– Ma per andare a scuola ho bisogno d’un po’ di vestito.
Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli fece allora un vestituccio di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza di albero e un berrettino di midolla di pane.
Pinocchio corse subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e rimase così contento di sé, che disse pa-voneggiandosi:
– Paio proprio un signore!
– Davvero, – replicò Geppetto, – perché, tienlo a mente, non è il vestito bello che fa il signore. ma è piuttosto il vestito pulito.
– A proposito, – soggiunse il burattino, – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa: anzi mi manca il più e il meglio.
– Cioè?
– Mi manca l’Abbecedario.
– Hai ragione: ma come si fa per averlo?
– è facilissimo: si va da un libraio e si compra.
– E i quattrini?
– Io non ce l’ho.
Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio
– Nemmeno io, – soggiunse il buon vecchio, facendosi tristo.
E Pinocchio, sebbene fosse un ragazzo allegrissimo, si fece tristo anche lui: perché la miseria, quando è miseria davvero, la intendono tutti: anche i ragazzi.
– Pazienza! – gridò Geppetto tutt’a un tratto rizzandosi in piedi; e infilatasi la vecchia casacca di fustagno, tutta toppe e rimendi, uscì correndo di casa.
Dopo poco tornò: e quando tornò aveva in mano l’Abbecedario per il figliuolo, ma la casacca non l’aveva più. Il pover’uomo era in maniche di camicia, e fuori nevicava.
– E la casacca, babbo?
– L’ho venduta.
– Perché l’avete venduta?
– Perché mi faceva caldo.
Pinocchio capì questa risposta a volo, e non potendo frenare l’impeto del suo buon cuore, saltò al collo di Geppetto e cominciò a baciarlo per tutto il viso.
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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioPinocchio vende l’Abbecedario per andare a vedere ilteatrino dei burattini.
Smesso che fu di nevicare, Pinocchio col suo bravo Abbecedario nuovo sotto il braccio, prese la strada che menava alla scuola: e strada facendo, fantasticava nel suo cervellino mille ragionamenti e mille castelli in aria, uno più bello dell’altro.
E discorrendo da sé solo diceva:
– Oggi, alla scuola, voglio subito imparare a leggere: domani poi imparerò a scrivere e domani l’altro imparerò a fare i numeri. Poi, colla mia abilità, guadagnerò molti quattrini e coi primi quattrini che mi verranno in tasca, voglio subito fare al mio babbo una bella casacca di panno.
Ma che dico di panno? Gliela voglio fare tutta d’argento e d’oro, e coi bottoni di brillanti. E quel pover’uomo se la merita davvero: perché, insomma, per comprarmi i libri e per farmi istruire, è rimasto in maniche di camicia... a questi freddi! Non ci sono che i babbi che sieno capaci di certi sacrifizi!...
Mentre tutto commosso diceva così gli parve di sentire in lontananza una musica di pifferi e di colpi di grancassa: pì pì pì zum, zum, zum, zum.
Si fermò e stette in ascolto. Quei suoni venivano di fondo a una lunghissima strada traversa, che conduceva a un piccolo paesetto fabbricato sulla spiaggia del mare.
– Che cosa sia questa musica? Peccato che io debba andare a scuola, se no...
E rimase lì perplesso. A ogni modo, bisognava prendere una risoluzione: o a scuola, o a sentire i pifferi.
– Oggi anderò a sentire i pifferi, e domani a scuola: per andare a scuola c’è sempre tempo, – disse finalmente quel monello facendo una spallucciata.
Detto fatto, infilò giù per la strada traversa, e comin-Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio ciò a correre a gambe. Più correva e più sentiva distinto il suono dei pifferi e dei tonfi della grancassa: pì pì pì.. zum, zum, zum, zum.
Quand’ecco che si trovò in mezzo a una piazza tutta piena di gente, la quale si affollava intorno a un gran baraccone di legno e di tela dipinta di mille colori.
– Che cos’è quel baraccone? – domandò Pinocchio, voltandosi a un ragazzetto che era lì del paese.
– Leggi il cartello, che c’è scritto, e lo saprai.
– Lo leggerei volentieri, ma per l’appunto oggi non so leggere.
– Bravo bue! Allora te lo leggerò io. Sappi dunque che in quel cartello a lettere rosse come il fuoco c’è scritto: GRAN TEATRO DEI BURATTINI...
– è molto che è incominciata la commedia?
– Comincia ora.
– E quanto si spende per entrare?
– Quattro soldi.
Pinocchio, che aveva addosso la febbre della curiosità, perse ogni ritegno, e disse senza vergognarsi al ragazzetto, col quale parlava:
– Mi daresti quattro soldi fino a domani?