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Ma Geppetto, per punirlo della monelleria fatta lo lasciò piangere e disperarsi per una mezza giornata: poi gli disse:

– E perché dovrei rifarti i piedi? Forse per vederti scappar di nuovo da casa tua?

– Vi prometto, – disse il burattino singhiozzando, –

che da oggi in poi sarò buono...

– Tutti i ragazzi, – replicò Geppetto, – quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.

– Vi prometto che anderò a scuola, studierò e mi farò onore...

– Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la medesima storia.

– Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti e dico sempre la verità. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.

Geppetto che, sebbene facesse il viso di tiranno, aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione di vedere il suo povero Pinocchio in quello stato compassionevole, non rispose altre parole: ma, presi in mano gli arnesi del mestiere e due pezzetti di legno stagionato, si pose a lavorare di grandissimo im-pegno.

E in meno d’un’ora, i piedi erano bell’e fatti; due pie-dini svelti, asciutti e nervosi, come se fossero modellati da un artista di genio.

Allora Geppetto disse al burattino:

– Chiudi gli occhi e dormi!

E Pinocchio chiuse gli occhi e fece finta di dormire.

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio E nel tempo che si fingeva addormentato, Geppetto con un po’ di colla sciolta in un guscio d’uovo gli appiccicò i due piedi al loro posto, e glieli appiccicò così bene, che non si vedeva nemmeno il segno dell’attacca-tura.

Appena il burattino si accorse di avere i piedi, saltò giù dalla tavola dove stava disteso, e principiò a fare mille sgambetti e mille capriole, come se fosse ammatti-to dalla gran contentezza.

– Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me, –

disse Pinocchio al suo babbo, – voglio subito andare a scuola.

– Bravo ragazzo!

– Ma per andare a scuola ho bisogno d’un po’ di vestito.

Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli fece allora un vestituccio di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza di albero e un berrettino di midolla di pane.

Pinocchio corse subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e rimase così contento di sé, che disse pa-voneggiandosi:

– Paio proprio un signore!

– Davvero, – replicò Geppetto, – perché, tienlo a mente, non è il vestito bello che fa il signore. ma è piuttosto il vestito pulito.

– A proposito, – soggiunse il burattino, – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa: anzi mi manca il più e il meglio.

– Cioè?

– Mi manca l’Abbecedario.

– Hai ragione: ma come si fa per averlo?

– è facilissimo: si va da un libraio e si compra.

– E i quattrini?

– Io non ce l’ho.

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio

– Nemmeno io, – soggiunse il buon vecchio, facendosi tristo.

E Pinocchio, sebbene fosse un ragazzo allegrissimo, si fece tristo anche lui: perché la miseria, quando è miseria davvero, la intendono tutti: anche i ragazzi.

– Pazienza! – gridò Geppetto tutt’a un tratto rizzandosi in piedi; e infilatasi la vecchia casacca di fustagno, tutta toppe e rimendi, uscì correndo di casa.

Dopo poco tornò: e quando tornò aveva in mano l’Abbecedario per il figliuolo, ma la casacca non l’aveva più. Il pover’uomo era in maniche di camicia, e fuori nevicava.

– E la casacca, babbo?

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