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Nostro peccato fu ermafrodito;

ma perché non servammo umana legge, seguendo come bestie l'appetito,

in obbrobrio di noi, per noi si legge, quando partinci, il nome di colei che s'imbestiò ne le 'mbestiate schegge.

Or sai nostri atti e di che fummo rei: se forse a nome vuo' saper chi semo, tempo non è di dire, e non saprei.

Farotti ben di me volere scemo:

son Guido Guinizzelli, e già mi purgo per ben dolermi prima ch'a lo stremo».

Quali ne la tristizia di Ligurgo

si fer due figli a riveder la madre, tal mi fec' io, ma non a tanto insurgo, quand' io odo nomar sé stesso il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime d'amore usar dolci e leggiadre; e sanza udire e dir pensoso andai lunga fïata rimirando lui,

né, per lo foco, in là più m'appressai.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Poi che di riguardar pasciuto fui, tutto m'offersi pronto al suo servigio con l'affermar che fa credere altrui.

Ed elli a me: «Tu lasci tal vestigio, per quel ch'i' odo, in me, e tanto chiaro, che Letè nol può tòrre né far bigio.

Ma se le tue parole or ver giuraro, dimmi che è cagion per che dimostri nel dire e nel guardar d'avermi caro».

E io a lui: «Li dolci detti vostri, che, quanto durerà l'uso moderno, faranno cari ancora i loro incostri».

«O frate», disse, «questi ch'io ti cerno col dito», e additò un spirto innanzi,

«fu miglior fabbro del parlar materno.

Versi d'amore e prose di romanzi

soverchiò tutti; e lascia dir li stolti che quel di Lemosì credon ch'avanzi.

A voce più ch'al ver drizzan li volti, e così ferman sua oppinïone

prima ch'arte o ragion per lor s'ascolti.

Così fer molti antichi di Guittone, di grido in grido pur lui dando pregio, fin che l'ha vinto il ver con più persone.

Or se tu hai sì ampio privilegio, che licito ti sia l'andare al chiostro nel quale è Cristo abate del collegio, falli per me un dir d'un paternostro, quanto bisogna a noi di questo mondo, dove poter peccar non è più nostro».

Poi, forse per dar luogo altrui secondo che presso avea, disparve per lo foco, come per l'acqua il pesce andando al fondo.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Io mi fei al mostrato innanzi un poco, e dissi ch'al suo nome il mio disire apparecchiava grazïoso loco.

El cominciò liberamente a dire:

«Tan m'abellis vostre cortes deman, qu'ieu no me puesc ni voill a vos cobrire.

Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan; consiros vei la passada folor,

e vei jausen lo joi qu'esper, denan.

Ara vos prec, per aquella valor

que vos guida al som de l'escalina, sovenha vos a temps de ma dolor!».

Poi s'ascose nel foco che li affina.

CANTO XXVII

[Canto XXVII, dove tratta d'una visione che apparve a Dante in sogno, o come pervennero a la sommità del monte ed entraro nel Paradiso Terrestre chiamato paradiso delitiarum.]

Sì come quando i primi raggi vibra là dove il suo fattor lo sangue sparse, cadendo Ibero sotto l'alta Libra, e l'onde in Gange da nona rïarse, sì stava il sole; onde 'l giorno sen giva, come l'angel di Dio lieto ci apparse.

Fuor de la fiamma stava in su la riva, e cantava 'Beati mundo corde!'

in voce assai più che la nostra viva.

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Are sens

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