– Buona sera – dissi.
– Orsù, siamo d’ora in poi buoni amici – disse il signore, ridendo.
– Stringiamoci la mano.
Avevo la mano destra nella sinistra di mia madre; così gli porsi l’altra.
– Ma non quella, Davy! – esclamò ridendo il signore.
Mia madre mi prese la destra, ma io ero deciso, per la stessa ragione di prima, di non dargliela, e non gliela diedi. Gli porsi l’altra, ed egli la strinse affettuosamente, e se n’andò dicendo che ero un bravo piccino.
In questo istante lo riveggo girare intorno al giardino e 37
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scoccarci un ultimo sguardo dai suoi sinistri occhi neri, prima che la porta si chiudesse.
Peggotty, che non aveva detto una parola e non aveva fatto un gesto, mise immediatamente il catenaccio, e ce n’andammo tutti nel salotto. Mia madre, contro il suo solito, invece di occupar la poltrona accanto al fuoco, se ne rimase all’altra estremità della stanza, seduta a can-ticchiare sottovoce.
– Spero che stasera vi siate divertita, signora – disse Peggotty, standosene rigida e ferma come una statua nel centro della stanza, con un candeliere in mano.
– Grazie, Peggotty – rispose allegramente mia madre. –
Ho passato una sera veramente allegra.
– Un forestiero è sempre un’allegra distrazione – suggerì Peggotty.
– Veramente... – rispose mia madre.
Peggotty continuava a rimaner immota in mezzo alla stanza; mia madre riprese a canterellare, ed io fui vinto dal sonno, ma da un sonno che se non mi lasciava intendere ciò che si diceva, mi faceva udir le voci. Quando mi destai da quel sonno, trovai che Peggotty e mia madre piangevano e si bisticciavano.
– Ma non uno così; al signor Copperfield non sarebbe piaciuto – diceva Peggotty. – Ne sono certa, e potrei giurarlo.
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– Santo Cielo! – gridava mia madre. – Tu mi vuoi far diventar matta. Qual altra povera ragazza mai è stata come me maltrattata dalle sue persone di servizio? Perché mi faccio l’ingiustizia di dirmi ragazza? Non sono stata forse maritata, Peggotty?
– Dio lo sa se è vero, signora – rispose Peggotty.
– Allora come puoi aver l’ardire – disse mia madre – tu sai che io non intendo dire come puoi aver l’ardire, Peggotty, ma come puoi avere il cuore... di maltrattarmi così, e di dirmi tante brutte cose, quando sai che non ho, fuori di qui, un solo amico a cui rivolgermi?
– Una ragione di più – rispose Peggotty – per dire che non va. No! Non può essere. No! Non si può fare a nessun costo. No! – Io temevo che Peggotty stesse per scagliare lontano il candeliere, con tanta energia l’agitava.
– Come puoi essere così crudele – diceva mia madre, versando più lagrime di prima – da parlare con tanta ingiustizia? Come puoi continuare a ragionare come se tutto fosse bell’e stabilito, Peggotty, quando ti dico e ti ripeto, cattiva che non sei altro, che non c’è stato nulla più delle solite cortesie fra conoscenti? Tu parli di ammirazione. Che vuoi che faccia? Se la gente è così sciocca da farsi trasportare dall’ammirazione, è colpa mia? Che vuoi che faccia, ti dico? Debbo radermi la testa o annerirmi la faccia, o sfigurarmi con una scottatu-ra, o con qualche cosa di simile? Credo che tu così vor-39
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resti, Peggotty. Credo che ne saresti soddisfatta.
Pareva che Peggotty fosse scossa da questa calunnia.
– E caro tesoro mio – gridò mia madre, dirigendosi alla poltrona dove io ero rannicchiato, per carezzarmi – mio caro piccolo Davy! Mi si deve dire che non voglio bene al mio caro tesoro, il più caro piccino del mondo!
– Nessuno v’ha mai detto una cosa simile – disse Peggotty.
– L’hai detta tu, Peggotty – ribatté mia madre. – Sai che l’hai detta tu. Che altro è possibile concludere da ciò che hai detto, sgarbataccia, quando sai meglio di me che soltanto per lui il trimestre scorso non mi son comprata un ombrellino nuovo, e che quello verde è già tutto sfi-lacciato ed ha la frangia logora? Lo sai che è così, Peggotty, non puoi negarlo!
Poi, volgendosi affettuosamente a me, con la guancia contro la mia:
– Sono una cattiva mamma, io, Davy? Sono una cattiva, una brutta, una crudele, un’egoistica mamma, io? Di’
che lo sono, figlio mio; di’ «sì», tesoro mio, e Peggotty ti vorrà bene; e il bene di Peggotty è molto migliore del mio, Davy. Non ti voglio niente bene io, non è vero?
A questo scoppiammo a piangere tutti insieme. Credo che io piangessi più forte di tutti, ma son certo che nel pianto eravamo tutti e tre sinceri. Ero profondamente 40
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straziato, e, se non erro, nel primo trasporto della tenerezza ferita, dissi «bestia» a Peggotty.