non pagan mai nulla; non è ella cinque piedi e cinque pollici d’altezza?
- Sì, signori, diss’egli, con una bella riverenza, questa è la mia statura.
- Ah signore, si metta a tavola: non solo noi la farem franco di spesa, ma non soffrirem mai che un par suo manchi di danaro. Gli uomini son fatti per soccorrersi
scambievolmente l’un l’altro.
- Me l’ha sempre detto il signor Pangloss, riprese Candido; han ragione, ed io vedo chiaramente che tutto è per lo meglio.
Lo pregano di accettare qualche danaro, ei lo prende, e vuol farne l’obbligo; non
se ne vuol saper nulla, e si mettono a tavola.
- Non amate voi teneramente?…
- Tenerissimamente io amo, diss’egli, la signora Cunegonda.
- Eh no, replicò un di loro, si chiede se voi amate teneramente il re de’ Bulgari.
- Niente affatto, diss’egli, perchè non l’ho mal veduto.
- Come? questo e il più amabile di tutti i re, e s’ha da bere alla sua salute.
- Oh volentierissimo, signori miei; e beve.
- Tanto basta, gli dicono, eccovi l’appoggio, il sostegno, il difensore, e l’eroe dei Bulgari; ecco fatta la vostra fortuna, ecco stabilita la vostra gloria.
Immediatamente gli si mettono i ferri ai piedi, e lo si conduce al reggimento.
Si fa voltare a dritta e a sinistra, levar la bacchetta, rimetter la bacchetta, impostarsi tirare, raddoppiar le file, e gli si regalano trenta bastonate; il giorno dopo fa un po’ meno male l’esercizio, e non ne riceve che venti: l’altro giorno non
ne ha che dieci, ed è da’ suoi camerati riguardato come un prodigio.
Candido stupefatto non sapeva raccapezzare ancor bene, come egli fosse un
eroe: s’avvisò in una bella giornata di primavera d’andarsene a passeggiare, marciando di fronte, piè innanzi piè, credendo essere un privilegio della specie umana, come della specie animale, il servirsi delle sue gambe a sua voglia. Non
aveva fatto due leghe, che eccoti quattro eroi di sei piedi lo raggiungono, lo legano, e lo conducono in una prigione. Gli si domanda giuridicamente se avea più gusto di passare trentasei volte per le bacchette da tutto il reggimento, o di ricever tutt’a un tratto dodici palle di piombo nel cervello. Aveva un bel dire che le volontà son libere, ch’ei non voleva né l’uno né l’altro; bisognò risolversi a scegliere. In virtù di quel dono di Dio che chiamasi libertà, egli si determinò a passare trentasei volte per le bacchette, e se ne prese due spasseggiate. Il reggimento era composto di duemila uomini e questo gli compose sul fil delle rene
quattromila frustate, che dalla nuca del collo per infino al bel di Roma gli scopersero ti muscoli e i nervi. S’era per procedere alla terza carriera, quando Candido non ne potendo più, domandò in grazia che volessero aver la bontà di moschettarlo. Egli ottenne questo favore; gli si bendano gli occhi, lo si fa mettere
ginocchioni; il re de’ Bulgari passa in quel momento, s’informa del delitto del paziente; e come questo re aveva grand’ingegno, comprese subito da ciò che intese da Candido, esser egli un giovine metafisico, molto ignorante delle cose di
questo mondo, e accordogli la grazia con un tratto di clemenza che sarà celebrato
da tutti i giornali, e da tutti i secoli. Un bravo chirurgo guarì Candido cogli
emollienti insegnati da Dioscoride in tre settimane. Aveva egli rimessa un po’ di pelle, e poteva marciare, quando il re de’ Bulgari diè battaglia al re degli Abari.
CAPITOLO III (torna all’indice)
Come Candido scappò da’ Bulgari e quel che gli avvenne.
Non si può dar cosa più bella, più addestrata, più all’ordine, dei due eserciti. Le trombe, i pifferi, gli oboe, i tamburi, i cannoni formavano un’armonia, che non se
ne sente una simile a casa al diavolo. Le cannonate buttaron giù al primo saluto
vicino a seimila uomini da ambe le parti, quindi la moschetteria portò via dall’ottimo dei mondi nove o diecimila birbanti che ne infettavano la superficie. La
bajonetta fu anch’essa la ragion sufficiente della morte di qualche migliajo; in tutto poteva montare a una trentina di mila uomini. Candido che tremava come un filosofo, si appiattò meglio che potè durante quest’eroico macello.
Finalmente, mentre ognuno nel suo campo facevano i due re cantare il Te Deum,
prese il partito d’andarsene a raziocinare altrove degli effetti e delle cause. Passò di sopra a mucchi di morti e di moribondi, e arrivò a un villaggio vicino. Era questo un villaggio degli Abari che i Bulgari, secondo le leggi del gius pubblico, avevan ridotto in cenere. Da una parte vecchi crivellati da’ colpi stavano a veder morir scannate le mogli che tenevano i lor bambini alle sanguinanti mammelle; dall’altra
fanciulle sventrate dopo aver satollato le brame d’alcuni eroi, rendeano l’ultimo fiato; altre mezzo bruciate chiedevano colle strida che si finisse di ucciderle; ed era coperto il terreno di sparse cervella accanto a braccia e gambe tagliate.
Candido se ne fuggì a tutta furia in un altro villaggio. Apparteneva questo a’
Bulgari, ed aveva ricevuto dagli Abari eroi un simile trattamento. Candido, camminando sempre su delle membra ancor palpitanti, e tramezzo alle ruine,
arrivò finalmente fuor del teatro della guerra, con qualche piccola provvisione nella bisaccia, e colla memoria ancor fresca della sua Cunegonda. Gli mancaron
le provvigioni arrivato che fu in Olanda, ma, avendo sentito dire che quivi tutti eran ricchi, e che era paese di cristiani, non dubitò punto di esser trattato come nel castello del signor barone, prima d’esserne scacciato per i begli occhi di Cunegonda.
Dimandò egli la limosina a molte gravi persone, ma gli fu da tutte risposto che se
seguitava a far quel mestiere l’avrebbero ficcato in una casa di correzione, perchè
imparasse a vivere.
S’accostò quindi ad un uomo che aveva appunto finito di parlar egli solo per un’ora di seguito in una grande assemblea sulla carità. Questo oratore
guardandolo a traverso:
- Che venite voi a far qui? gli disse. Vi siete voi per la buona causa?
- Non si dà effetto senza causa, rispose Candido con tutta modestia; in tutto v’è una concatenazione necessaria, e un’ottima disposizione. È bisognato ch’io sia cacciato via d’appresso a Cunegonda, ch’io sia passato per le bacchette e
bisogna ch’io accatti per mangiare finch’io possa guadagnarmelo. Tutto questo non poteva essere altrimenti.
- Amico, gli disse l’oratore, credete voi che il Papa sia l’Anticristo?
- Io non l’avevo ancora sentito dire, rispose Candido ma o lo sia o non lo sia, io
non ho pan da mangiare.
- Tu non meriti d’averne, riprese l’altro, monello, birbante, vattene via e non mi venir mai più d’intorno.