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Ma il momento più brutto per què due sciagurati sapete quando fu? Il momento più brutto e più umiliante fu quello quando sentirono spuntarsi di dietro la coda.

Vinti allora dalla vergogna e dal dolore, si provarono a piangere e a lamentarsi del loro destino.

Non l’avessero mai fatto! Invece di gemiti e di lamenti, mandavano fuori dei ragli asinini: e ragliando so-noramente, facevano tutt’e due coro: j-a, j-a, j-a.

In quel frattempo fu bussato alla porta, e una voce di fuori disse:

– Aprite! Sono l’Omino, sono il conduttore del carro che vi portò in questo paese. Aprite subito, o guai a voi!

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioDiventato un ciuchino vero, è portato a vendere, e locompra il direttore di una compagnia di pagliacci perinsegnargli a ballare e a saltare i cerchi; ma una seraazzoppisce e allora lo ricompra un altro, per far con la suapelle un tamburo.

Vedendo che la porta non si apriva, l’Omino la spalancò con un violentissimo calcio: ed entrato che fu nella stanza, disse col suo solito risolino a Pinocchio e a Lucignolo:

– Bravi ragazzi! Avete ragliato bene, e io vi ho subito riconosciuti alla voce. E per questo eccomi qui.

A tali parole, i due ciuchini rimasero mogi mogi, colla testa giù, con gli orecchi bassi e con la coda fra le gambe.

Da principio l’Omino li lisciò, li accarezzò, li palpeg-giò: poi, tirata fuori la striglia, cominciò a strigliarli perbene.

E quando a furia di strigliarli, li ebbe fatti lustri come due specchi, allora messe loro la cavezza e li condusse sulla piazza del mercato, con la speranza di venderli e di beccarsi un discreto guadagno.

E i compratori, difatti, non si fecero aspettare.

Lucignolo fu comprato da un contadino, a cui era morto il somaro il giorno avanti, e Pinocchio fu venduto al direttore di una compagnia di pagliacci e di salta-tori di corda, il quale lo comprò per ammaestrarlo e per farlo poi saltare e ballare insieme con le altre bestie della compagnia.

E ora avete capito, miei piccoli lettori, qual era il bel mestiere che faceva l’Omino? Questo brutto mostriciat-tolo, che aveva una fisionomia tutta latte e miele, andava di tanto in tanto con un carro a girare per il mondo: strada facendo raccoglieva con promesse e con moine tutti i ragazzi svogliati, che avevano a noia i libri e le scuole: e dopo averli caricati sul suo carro, li conduceva Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio nel Paese dei Balocchi, perché passassero tutto il loro tempo in giochi, in chiassate e in divertimenti. Quando poi quei poveri ragazzi illusi, a furia di baloccarsi sempre e di non studiare mai, diventavano tanti ciuchini, allora tutto allegro e contento s’impadroniva di loro e li portava a vendere sulle fiere e sui mercati. E così in pochi anni aveva fatto fior di quattrini ed era diventato milionario.

Quel che accadesse di Lucignolo, non lo so: so, per altro, che Pinocchio andò incontro fin dai primi giorni a una vita durissima e strapazzata.

Quando fu condotto nella stalla, il nuovo padrone gli empì la greppia di paglia: ma Pinocchio, dopo averne assaggiata una boccata, la risputò.

Allora il padrone, brontolando, gli empì la greppia di fieno: ma neppure il fieno gli piacque.

– Ah! non ti piace neppure il fieno? – gridò il padrone imbizzito. – Lascia fare, ciuchino bello, che se hai dei capricci per il capo, penserò io a levarteli!...

E a titolo di correzione, gli affibbiò subito una frustata nelle gambe.

Pinocchio dal gran dolore, cominciò a piangere e a ragliare, e ragliando, disse:

J-a, j-a, la paglia non la posso digerire!...

– Allora mangia il fieno! – replicò il padrone che in-tendeva benissimo il dialetto asinino.

J-a, j-a, il fieno mi fa dolere il corpo!...

– Pretenderesti, dunque, che un somaro, par tuo, lo dovessi mantenere a petti di pollo e cappone in galanti-na? – soggiunse il padrone arrabbiandosi sempre più e affibbiandogli una seconda frustata.

A quella seconda frustata Pinocchio, per prudenza, si chetò subito e non disse altro.

Intanto la stalla fu chiusa e Pinocchio rimase solo: e perché erano molte ore che non aveva mangiato comin-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio ciò a sbadigliare dal grande appetito. E, sbadigliando, spalancava una bocca che pareva un forno.

Alla fine, non trovando altro nella greppia, si rassegnò a masticare un po’ di fieno: e dopo averlo masticato ben bene, chiuse gli occhi e lo tirò giù.

– Questo fieno non è cattivo, – poi disse dentro di sé,

– ma quanto sarebbe stato meglio che avessi continuato a studiare!... A quest’ora, invece di fieno, potrei mangiare un cantuccio di pan fresco e una bella fetta di salame!... Pazienza!

La mattina dopo, svegliandosi, cercò subito nella greppia un altro po’ di fieno; ma non lo trovò perché l’aveva mangiato tutto nella notte.

Allora prese una boccata di paglia tritata: ma in quel mentre che la masticava si dovè accorgere che il sapore della paglia tritata non somigliava punto né al risotto alla milanese né ai maccheroni alla napoletana.

– Pazienza! – ripetè, continuando a masticare. – Che almeno la mia disgrazia possa servire di lezione a tutti i ragazzi disobbedienti e che non hanno voglia di studiare. Pazienza!... pazienza!

– Pazienza un corno! – urlò il padrone, entrando in quel momento nella stalla. – Credi forse, mio bel ciuchino, ch’io ti abbia comprato unicamente per darti da bere e da mangiare? Io ti ho comprato perché tu lavori e perché tu mi faccia guadagnare molti quattrini. Su, dunque, da bravo! Vieni con me nel Circo, e là ti inse-gnerà a saltare i cerchi, a rompere col capo le botti di foglio e a ballaré il valzer e la polca, stando ritto sulle gambe di dietro.

Il povero Pinocchio, per amore o per forza, dovè imparare tutte queste bellissime cose; ma, per impararle, gli ci vollero tre mesi di lezioni, e molte frustate da levare il pelo.

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