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Come 'l bue cicilian che mugghiò prima 120

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

col pianto di colui, e ciò fu dritto, che l'avea temperato con sua lima, mugghiava con la voce de l'afflitto, sì che, con tutto che fosse di rame, pur el pareva dal dolor trafitto; così, per non aver via né forame

dal principio nel foco, in suo linguaggio si convertïan le parole grame.

Ma poscia ch'ebber colto lor vïaggio su per la punta, dandole quel guizzo che dato avea la lingua in lor passaggio, udimmo dire: «O tu a cu' io drizzo la voce e che parlavi mo lombardo, dicendo "Istra ten va, più non t'adizzo", perch' io sia giunto forse alquanto tardo, non t'incresca restare a parlar meco; vedi che non incresce a me, e ardo!

Se tu pur mo in questo mondo cieco caduto se' di quella dolce terra

latina ond' io mia colpa tutta reco, dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; ch'io fui d'i monti là intra Orbino e 'l giogo di che Tever si diserra».

Io era in giuso ancora attento e chino, quando il mio duca mi tentò di costa, dicendo: «Parla tu; questi è latino».

E io, ch'avea già pronta la risposta, sanza indugio a parlare incominciai:

«O anima che se' là giù nascosta, Romagna tua non è, e non fu mai,

sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni; ma 'n palese nessuna or vi lasciai.

121

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Ravenna sta come stata è molt' anni: l'aguglia da Polenta la si cova,

sì che Cervia ricuopre co' suoi vanni.

La terra che fé già la lunga prova e di Franceschi sanguinoso mucchio, sotto le branche verdi si ritrova.

E 'l mastin vecchio e 'l nuovo da Verrucchio, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d'i denti succhio.

Le città di Lamone e di Santerno

conduce il lïoncel dal nido bianco, che muta parte da la state al verno.

E quella cu' il Savio bagna il fianco, così com' ella sie' tra 'l piano e 'l monte, tra tirannia si vive e stato franco.

Ora chi se', ti priego che ne conte; non esser duro più ch'altri sia stato, se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte».

Poscia che 'l foco alquanto ebbe rugghiato al modo suo, l'aguta punta mosse

di qua, di là, e poi diè cotal fiato:

«S'i' credesse che mia risposta fosse a persona che mai tornasse al mondo, questa fiamma staria sanza più scosse; ma però che già mai di questo fondo non tornò vivo alcun, s'i' odo il vero, sanza tema d'infamia ti rispondo.

Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero, credendomi, sì cinto, fare ammenda; e certo il creder mio venìa intero, se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!, che mi rimise ne le prime colpe;

e come e quare, voglio che m'intenda.

122

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe che la madre mi diè, l'opere mie

non furon leonine, ma di volpe.

Li accorgimenti e le coperte vie

io seppi tutte, e sì menai lor arte, ch'al fine de la terra il suono uscie.

Quando mi vidi giunto in quella parte di mia etade ove ciascun dovrebbe calar le vele e raccoglier le sarte, ciò che pria mi piacëa, allor m'increbbe, e pentuto e confesso mi rendei;

ahi miser lasso! e giovato sarebbe.

Lo principe d'i novi Farisei,

avendo guerra presso a Laterano,

e non con Saracin né con Giudei,

ché ciascun suo nimico era Cristiano, e nessun era stato a vincer Acri

né mercatante in terra di Soldano, né sommo officio né ordini sacri

guardò in sé, né in me quel capestro che solea fare i suoi cinti più macri.

Are sens

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