Li occhi da Dio diletti e venerati, fissi ne l'orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati; 471
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
indi a l'etterno lume s'addrizzaro, nel qual non si dee creder che s'invii per creatura l'occhio tanto chiaro.
E io ch'al fine di tutt' i disii
appropinquava, sì com' io dovea,
l'ardor del desiderio in me finii.
Bernardo m'accennava, e sorridea, perch' io guardassi suso; ma io era già per me stesso tal qual ei volea: ché la mia vista, venendo sincera, e più e più intrava per lo raggio de l'alta luce che da sé è vera.
Da quinci innanzi il mio veder fu maggio che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede, e cede la memoria a tanto oltraggio.
Qual è colüi che sognando vede,
che dopo 'l sogno la passione impressa rimane, e l'altro a la mente non riede, cotal son io, ché quasi tutta cessa mia visïone, e ancor mi distilla
nel core il dolce che nacque da essa.
Così la neve al sol si disigilla; così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.
O somma luce che tanto ti levi
da' concetti mortali, a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi, e fa la lingua mia tanto possente, ch'una favilla sol de la tua gloria possa lasciare a la futura gente; ché, per tornare alquanto a mia memoria e per sonare un poco in questi versi, 472
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più si conceperà di tua vittoria.
Io credo, per l'acume ch'io soffersi del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito, se li occhi miei da lui fossero aversi.
E' mi ricorda ch'io fui più ardito per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi l'aspetto mio col valore infinito.
Oh abbondante grazia ond' io presunsi ficcar lo viso per la luce etterna, tanto che la veduta vi consunsi!
Nel suo profondo vidi che s'interna, legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme, per tal modo che ciò ch'i' dico è un semplice lume.
La forma universal di questo nodo credo ch'i' vidi, perché più di largo, dicendo questo, mi sento ch'i' godo.
Un punto solo m'è maggior letargo che venticinque secoli a la 'mpresa che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.
Così la mente mia, tutta sospesa, mirava fissa, immobile e attenta, e sempre di mirar faceasi accesa.
A quella luce cotal si diventa,
che volgersi da lei per altro aspetto è impossibil che mai si consenta; però che 'l ben, ch'è del volere obietto, tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella è defettivo ciò ch'è lì perfetto.
Omai sarà più corta mia favella,
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pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante che bagni ancor la lingua a la mammella.
Non perché più ch'un semplice sembiante fosse nel vivo lume ch'io mirava, che tal è sempre qual s'era davante; ma per la vista che s'avvalorava
in me guardando, una sola parvenza, mutandom' io, a me si travagliava.
Ne la profonda e chiara sussistenza de l'alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d'una contenenza; e l'un da l'altro come iri da iri parea reflesso, e 'l terzo parea foco che quinci e quindi igualmente si spiri.
Oh quanto è corto il dire e come fioco al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi, è tanto, che non basta a dicer 'poco'.
O luce etterna che sola in te sidi, sola t'intendi, e da te intelletta e intendente te ami e arridi!
Quella circulazion che sì concetta pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da sé, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che 'l mio viso in lei tutto era messo.