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– E dove dobbiamo andare? – domandò Geppetto.

– In cerca di una casa o d’una capanna, dove ci diano per carità un boccon di pane e un po’ di paglia che ci serva da letto.

Non avevano ancora fatti cento passi, che videro seduti sul ciglione della strada due brutti ceffi, i quali stavano lì in atto di chiedere l’elemosina.

Erano il Gatto e la Volpe: ma non si riconoscevano più da quelli d’una volta. Figuratevi che il Gatto, a furia di fingersi cieco, aveva finito coll’accecare davvero: e la Volpe invecchiata, intignata e tutta perduta da una parte, non aveva più nemmeno la coda. Così è. Quella trista ladracchiola, caduta nella più squallida miseria, si trovò costretta un bel giorno a vendere perfino la sua bellissima coda a un merciaio ambulante, che la comprò per farsene uno scacciamosche.

– O Pinocchio, – gridò la Volpe con voce di piagnisteo, – fai un po’ di carità a questi due poveri infermi.

– Infermi! – ripetè il Gatto.

– Addio, mascherine! – rispose il burattino. – Mi avete ingannato una volta, e ora non mi ripigliate più.

– Credilo, Pinocchio, che oggi siamo poveri e disgraziati davvero!

– Davvero! – ripetè il Gatto.

– Se siete poveri, ve lo meritate. Ricordatevi del proverbio che dice: «I quattrini rubati non fanno mai frut-to». Addio, mascherine!

– Abbi compassione di noi!...

– Di noi!...

– Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: «La farina del diavolo va tutta in crusca».

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio

– Non ci abbandonare!...

– ...are! – ripetè il Gatto.

– Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: «Chi ruba il mantello al suo prossimo, per il solito muore senza camicia».

E così dicendo, Pinocchio e Geppetto seguitarono tranquillamente per la loro strada: finché, fatti altri cento passi, videro in fondo a una viottola in mezzo ai campi una bella capanna tutta di paglia, e col tetto coperto d’embrici e di mattoni.

– Quella capanna dev’essere abitata da qualcuno, –

disse Pinocchio. – Andiamo là e bussiamo.

Difatti andarono, e bussarono alla porta.

– Chi è? – disse una vocina di dentro.

– Siamo un povero babbo e un povero figliuolo, senza pane e senza tetto, – rispose il burattino.

– Girate la chiave, e la porta si aprirà, – disse la solita vocina.

Pinocchio girò la chiave, e la porta si apri. Appena entrati dentro, guardarono di qua, guardarono di là, e non videro nessuno.

– O il padrone della capanna dov’è? – disse Pinocchio maravigliato.

– Eccomi quassù!

Babbo e figliuolo si voltarono subito verso il soffitto, e videro sopra un travicello il Grillo-parlante:

– Oh! mio caro Grillino, – disse Pinocchio salutan-dolo garbatamente.

– Ora mi chiami il «tuo caro Grillino», non è vero?

Ma ti rammenti di quando, per scacciarmi di casa tua, mi tirasti un martello di legno?...

– Hai ragione, Grillino! Scaccia anche me... tira anche a me un martello di legno: ma abbi pietà del mio povero babbo...

– Io avrò pietà del babbo e anche del figliuolo: ma ho voluto rammentarti il brutto garbo ricevuto, per inse-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio gnarti che in questo mondo, quando si può, bisogna mostrarsi cortesi con tutti, se vogliamo esser ricambiati con pari cortesia nei giorni del bisogno.

– Hai ragione, Grillino, hai ragione da vendere e io terrò a mente la lezione che mi hai data. Ma mi dici come hai fatto a comprarti questa bella capanna?

– Questa capanna mi è stata regalata ieri da una graziosa capra, che aveva la lana d’un bellissimo colore turchino.

– E la capra dov’è andata? –

Are sens

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