Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
tu che forse vedra' il sole in breve, s'ello non vuol qui tosto seguitarmi, sì di vivanda, che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, ch'altrimenti acquistar non saria leve».
Poi che l'un piè per girsene sospese, Mäometto mi disse esta parola;
indi a partirsi in terra lo distese.
Un altro, che forata avea la gola e tronco 'l naso infin sotto le ciglia, e non avea mai ch'una orecchia sola, ristato a riguardar per maraviglia con li altri, innanzi a li altri aprì la canna, ch'era di fuor d'ogne parte vermiglia, e disse: «O tu cui colpa non condanna e cu' io vidi su in terra latina, se troppa simiglianza non m'inganna, rimembriti di Pier da Medicina,
se mai torni a veder lo dolce piano che da Vercelli a Marcabò dichina.
E fa saper a' due miglior da Fano, a messer Guido e anco ad Angiolello, che, se l'antiveder qui non è vano, gittati saran fuor di lor vasello e mazzerati presso a la Cattolica per tradimento d'un tiranno fello.
Tra l'isola di Cipri e di Maiolica non vide mai sì gran fallo Nettuno, non da pirate, non da gente argolica.
Quel traditor che vede pur con l'uno, e tien la terra che tale qui meco vorrebbe di vedere esser digiuno, 127
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
farà venirli a parlamento seco;
poi farà sì, ch'al vento di Focara non sarà lor mestier voto né preco».
E io a lui: «Dimostrami e dichiara, se vuo' ch'i' porti sù di te novella, chi è colui da la veduta amara».
Allor puose la mano a la mascella d'un suo compagno e la bocca li aperse, gridando: «Questi è desso, e non favella.
Questi, scacciato, il dubitar sommerse in Cesare, affermando che 'l fornito sempre con danno l'attender sofferse».
Oh quanto mi pareva sbigottito
con la lingua tagliata ne la strozza Curïo, ch'a dir fu così ardito!
E un ch'avea l'una e l'altra man mozza, levando i moncherin per l'aura fosca, sì che 'l sangue facea la faccia sozza, gridò: «Ricordera'ti anche del Mosca, che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta", che fu mal seme per la gente tosca».
E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»; per ch'elli, accumulando duol con duolo, sen gio come persona trista e matta.
Ma io rimasi a riguardar lo stuolo, e vidi cosa ch'io avrei paura,
sanza più prova, di contarla solo; se non che coscïenza m'assicura,
la buona compagnia che l'uom francheggia sotto l'asbergo del sentirsi pura.
Io vidi certo, e ancor par ch'io 'l veggia, un busto sanza capo andar sì come andavan li altri de la trista greggia; 128
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
e 'l capo tronco tenea per le chiome, pesol con mano a guisa di lanterna: e quel mirava noi e dicea: «Oh me!».
Di sé facea a sé stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
com' esser può, quei sa che sì governa.
Quando diritto al piè del ponte fue, levò 'l braccio alto con tutta la testa per appressarne le parole sue,
che fuoro: «Or vedi la pena molesta, tu che, spirando, vai veggendo i morti: vedi s'alcuna è grande come questa.
E perché tu di me novella porti,
sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli che diedi al re giovane i ma' conforti.
Io feci il padre e 'l figlio in sé ribelli; Achitofèl non fé più d'Absalone
e di Davìd coi malvagi punzelli.
Perch' io parti' così giunte persone, partito porto il mio cerebro, lasso!, dal suo principio ch'è in questo troncone.
Così s'osserva in me lo contrapasso».
CANTO XXIX
[Canto XXIX, ove tratta de la decima bolgia, dove si puniscono i falsi fabricatori di qualunque opera, e isgrida e riprende l'autore i Sanesi.]
129
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________