Ciò detto, Pinocchio prese il suo babbo per la mano: e camminando sempre in punta di piedi, risalirono insieme su per la gola del mostro: poi traversarono tutta Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio la lingua e scavalcarono i tre filari di denti. Prima però di fare il gran salto, il burattino disse al suo babbo:
– Montatemi a cavalluccio sulle spalle e abbracciate-mi forte forte. Al resto ci penso io.
Appena Geppetto si fu accomodato per bene sulle spalle del figliuolo, Pinocchio, sicurissimo del fatto suo, si gettò nell’acqua e cominciò a nuotare. Il mare era tranquillo come un olio: la luna splendeva in tutto il suo chiarore e il Pesce-cane seguitava a dormire di un sonno così profondo, che non l’avrebbe svegliato nemmeno una cannonata.
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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioFinalmente Pinocchio cessa d’essere un burattino ediventa un ragazzo.
Mentre Pinocchio nuotava alla svelta per raggiungere la spiaggia, si accorse che il suo babbo, il quale gli stava a cavalluccio sulle spalle e aveva le gambe mezze nell’acqua, tremava fitto fitto, come se al pover’uomo gli battesse la febbre terzana.
Tremava di freddo o di paura? Chi lo sa? Forse un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Ma Pinocchio, credendo che quel tremito fosse di paura, gli disse per confor-tarlo:
– Coraggio babbo! Fra pochi minuti arriveremo a terra e saremo salvi.
– Ma dov’è questa spiaggia benedetta? – domandò il vecchietto diventando sempre più inquieto, e appun-tando gli occhi, come fanno i sarti quando infilano l’ago. – Eccomi qui, che guardo da tutte le parti, e non vedo altro che cielo e mare.
– Ma io vedo anche la spiaggia, – disse il burattino. –
Per vostra regola io sono come i gatti: ci vedo meglio di notte che di giorno.
Il povero Pinocchio faceva finta di essere di buonumore: ma invece... Invece cominciava a scoraggiarsi: le forze gli scemavano, il suo respiro diventava grosso e affannoso... insomma non ne poteva più, la spiaggia era sempre lontana.
Nuotò finché ebbe fiato: poi si voltò col capo verso Geppetto, e disse con parole interrotte:
– Babbo mio, aiutatemi... perché io muoio! E il padre e il figliuolo erano oramai sul punto di affogare, quando udirono una voce di chitarra scordata che disse:
– Chi è che muore?
– Sono io e il mio povero babbo!...
– Questa voce la riconosco! Tu sei Pinocchio!...
– Preciso: e tu?
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
– Io sono il Tonno, il tuo compagno di prigionia in corpo al Pesce-cane.
– E come hai fatto a scappare?
– Ho imitato il tuo esempio. Tu sei quello che mi hai insegnato la strada, e dopo te, sono fuggito anch’io.
– Tonno mio, tu capiti proprio a tempo! Ti prego per l’amor che porti ai Tonnini tuoi figliuoli: aiutaci, o siamo perduti.
– Volentieri e con tutto il cuore. Attaccatevi tutt’e due alla mia coda, e lasciatevi guidare. In quattro minuti vi condurrò alla riva.
Geppetto e Pinocchio, come potete immaginarvelo accettarono subito l’invito: ma invece di attaccarsi alla coda, giudicarono più comodo di mettersi addirittura a sedere sulla groppa del Tonno.
– Siamo troppo pesi?... – gli domandò Pinocchio.
– Pesi? Neanche per ombra; mi par di avere addosso due gusci di conchiglia, – rispose il Tonno, il quale era di una corporatura così grossa e robusta, da parere un vitello di due anni.
Giunti alla riva, Pinocchio saltò a terra il primo, per aiutare il suo babbo a fare altrettanto; poi si voltò al Tonno, e con voce commossa gli disse:
– Amico mio, tu hai salvato il mio babbo! Dunque non ho parole per ringraziarti abbastanza! Permetti almeno che ti dia un bacio in segno di riconoscenza eterna!...
Il Tonno cacciò il muso fuori dall’acqua, e Pinocchio, piegandosi coi ginocchi a terra, gli posò un affet-tuosissimo bacio sulla bocca. A questo tratto di sponta-nea e vivissima tenerezza, il povero Tonno, che non c’era avvezzo, si sentì talmente commosso, che vergognandosi a farsi veder piangere come un bambino, ri-cacciò il capo sott’acqua e sparì.
Intanto s’era fatto giorno.
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio Allora Pinocchio, offrendo il suo braccio a Geppetto, che aveva appena il fiato di reggersi in piedi, gli disse:
– Appoggiatevi pure al mio braccio, caro babbino, e andiamo. Cammineremo pian pianino come le formicole, e quando saremo stanchi ci riposeremo lungo la via.