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– Sì – rispose il signor Micawber, sempre immobile.

– Allora, perché non vi muovete? – disse Uriah.

– Perché... così mi pare! – rispose il signor Micawber, con uno scoppio.

Le guance di Uriah persero il colore, e un mortale pallore, debolmente sfumato dal rossiccio che le dominava, vi si sparse. Guardò fisso il signor Micawber, col volto che anelava e vibrava in ogni lineamento.

– Voi siete bislacco, come tutti sanno – egli disse, sforzandosi di sorridere – e temo che sarò obbligato a sbarazzarmi di voi. Andate ora. Parleremo presto insieme.

– Se vi è un furfante a questo mondo, col quale ho parlato già troppo – disse il signor Micawber, esplodendo con la massima veemenza – il nome di quel furfante è il vostro, Uriah Heep.

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Uriah si gettò all’indietro, come se fosse stato percosso o morso. Guardando lentamente in giro con la più trista e malvagia espressione che il suo viso potesse assumere, disse a voce bassa:

– Oh! Questo è un agguato! E voi vi siete dati convegno qui. Voi, Copperfield, mi avete tramato un tiro col mio impiegato? Ma badate, non vi riuscirete. Noi ci comprendiamo, voi e me. Non v’è alcuna simpatia fra noi.

Siete stato sempre un botolo presuntuoso fin dal vostro primo ingresso in questa casa, e non digerite la mia ascensione, non è vero? È inutile che mi tendiate dei trabocchetti: vi saprò render la pariglia. Micawber, andate via. Parleremo presto insieme.

– Signor Micawber – dissi – vi è un improvviso mutamento in questo signore. Egli dice per una volta tanto la verità, su un solo particolare, è vero; ma in lui questo è così straordinario che son sicuro che si sente cacciato al-l’ultima estremità. Trattatelo come si merita!

– Atto veramente delicato il vostro, non è vero? – disse Uriah, con lo stesso tono, e con la fronte in sudore, mentre tentava d’asciugarsela con la lunga mano scarna. –

Comprare il mio impiegato, che appartiene alla feccia della società, come le appartenevate anche voi. Copperfield, voi lo sapete, prima che qualcuno avesse della carità per voi... per diffamarmi con le sue menzogne. Signora Trotwood, fareste bene a finirla; o la finirò io con vostro marito più presto di quanto potreste desiderare.

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Io professionalmente non voglio sapere la vostra storia, cara signora. Signorina Wickfield, se amate vostro padre, farete bene a non unirvi con questa masnada. Se no, lo rovinerò. Ora, su! Ho già qualcuno di voi sotto la morsa. Pensateci due volte prima che stringa. Pensateci due volte, Micawber, se non volete essere schiacciato.

Vi ho già raccomandato d’andarvene, vi ho già detto che presto parleremo insieme. Sciocco, siete ancora in tempo per ritirarvi! Dov’è la mamma? – egli disse, sgomento, accorgendosi a un tratto, dell’assenza di Traddles, e tirando il cordone del campanello. – Bel contegno in casa d’altri!

– La signora Heep è qui, signore – disse Traddles, tornando con la degna madre di quel degno figlio. – Mi son preso la libertà di presentarmi da me stesso.

– Chi siete per presentarvi da voi? – rispose Uriah. – E

che volete qui?

– Io sono l’agente e l’amico del signor Wickfield, signore – disse Traddles, in un dignitoso atteggiamento d’uo-mo affari. – Ho una sua procura in tasca che mi autorizza ad agire per conto suo in ogni faccenda.

– Quell’ ubbriaco somaro è perfettamente rimbambito! –

esclamò Uriah, diventando più brutto di prima. – Glie l’avete carpita con la frode.

– Qualcosa gli è stato carpito con la frode, lo so – rispose Traddles, calmo – e di vostra mano, signor Heep. Ce 1331

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ne appelliamo, per questa faccenda, al signor Micawber.

– Uriah!... – cominciò la signora Heep con un gesto pieno d’ansia.

– Tu sta’ zitta, mamma – egli rispose: – meno si parla, e meglio sarà.

– Ma, Uriah!...

– Sta’ zitta, mamma, e lasciami fare.

Benché da lungo tempo sapessi che la sua servilità era falsa, e tutte le sue arie di modestia non altro che scaltrezza simulata, non mi feci un’idea adeguata della sua ipocrisia che allorché potei vederlo senza maschera. La rapidità con cui se la tolse, quando capì che non gli serviva più; la malizia, l’insolenza e l’odio ch’egli rivelò; la soddisfazione, persino in quel momento, per tutto il male da lui commesso – nell’atto di cercare disperatamente il mezzo di salvarsi – sebbene in rispondenza perfetta con quanto conoscevo di lui, sorpresero in principio anche me che da tanto tempo non avevo alcun dubbio sul suo carattere e lo disprezzavo cordialissimamen-te.

Non dico nulla dello sguardo che egli mi saettò, mentre ci esaminava l’uno dopo l’altro; perché non ignoravo che m’odiava, e ricordavo l’impronta che la mia mano gli aveva lasciata sulla guancia. Ma quando i suoi occhi si posarono su Agnese, e vidi la rabbia con cui egli sentiva sfuggirsi ogni potere su di lei, e la delusione della 1332

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ignobile passione che lo aveva fatto aspirare a una donna le cui virtù non poteva stimare, mi sentii offeso dal solo pensiero ch’ella potesse vivere, non fosse che per un’ora, in compagnia di un simile uomo.

Dopo essersi stropicciato il mento, e dopo averci scoc-cato delle maligne occhiate, di sulle dita spettrali, si volse a me in tono un po’ querulo e un po’ insolente:

– Giudicate che sia onesto, voi, Copperfield, che v’inor-goglite tanto del vostro onore e di tante altre frottole, di venire a far la spia in casa mia con la complicità del mio impiegato? Se fossi stato io, transeat. Io non ho la pretesa di spacciarmi per un gentiluomo (benché non andassi errando per le strade, come facevate voi una volta, a quanto m’ha detto Micawber) ma voi!... E non avete paura di farlo? Non pensate che potrò rivalermi in vostro danno? Facendovi processare per associazione a de-linquere, eccetera, eccetera. Benissimo! Vedremo! Signor come vi chiamate, voi che volevate far qualche domanda a Micawber, vedete, eccolo là. Perché non lo fate parlare? La lezione la sa a memoria, immagino.

Avvedendosi che ciò che diceva non aveva alcun effetto su di me e su nessuno, si sedette sull’orlo del tavolino con le mani in tasca, con un piede attorto intorno a una gamba, ad attender risoluto gli eventi.

Il signor Micawber, il cui impero io avevo frenato fino allora con la massima difficoltà, e che s’era ripetuta-1333

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