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Quell’onesta creatura era, ricordo bene, molto angosciata, e in quell’occasione dové rimanere assolutamente senza bottoni; poiché s’intese una piccola fucileria di quegli esplosivi, quando, dopo aver fatta la pace con mia madre, s’inginocchiò accanto alla poltrona per far la pace con me.

Andammo a letto molto abbattuti. I miei singhiozzi mi tennero sveglio a lungo, e quando uno più forte mi spinse a sollevarmi sul letto, vidi mia madre seduta sulla coltre e chinata su di me. Caddi a dormire fra le sue braccia, dopo, e m’addormentai profondamente.

Se fosse la domenica seguente che io rividi il signore, o se trascorresse un periodo più lungo prima della sua ricomparsa, non posso ricordare. Non pretendo di essere preciso in fatto di date. Ma c’era lui in chiesa, e s’accompagnò con noi verso casa, dopo. Entrò in casa, inoltre, per vedere un famoso geranio che fioriva sulla finestra del salotto. A me non parve che lo esaminasse con molta attenzione, ma prima d’andarsene chiese a mia madre di dargli un po’ di quei fiori. Essa lo pregò di sceglierseli da sé, ma egli rifiutò – non so perché – e glieli colse lei e glieli mise lei in mano. Egli disse che non se ne sarebbe mai, mai più diviso; ed io pensai che era uno sciocco, se non sapeva che si sarebbero sfogliati in uno o due giorni.

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Peggotty cominciò a non star più a lungo con noi la sera, come prima. Mia madre lasciava far quasi tutto a lei – più del solito, mi sembrava – ed eravamo tutti e tre buonissimi amici; ma diversi da come eravamo prima, o non più con la scioltezza di prima. A volte, immaginavo che forse Peggotty faceva delle osservazioni a mia madre perché questa indossava tutte le più belle vesti che aveva nei cassetti, o perché andava così spesso a visitare la vicina; ma non sapevo trovare una ragione soddisfacente.

Pian piano, mi abituai a vedere il signore dai favoriti neri. Non lo vedevo con maggior piacere di prima, e per lui sentivo la stessa gelosia tormentosa; ma se perciò avevo qualche ragione diversa di un’istintiva antipatia fanciullesca e l’idea in confuso che Peggotty e io potevamo voler molto bene a mia madre senza l’aiuto di nessuno, non era quella certo la ragione che avrei trovato se fossi stato più grande. Nulla di simile mi balenò mai in mente. Potevo fare delle osservazioni singole, per dir così; ma riunire le fila delle mie osservazioni separate e formarne una rete per acchiapparvi qualche cosa, era ancora impresa superiore alle mie forze.

Una mattina d’autunno me ne stavo con mia madre nel giardino sull’ingresso di casa, quando vedemmo il signor Murdstone – sapevo già che si chiamava così – ap-pressarsi a cavallo. Trasse le redini per salutare mia madre, e annunziando che andava a Lowestoft a trovarvi 42

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alcuni amici che lo aspettavano con un battello, lietamente offerse di prendermi in sella innanzi a lui, per darmi la gioia d’una passeggiata a cavallo.

L’aria era così limpida e dolce, e il cavallo pareva mostrare anche lui tanto piacere all’idea della passeggiata, mentre soffiava e scalpitava accanto al cancello del giardino, che mi prese un vivo desiderio d’andare. Così fui spedito di sopra da Peggotty perché mi vestisse con gli abiti migliori; e, nel frattempo, il signor Murdstone scese di sella, e, con le redini al braccio, si mise a passeggiare lentamente su e giù all’esterno della siepe di rose canine, mentre mia madre passeggiava lentamente su e giù all’interno, per tenergli compagnia. Ricordo che Peggotty ed io li osservammo dalla finestrina della mia cameretta; ricordo con quanta attenzione pareva stessero esaminando la siepe che li separava, nella loro passeggiata; e come, dall’essere d’umore perfettamente angelico, Peggotty s’inasprisse improvvisamente, e mi spazzo-lasse i capelli contro verso, con eccessiva energia.

Il signor Murdstone e io fummo presto lungi, trotterellando sull’erba d’un lato della strada. Egli mi teneva leggermente con un braccio, e non credo ch’io fossi d’umore irrequieto; ma non potevo assuefarmi all’idea di sedergli dinanzi senza sentire il bisogno di voltar la testa e guardarlo in faccia. Egli aveva quella specie di occhio nero e cavo – vorrei una parola migliore per descrivere un occhio che non ha una profondità nella quale guarda-43

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re – che, quando è distratto, sembra venga improvvisamente sfigurato, a volte, da un’ombra di strabismo.

Spesso, mirandolo, osservai quell’espressione con un certo timore e mi domandai a che cosa egli pensasse con tanta intensità. Veduti da vicino, i suoi capelli e i suoi favoriti erano più neri di quanto avessi immaginato. La quadratura delle mascelle e la traccia punteggiata della barba, forte e nera, che egli si radeva accuratamente ogni giorno, mi ricordavano il personaggio di cera che era stato portato in giro dalle nostre parti circa sei mesi prima. Le sue ciglia regolari e lo splendido bianco e il nero e il bruno del suo colorito – maledetti, il suo colorito e la sua memoria! – me lo facevan parere, nonostante la mia diffidenza, bellissimo. Non dubito che la mia povera madre ne avesse la stessa impressione.

Andammo a un albergo lungo il mare, dove due signori soli in una stanza erano intenti a fumare. Occupavano, sdraiati, almeno otto sedie in due, e avevano addosso delle giacche ampie di panno grossolano. In un angolo erano vesti e mantelli da barca e una bandiera, tutti am-mucchiati in un fascio.

Entrambi si svolsero nel momento che entrammo, in una loro maniera indolente, e dissero

– Ohe, Murdstone! Pensavamo che tu fossi morto!

– Non ancora – disse il signor Murdstone.

– E chi è questo bamboccio? – disse uno dei due signori, 44

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prendendomi per mano.

– È Davy – rispose il signor Murdstone.

– Chi, Davy? – disse il signore. – Jones?

– Copperfield – disse il signor Murdstone.

– Ah, l’ingombro dell’affascinante signora Copperfield?

– esclamò il signore. – La bella vedovella!

– Quinion – disse il signor Murdstone – per piacere, sta’

attento. C’è qualcuno che è fino.

– Chi? – rispose il signore ridendo. Levai subito lo sguardo, curioso di sapere.

– Brooks di Sheffield – disse il signor Murdstone.

Ebbi un respiro di sollievo apprendendo che si trattava soltanto di Brooks di Sheffield; perché, in principio, veramente avevo pensato che si parlasse di me.

Sembrava che ci fosse qualche cosa di molto comico nella fama del signor Brooks di Sheffield, perché i due signori a quel nome si misero a ridere cordialmente, e il signor Murdstone si mostrò molto divertito anche lui.

Dopo un po’ di risate, colui ch’egli aveva chiamato Quinion, disse:

– E qual è l’opinione di Brooks di Sheffield sulla faccenda in progetto?

– Veramente, non so se Brooks ne sappia molto, finora –

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