pria che piegasse il carro il primo legno.
Indi a le rote si tornar le donne, 307
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e 'l grifon mosse il benedetto carco sì, che però nulla penna crollonne.
La bella donna che mi trasse al varco e Stazio e io seguitavam la rota
che fé l'orbita sua con minore arco.
Sì passeggiando l'alta selva vòta, colpa di quella ch'al serpente crese, temprava i passi un'angelica nota.
Forse in tre voli tanto spazio prese disfrenata saetta, quanto eramo
rimossi, quando Bëatrice scese.
Io senti' mormorare a tutti «Adamo»; poi cerchiaro una pianta dispogliata di foglie e d'altra fronda in ciascun ramo.
La coma sua, che tanto si dilata
più quanto più è sù, fora da l'Indi ne' boschi lor per altezza ammirata.
«Beato se', grifon, che non discindi col becco d'esto legno dolce al gusto, poscia che mal si torce il ventre quindi».
Così dintorno a l'albero robusto
gridaron li altri; e l'animal binato:
«Sì si conserva il seme d'ogne giusto».
E vòlto al temo ch'elli avea tirato, trasselo al piè de la vedova frasca, e quel di lei a lei lasciò legato.
Come le nostre piante, quando casca giù la gran luce mischiata con quella che raggia dietro a la celeste lasca, turgide fansi, e poi si rinovella di suo color ciascuna, pria che 'l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella; 308
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men che di rose e più che di vïole colore aprendo, s'innovò la pianta, che prima avea le ramora sì sole.
Io non lo 'ntesi, né qui non si canta l'inno che quella gente allor cantaro, né la nota soffersi tutta quanta.
S'io potessi ritrar come assonnaro li occhi spietati udendo di Siringa, li occhi a cui pur vegghiar costò sì caro; come pintor che con essempro pinga, disegnerei com' io m'addormentai; ma qual vuol sia che l'assonnar ben finga.
Però trascorro a quando mi svegliai, e dico ch'un splendor mi squarciò 'l velo del sonno, e un chiamar: «Surgi: che fai?».
Quali a veder de' fioretti del melo che del suo pome li angeli fa ghiotti e perpetüe nozze fa nel cielo,
Pietro e Giovanni e Iacopo condotti e vinti, ritornaro a la parola
da la qual furon maggior sonni rotti, e videro scemata loro scuola
così di Moïsè come d'Elia,
e al maestro suo cangiata stola;
tal torna' io, e vidi quella pia
sovra me starsi che conducitrice
fu de' miei passi lungo 'l fiume pria.
E tutto in dubbio dissi: «Ov' è Beatrice?».
Ond' ella: «Vedi lei sotto la fronda nova sedere in su la sua radice.
Vedi la compagnia che la circonda: li altri dopo 'l grifon sen vanno suso con più dolce canzone e più profonda».
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E se più fu lo suo parlar diffuso, non so, però che già ne li occhi m'era quella ch'ad altro intender m'avea chiuso.
Sola sedeasi in su la terra vera, come guardia lasciata lì del plaustro che legar vidi a la biforme fera.
In cerchio le facevan di sé claustro le sette ninfe, con quei lumi in mano che son sicuri d'Aquilone e d'Austro.
«Qui sarai tu poco tempo silvano; e sarai meco sanza fine cive