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– Te li darei volentieri, – gli rispose l’altro canzonan-dolo, – ma oggi per l’appunto non te li posso dare.

– Per quattro soldi, ti vendo la mia giacchetta, – gli disse allora il burattino.

– Che vuoi che mi faccia di una giacchetta di carta fiorita? Se ci piove su, non c’è più verso di cavartela da dosso.

– Vuoi comprare le mie scarpe?

– Sono buone per accendere il fuoco.

– Quanto mi dai del berretto?

– Bell’acquisto davvero! Un berretto di midolla di pane! C’è il caso che i topi me lo vengano a mangiare in capo!

Pinocchio era sulle spine. Stava lì lì per fare un’ulti-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio ma offerta: ma non aveva coraggio; esitava, tentennava, pativa. Alla fine disse:

– Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo?

– Io sono un ragazzo, e non compro nulla dai ragazzi,

– gli rispose il suo piccolo interlocutore, che aveva molto più giudizio di lui.

– Per quattro soldi l’Abbecedario lo prendo io, –

gridò un rivenditore di panni usati, che s’era trovato presente alla conversazione.

E il libro fu venduto lì sui due piedi. E pensare che quel pover’uomo di Geppetto era rimasto a casa, a tremare dal freddo in maniche di camicia, per comprare l’Abbecedario al figliuolo!

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di PinocchioI burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio e glifanno una grandissima festa; ma sul più bello, esce fuoriil burattinaio Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo difare una brutta fine.

Quando Pinocchio entrò nel teatrino delle marionet-te, accadde un fatto che destò mezza rivoluzione.

Bisogna sapere che il sipario era tirato su e la commedia era già incominciata.

Sulla scena si vedevano Arlecchino e Pulcinella, che bisticciavano fra di loro e, secondo il solito, minacciava-no da un momento all’altro di scambiarsi un carico di schiaffi e di bastonate.

La platea, tutta attenta, si mandava a male dalle grandi risate, nel sentire il battibecco di quei due burattini, che gestivano e si trattavano d’ogni vitupero con tanta verità, come se fossero proprio due animali ragionevoli e due persone di questo mondo.

Quando all’improvviso, che è che non è, Arlecchino smette di recitare, e voltandosi verso il pubblico e accennando colla mano qualcuno in fondo alla platea, comincia a urlare in tono drammatico:

– Numi del firmamento! sogno o son desto? Eppure quello laggiù è Pinocchio!...

– è Pinocchio davvero! – grida Pulcinella.

– è: proprio lui! – strilla la signora Rosaura, facendo capolino di fondo alla scena.

– è: Pinocchio! è Pinocchio! – urlano in coro tutti i burattini, uscendo a salti fuori delle quinte.

è Pinocchio! è il nostro fratello Pinocchio! Evviva Pinocchio.

– Pinocchio, vieni quassù da me, – grida Arlecchino,

– vieni a gettarti fra le braccia dei tuoi fratelli di legno!

A questo affettuoso invito Pinocchio spicca un salto, e di fondo alla platea va nei posti distinti; poi con un Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio altro salto, dai posti distinti monta sulla testa del direttore d’orchestra, e di lì schizza sul palcoscenico.

è: impossibile figurarsi gli abbracciamenti, gli strizzo-ni di collo, i pizzicotti dell’amicizia e le zuccate della vera e sincera fratellanza, che Pinocchio ricevè in mezzo a tanto arruffio dagli attori e dalle attrici di quella compagnia drammatico-vegetale.

Questo spettacolo era commovente, non c’è che dire: ma il pubblico della platea, vedendo che la commedia non andava più avanti, s’impazientì e prese a gridare:

– Vogliamo la commedia, vogliamo la commedia!

Tutto fiato buttato via, perché i burattini, invece di continuare la recita, raddoppiarono il chiasso e le grida, e, postosi Pinocchio sulle spalle, se lo portarono in trionfo davanti ai lumi della ribalta.

Allora uscì fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d’inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra: basta dire che, quando camminava, se la pestava coi piedi. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, col lume acceso di dietro, e con le mani faceva schioccare una grossa frusta, fatta di serpenti e di code di volpe attorciglia-te insieme.

All’apparizione inaspettata del burattinaio, ammuto-lirono tutti: nessuno fiatò più. Si sarebbe sentito volare una mosca. Quei poveri burattini, maschi e femmine, tremavano tutti come tante foglie.

– Perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro? – domandò il burattinaio a Pinocchio, con un vocione d’Orco gravemente infreddato di testa.

– La creda, illustrissimo, che la colpa non è stata mia!...

– Basta cosi! Stasera faremo i nostri conti.

Difatti, finita la recita della commedia, il burattinaio Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio andò in cucina, dov’egli s’era preparato per cena un bel montone, che girava lentamente infilato nello spiedo. E

perché gli mancavano la legna per finirlo di cuocere e di rosolare, chiamò Arlecchino e Pulcinella e disse loro:

– Portatemi di qua quel burattino che troverete attaccato al chiodo. Mi pare un burattino fatto di un legname molto asciutto, e sono sicuro che, a buttarlo sul fuoco, mi darà una bellissima fiammata all’arrosto.

Arlecchino e Pulcinella da principio esitarono; ma impauriti da un’occhiataccia del loro padrone, obbedi-rono: e dopo poco tornarono in cucina, portando sulle braccia il povero Pinocchio, il quale, divincolandosi come un’anguilla fuori dell’acqua, strillava disperatamente:

– Babbo mio, salvatemi! Non voglio morire, non voglio morire!...

Are sens