e impietositasi alla vista di quell’infelice che, sospeso per il collo, ballava il trescone alle ventate di tramontana, battè per tre volte le mani insieme, e fece tre piccoli colpi.

A questo segnale si sentì un gran rumore di ali che volavano con foga precipitosa, e un grosso falco venne a posarsi sul davanzale della finestra.

– Che cosa comandate, mia graziosa Fata? – disse il Falco abbassando il becco in atto di reverenza (perché bisogna sapere che la Bambina dai capelli turchini non era altro, in fin dei conti, che una buonissima Fata, che da più di mill’anni abitava nelle vicinanze di quel bosco):

– Vedi tu quel burattino attaccato penzoloni a un ramo della Quercia grande?

– Lo vedo.

– Orbene: vola subito laggiù: rompi col tuo fortissi-mo becco il nodo che lo tiene sospeso in aria e posalo delicatamente sdraiato sull’erba a piè della Quercia.

Il Falco volò via e dopo due minuti tornò dicendo:

– Quel che mi avete comandato, è fatto.

– E come l’hai trovato? Vivo o morto?

– A vederlo, pareva morto, ma non dev’essere ancora morto perbene, perché, appena gli ho sciolto il nodo scorsoio che lo stringeva intorno alla gola, ha lasciato andare un sospiro, balbettando a mezza voce: «Ora mi sento meglio!».

Allora la Fata, battendo le mani insieme, fece due piccoli colpi, e apparve un magnifico Can-barbone, che Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio camminava ritto sulle gambe di dietro, tale e quale come se fosse un uomo.

Il Can-barbone era vestito da cocchiere in livrea di gala. Aveva in capo un nicchiettino a tre punte gallona-to d’oro, una parrucca bianca coi riccioli che gli scende-vano giù per il collo, una giubba color di cioccolata coi bottoni di brillanti e con due grandi tasche per tenervi gli ossi che gli regalava a pranzo la padrona, un paio di calzoni corti di velluto cremisi, le calze di seta, gli scar-pini scollati, e di dietro una specie di fodera da ombrel-li, tutta di raso turchino, per mettervi dentro la coda, quando il tempo cominciava a piovere.

– Su da bravo, Medoro! – disse la Fata al Can-barbone; – Fai subito attaccare la più bella carrozza della mia scuderia e prendi la via del bosco. Arrivato che sarai sotto la Quercia grande, troverai disteso sull’erba un povero burattino mezzo morto. Raccoglilo con garbo, posalo pari pari su i cuscini della carrozza e portamelo qui. Hai capito?

Il Can-barbone, per fare intendere che aveva capito, dimenò tre o quattro volte la fodera di raso turchino, che aveva dietro, e partì come un barbero.

Di lì a poco, si vide uscire dalla scuderia una bella carrozzina color dell’aria, tutta imbottita di penne di ca-narino e foderata nell’interno di panna montata e di crema coi savoiardi. La carrozzina era tirata da cento pariglie di topini bianchi, e il Can-barbone, seduto a cassetta, schioccava la frusta a destra e a sinistra, come un vetturino quand’ha paura di aver fatto tardi.

Non era ancora passato un quarto d’ora, che la carrozzina tornò, e la Fata, che stava aspettando sull’uscio di casa, prese in collo il povero burattino, e portatolo in una cameretta che aveva le pareti di madreperla, mandò subito a chiamare i medici più famosi del vicinato.

E i medici arrivarono subito, uno dopo l’altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta e un Grillo-parlante.

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio

– Vorrei sapere da lor signori, – disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio, – vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino sia morto o vivo!...

A quest’invito, il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio: poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quand’ebbe tastato ben bene, pronunziò solennemente queste parole:

– A mio credere il burattino è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!

– Mi dispiace, – disse la Civetta, – di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero!

– E lei non dice nulla? – domandò la Fata al Grillo-parlante.

– Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto. Del resto quel burattino lì non m’è fisonomia nuova: io lo conosco da un pezzo!...

Pinocchio, che fin allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ebbe una specie di fremito convul-so, che fece scuotere tutto il letto.

– Quel burattino lì, – seguitò a dire il Grillo-parlante,

– è una birba matricolata...

Pinocchio aprì gli occhi e li richiuse subito.

– è un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo. Pinocchio si nascose la faccia sotto i lenzuoli.

– Quel burattino lì è un figliuolo disubbidiente, che farà morire di crepacuore il suo povero babbo!...

A questo punto si sentì nella camera un suono soffocato di pianti e di singhiozzi. Figuratevi come rimasero tutti, allorché sollevati un poco i lenzuoli, si accorsero che quello che piangeva e singhiozzava era Pinocchio.

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio

– Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione, – disse solennemente il Corvo.

– Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega, – soggiunse la Civetta, – ma per me, quando il morto piange è segno che gli dispiace a morire.

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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioPinocchio mangia lo zucchero, ma non vuol purgarsi:Però quando vede i becchini che vengono a portarlo via,allora si purga. Poi dice una bugia e per gastigo gli cresceil naso.

Are sens