– Uomo benedetto dal cielo, – si fermò a chiedermi, –
sai dirmi il nome della città in cui ci troviamo?
– Che gli dei t’accompagnino! – esclamai. – Come puoi non riconoscere la molto illustre città di Cecilia?
– Compatiscimi, – rispose quello, – sono un pastore in transumanza. Tocca alle volte a me e alle capre di traversare città; ma non sappiamo distinguerle. Chiedimi il nome dei pascoli: li conosco tutti, il Prato tra le Rocce, il Pendio Verde, l’Erba in Ombra. Le città per me non hanno nome: sono luoghi senza foglie che separano un pascolo dall’altro, e dove le capre si spaventano ai crocevia e si sbandano. Io e il cane corriamo per tenere compatto l’armento.
– Al contrario di te, – affermai, – io riconosco solo le città e non distinguo ciò che è fuori. Nei luoghi disabitati ogni pietra e ogni erba si confonde ai miei occhi con ogni pietra ed erba.
Molti anni sono passati da allora; io ho conosciuto molte città ancora e ho percorso continenti. Un giorno camminavo tra angoli di case tutte uguali: mi ero perso.
Chiesi a un passante:– Che gli immortali ti proteggano, sai dirmi dove ci troviamo?
– A Cecilia, cosí non fosse! – mi rispose. – Da tanto camminiamo per le sue vie, io e le capre, e non s’arriva a uscirne...
Lo riconobbi, nonostante la lunga barba bianca: era il Letteratura italiana Einaudi
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Italo Calvino - Le città invisibili pastore di quella volta. Lo seguivano poche capre spela-te, che neppure piú puzzavano, tanto erano ridotte pelle e ossa. Brucavano cartaccia nei bidoni dei rifiuti.
– Non può essere! – gridai. – Anch’io, non so da quando, sono entrato in una città e da allora ho continuato ad addentrarmi per le sue vie. Ma come ho fatto ad arrivare dove tu dici, se mi trovavo in un’altra città, lontanissima da Cecilia, e non ne sono ancora uscito?
– I luoghi si sono mescolati, – disse il capraio, – Cecilia è dappertutto; qui una volta doveva esserci il Prato della Salvia Bassa. Le mie capre riconoscono le erbe dello spartitraffico.
Le città nascoste. 3.
Una Sibilla, interrogata sul destino di Marozia, disse:
– Vedo due città: una del topo, una della rondine.
L’oracolo fu interpretato cosí: oggi Marozia è una città dove tutti corrono in cunicoli di piombo come branchi di topi che si strappano di sotto i denti gli avanzi caduti dai denti dei topi piú minacciosi; ma sta per cominciare un nuovo secolo in cui tutti a Marozia voleran-no come le rondini nel cielo d’estate, chiamandosi come in un gioco, esibendosi in volteggi ad ali ferme, sgom-brando l’aria da zanzare e moscerini.
– È tempo che il secolo del topo abbia termine e cominci quello della rondine, – dissero i piú risoluti. E di fatto già sotto il torvo e gretto predominio topesco si sentiva, tra la gente meno in vista, covare uno slancio da rondini, che puntano verso l’aria trasparente con un agi-le colpo di coda e disegnano con la lama delle ali la curva d’un orizzonte che s’allarga.
Sono tornato a Marozia dopo anni; la profezia della Sibilla si considera avverata da tempo; il vecchio secolo è sepolto; il nuovo è al culmine. La città certo è cambia-Letteratura italiana Einaudi
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Italo Calvino - Le città invisibili ta, e forse in meglio. Ma le ali che ho visto in giro sono quelle d’ombrelli diffidenti sotto i quali palpebre pesan-ti s’abbassano sugli sguardi; gente che crede di volare ce n’è, ma è tanto se si sollevano dal suolo sventolando pa-landrane da pipistrello.
Succede pure che, rasentando i compatti muri di Marozia, quando meno t’aspetti vedi aprirsi uno spiraglio e apparire una città diversa, che dopo un istante è già sparita. Forse tutto sta a sapere quali parole pronunciare, quali gesti compiere, e in quale ordine e ritmo, oppure basta lo sguardo la risposta il cenno di qualcuno, basta che qualcuno faccia qualcosa per il solo piacere di farla, e perché il suo piacere diventi piacere altrui: in quel momento tutti gli spazi cambiano, le altezze, le distanze, la città si trasfigura, diventa cristallina, trasparente come una libellula. Ma bisogna che tutto capiti come per caso, senza dargli troppa importanza, senza la pretesa di star compiendo una operazione decisiva, tenendo ben presente che da un momento all’altro la Marozia di prima tornerà a saldare il suo soffitto di pietra ragnatele e muffa sulle teste.
L’oracolo sbagliava? Non è detto. Io lo interpreto in questo modo: Marozia consiste di due città: quella del topo e quella della rondine; entrambe cambiano nel tempo; ma non cambia il loro rapporto: la seconda è quella che sta per sprigionarsi dalla prima.
Le città continue. 5.
Per parlarti di Pentesilea dovrei cominciare a descriverti l’ingresso nella città. Tu certo immagini di vedere levarsi dalla pianura polverosa una cinta di mura, d’avvi-cinarti passo passo alla porta, sorvegliata dai gabellieri che già guatano storto ai tuoi fagotti. Fino a che non l’hai raggiunta ne sei fuori; passi sotto un archivolto e ti Letteratura italiana Einaudi
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Italo Calvino - Le città invisibili ritrovi dentro la città; il suo spessore compatto ti circonda; intagliato nella sua pietra c’è un disegno che ti si ri-velerà se ne segui il tracciato tutto spigoli.
Se credi questo, sbagli: a Pentesilea è diverso. Sono ore che avanzi e non ti è chiaro se sei già in mezzo alla città o ancora fuori. Come un lago dalle rive basse che si perde in acquitrini, cosí Pentesilea si spande per miglia intorno in una zuppa di città diluita nella pianura: casamenti pallidi che si dànno le spalle in prati ispidi, tra steccati di tavole e tettoie di lamiera. Ogni tanto ai margini della strada un in-fittirsi di costruzioni dalle magre facciate, alte alte o basse basse come in un pettine sdentato, sembra indicare che di là in poi le maglie della città si restringono. Invece tu prosegui e ritrovi altri terreni vaghi, poi un sobborgo arruginito d’officine e depositi, un cimitero, una fiera con le giostre, un mattatoio, ti inoltri per una via di botteghe macilente che si perde tra chiazze di campagna spelacchiata.
La gente che s’incontra, se gli chiedi: – Per Pentesilea? – fanno un gesto intorno che non sai se voglia dire:
“Qui”, oppure: “Piú in là”, o: “Tutt’in giro”, o ancora:
“Dalla parte opposta”.
– La città, – insisti a chiedere.
– Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine, – ti rispondono alcuni, e altri: – Noi torniamo qui a dormire.
– Ma la città dove si vive? – chiedi.
– Dev’essere, – dicono, – per lí, – e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concrezione di poliedri opachi, all’orizzonte, mentre altri indicano alle tue spalle lo spettro d’altre cuspidi.
– Allora l’ho oltrepassata senza accorgermene?
– No, prova a andare ancora avanti.
Cosí prosegui, passando da una periferia all’altra, e viene l’ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla città; ripercorri la sfilza dei sobborghi sparpagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s’il-luminano le finestre ora piú rade ora piú dense.
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