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Ma quella contentezza durò poco, perché sentì nella stanza qualcuno che fece:

– Crì –crì –crì !

– Chi è che mi chiama? – disse Pinocchio tutto impaurito.

– Sono io!

Pinocchio si voltò e vide un grosso Grillo che saliva lentamente su su per il muro.

– Dimmi, Grillo: e tu chi sei?

– Io sono il Grillo-parlante, ed abito in questa stanza da più di cent’anni.

– Oggi però questa stanza è mia, – disse il burattino,

– e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro.

– Io non me ne anderò di qui, – rispose il Grillo, – se prima non ti avrò detto una gran verità.

– Dimmela e spicciati.

– Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e che abbandonano capricciosamente la casa paterna!

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.

– Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola e per amore o per forza mi toccherà studiare; e io, a dir-tela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.

– Povero grullerello! Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro e che tutti si piglieranno gioco di te?

– Chetati. Grillaccio del mal’augurio! – gridò Pinocchio. Ma il Grillo, che era paziente e filosofo, invece di aversi a male di questa impertinenza, continuò con lo stesso tono di voce:

– E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?

– Vuoi che te lo dica? – replicò Pinocchio, che cominciava a perdere la pazienza. – Fra tutti i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo, che veramente mi vada a genio.

– E questo mestiere sarebbe?...

– Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.

– Per tua regola, – disse il Grillo-parlante con la sua solita calma, – tutti quelli che fanno codesto mestiere finiscono sempre allo spedale o in prigione.

– Bada, Grillaccio del mal’augurio!... se mi monta la bizza, guai a te!

– Povero Pinocchio! Mi fai proprio compassione!...

– Perché ti faccio compassione?

– Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché hai la testa di legno.

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio A queste ultime parole, Pinocchio saltò su tutt’infuriato e preso sul banco un martello di legno lo scagliò contro il Grillo-parlante. Forse non credeva nemmeno di colpirlo: ma disgraziatamente lo colse per l’appunto nel capo, tanto che il povero Grillo ebbe appena il fiato di fare crì –crì –crì , e poi rimase lì stecchito e appicci-cato alla parete.

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioPinocchio ha fame, e cerca un uovo per farsi una frittata;ma sul più bello, la frittata gli vola via dalla finestra.

Intanto cominciò a farsi notte, e Pinocchio, ricordandosi che non aveva mangiato nulla, senti un’uggiolina allo stomaco, che somigliava moltissimo all’appetito.

Ma l’appetito nei ragazzi cammina presto; e di fatti dopo pochi minuti l’appetito diventò fame, e la fame, dal vedere al non vedere, si converti in una fame da lupi, una fame da tagliarsi col coltello.

Il povero Pinocchio corse subito al focolare, dove c’era una pentola che bolliva e fece l’atto di scoper-chiarla, per vedere che cosa ci fosse dentro, ma la pentola era dipinta sul muro. Figuratevi come restò. Il suo naso, che era già lungo, gli diventò più lungo almeno quattro dita.

Allora si dette a correre per la stanza e a frugare per tutte le cassette e per tutti i ripostigli in cerca di un po’

di pane, magari un po’ di pan secco, un crosterello, un osso avanzato al cane, un po’ di polenta muffita, una lisca di pesce, un nocciolo di ciliegia, insomma di qualche cosa da masticare: ma non trovò nulla, il gran nulla, proprio nulla.

E intanto la fame cresceva, e cresceva sempre: e il povero Pinocchio non aveva altro sollievo che quello di sbadigliare: e faceva degli sbadigli cosi lunghi, che qualche volta la bocca gli arrivava fino agli orecchi. E dopo avere sbadigliato, sputava, e sentiva che lo stomaco gli andava via.

Allora piangendo e disperandosi, diceva:

– Il Grillo-parlante aveva ragione. Ho fatto male a ri-voltarmi al mio babbo e a fuggire di casa... Se il mio babbo fosse qui, ora non mi troverei a morire di sbadigli! Oh! che brutta malattia che è la fame!

Quand’ecco gli parve di vedere nel monte della spaz-zatura qualche cosa di tondo e di bianco, che somiglia-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio va tutto a un uovo di gallina. Spiccare un salto e gettar-visi sopra, fu un punto solo. Era un uovo davvero.

La gioia del burattino è impossibile descriverla: bisogna sapersela figurare. Credendo quasi che fosse un sogno, si rigirava quest’uovo fra le mani, e lo toccava e lo baciava, e baciandolo diceva:

– E ora come dovrò cuocerlo? Ne farò una frittata?...

No, è meglio cuocerlo nel piatto!... O non sarebbe più saporito se lo friggessi in padella? O se invece lo cuo-cessi a uso uovo da bere? No, la più lesta di tutte è di cuocerlo nel piatto o nel tegamino: ho troppa voglia di mangiarmelo! Detto fatto, pose un tegamino sopra un caldano pieno di brace accesa: messe nel tegamino, invece d’olio o di burro, un po’ d’acqua: e quando l’acqua principiò a fumare, tac!;.. spezzò il guscio dell’uovo, e fece l’atto di scodellarvelo dentro.

Ma invece della chiara e del torlo, scappò fuori un pulcino tutto allegro e complimentoso, il quale, facendo una bella riverenza, disse:

– Mille grazie, signor Pinocchio, d’avermi risparmia-ta la fatica di rompere il guscio! Arrivedella, stia bene e tanti saluti a casa!

Ciò detto distese le ali e, infilata la finestra che era aperta, se ne volò via a perdita d’occhio.

Are sens