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Mia madre rispose che aveva avuto quel piacere, pur con la triste consapevolezza di far trasparire che non era stato un gran piacere.

– Sono lei in persona – disse la signora Betsey. Mia madre chinò la testa, e la pregò di accomodarsi.

Entrarono nel salotto, donde mia madre era uscita, giacché nella sala grande all’altra estremità del corridoio non ardeva il fuoco, e dal giorno dei funerali di mio padre non v’era stato più acceso; e quando furono tutte e due sedute, e la signora Betsey non diceva sillaba, mia madre, dopo aver tentato inutilmente di frenarsi, cominciò a piangere.

– Sss, sss, sss! – disse la signora Betsey in fretta. – Ma che c’entra ora? Su, su!

Pure mia madre non poté reggersi, e continuò a piangere finché non si fu sfogata.

– Togliti il cappello, bambina, che non sei altro – disse la signora Betsey; – e lascia che ti guardi.

Mia madre aveva tanto timore di lei che non avrebbe potuto rifiutarsi di compiacerla, anche se avesse voluto.

Perciò fece ciò che le era stato detto, e con mani così 13

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tremanti che la capigliatura (che era abbondantissima e bella) le si sparse intorno intorno al volto.

– Ah, che Iddio ti benedica! – esclamò la signora Betsey. – Tu sei veramente una bambina.

Mia madre era, certo, all’aspetto, molto giovane anche per gli anni che aveva: curvò la testa, come se fosse colpa sua, poveretta, e disse, singhiozzando, che davvero temeva di non essere che una vedova dal cervello di bambina, e che sarebbe stata una mamma dal cervello di bambina, se fosse sopravvissuta. Nella breve pausa che seguì, le parve di sentire che la signora Betsey le palpas-se i capelli con mano carezzevole; ma come la guardò in viso con timida speranza, vide la signora seduta, con l’orlo della veste rimboccato, le mani piegate su un ginocchio, e i piedi sull’alare, fissare accigliata il fuoco.

– In nome del cielo – disse improvvisamente la signora Betsey – perché «Piano delle Cornacchie»?

– Intendete la casa, signora? – chiese mia madre.

– Perché «Piano delle Cornacchie»? – ripeté la signora Betsey. – «Allodole allo Spiedo» sarebbe stato più adatto, se aveste avuto qualche idea pratica della vita, tu e lui.

– Il nome lo scelse mio marito – rispose mia madre. –

Quando comprò la casa, gli piacque d’immaginare che qui vi fossero delle cornacchie.

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Il vento della sera strepitava tanto in quel momento fra i vecchi olmi in fondo al giardino, che mia madre e la signora Betsey guardarono entrambe verso quel punto.

Gli olmi si piegavano l’uno verso l’altro, come giganti che si bisbigliassero dei segreti, e, dopo pochi secondi di riposo, si agitavano con tanta violenza, con una convulsione così frenetica di braccia, come per malvage confidenze che li sconvolgessero, che i vetusti rimasugli di nidi di cornacchie sospesi ai loro rami più alti oscilla-vano e turbinavano come frammenti di un naufragio in un mare tempestoso.

– Dove sono gli uccelli? – chiese la signora Betsey.

– Che cosa? ... – Mia madre s’era distratta un poco.

– Le cornacchie... dove sono? – chiese la signora Betsey.

– Non ve ne sono mai state, da quando siamo venuti qui

– disse mia madre. – Credevamo... mio marito credeva...

che ce ne fossero molte; ma i nidi erano vecchi, e gli uccelli li avevano abbandonati da molto tempo.

– Tutto Davide Copperfield! – esclamò la signora Betsey. – Davide Copperfield dalla punta delle scarpe alla cima dei capelli! Chiama la casa Piano delle Cornacchie, quando non c’è una cornacchia a pagarla un occhio, e acchiappa gli uccelli sulla parola, perché vede i nidi.

– Davide Copperfield è morto – rispose mia madre – e 15

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se osate di parlarmi male di lui...

La mia povera madre ebbe qualche istante l’intenzione, credo, di piombare addosso a mia zia, la quale avrebbe potuto metterla a posto con una mano sola, anche se mia madre fosse stata in migliori condizioni di quella sera per un simile scontro. Ma quell’intenzione svanì con l’atto di levarsi dalla sedia, e mia madre risedette accasciata, e svenne.

Quand’essa rinvenne, o quando, come non è improbabile, fu fatta rinvenire dalle cure della signora Betsey, scòrse costei in piedi accanto alla finestra. Lì chiarore del crepuscolo intanto si velava, ed esse non si sarebbero potute vedere che molto confusamente senza la luce del focolare.

– Bene – disse la signora Betsey, tornando al suo posto, come se avesse contemplato per un momento il paesaggio; – e per quando aspetti...

– Ho paura – balbettò mia madre. – Non so che cosa sia... ma morrò, certamente.

– No, no, no – disse la signora Betsey. – Piglia un po’ di tè.

– Dio mio, Dio mio, credete che mi farà bene? – esclamò mia madre in tono disperato.

– Ma sì, che ti farà bene – disse la signora Betsey. –

Semplice immaginazione. Come la chiami la ragazza?

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– E chi sa se sarà una ragazza? – disse ingenuamente mia madre.

– Benedetta chi ha da nascere! – esclamò la signora Betsey, citando inconsapevolmente la frase scritta con gli spilli sul cuscinetto in un cassetto del canterano al di sopra. – Non parlavo della bambina, ma della fantesca.

– Peggotty – disse mia madre.

– Peggotty! – ripeté la signora Betsey, indignata. – È

mai possibile che una creatura umana sia entrata in una chiesa cristiana per farsi dare il nome di Peggotty?

Are sens