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– Non lo so.

– E quando ritornerà?... – domandò Pinocchio, con vivissima curiosità.

– Non ritornerà mai. Ieri è partita tutta afflitta, e, belando, pareva che dicesse: «Povero Pinocchio... oramai non lo rivedrò più... il Pesce-cane a quest’ora l’avrà bell’e divorato!...».

– Ha detto proprio così?... Dunque era lei!... Era lei!... era la mia cara Fatina!... – cominciò a urlare Pinocchio, singhiozzando e piangendo dirottamente.

Quand’ebbe pianto ben bene, si rasciugò gli occhi e, preparato un buon lettino di paglia, vi distese sopra il vecchio Geppetto. Poi domandò al Grillo-parlante:

– Dimmi, Grillino: dove potrei trovare un bicchiere di latte per il mio povero babbo?

– Tre campi distante di qui c’è l’ortolano Giangio, che tiene le mucche. Và da lui e troverai il latte, che cerchi.

Pinocchio andò di corsa a casa dell’ortolano Giangio; ma l’ortoiano gli disse:

– Quanto ne vuoi del latte?

– Ne voglio un bicchiere pieno.

– Un bicchiere di latte costa un soldo. Comincia intanto dal darmi il soldo.

– Non ho nemmeno un centesimo, – rispose Pinocchio tutto mortificato e dolente.

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio

– Male, burattino mio, – replicò l’ortolano. – Se tu non hai nemmeno un centesimo, io non ho nemmeno un dito di latte.

– Pazienza! – disse Pinocchio e fece l’atto di andarse-ne.

– Aspetta un po’, – disse Giangio. – Fra te e me ci possiamo accomodare. Vuoi adattarti a girare il bindolo?

– Che cos’è il bindolo?

– Gli è quell’ordigno di legno, che serve a tirar su l’acqua dalla cisterna, per annaffiare gli ortaggi.

– Mi proverò...

– Dunque, tirami su cento secchie d’acqua e io ti re-galerò in compenso un bicchiere di latte.

– Sta bene.

Giangio condusse il burattino nell’orto e gl’insegnò la maniera di girare il bindolo. Pinocchio si pose subito al lavoro; ma prima di aver tirato su le cento secchie d’acqua, era tutto grondante di sudore dalla testa ai piedi. Una fatica a quel modo non l’aveva durata mai.

– Finora questa fatica di girare il bindolo, – disse l’ortolano, – l’ho fatta fare al mio ciuchino: ma oggi quel povero animale è in fin di vita.

– Mi menate a vederlo? – disse Pinocchio.

– Volentieri.

Appena che Pinocchio fu entrato nella stalla vide un bel ciuchino disteso sulla paglia, rifinito dalla fame e dal troppo lavoro.

Quando l’ebbe guardato fisso fisso, disse dentro di sé, turbandosi:

– Eppure quel ciuchino lo conosco! Non mi è fisonomia nuova!

E chinatosi fino a lui, gli domandò in dialetto asinino:

– Chi sei?

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio A questa domanda, il ciuchino apri gli occhi mori-bondi, e rispose balbettando nel medesimo dialetto:

– Sono Lu...ci...gno...lo.

E dopo richiuse gli occhi e spirò.

– Oh! povero Lucignolo! – disse Pinocchio a mezza voce: e presa una manciata di paglia, si rasciugò una lacrima che gli colava giù per il viso.

– Ti commovi tanto per un asino che non ti costa nulla? – disse l’ortolano. – Che cosa dovrei far io che lo comprai a quattrini contanti?

– Vi dirò... era un mio amico!...

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