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Non è sanza cagion l'andare al cupo: vuolsi ne l'alto, là dove Michele fé la vendetta del superbo strupo».

Quali dal vento le gonfiate vele

caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca, tal cadde a terra la fiera crudele.

Così scendemmo ne la quarta lacca, pigliando più de la dolente ripa

che 'l mal de l'universo tutto insacca.

Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa nove travaglie e pene quant' io viddi?

e perché nostra colpa sì ne scipa?

Come fa l'onda là sovra Cariddi,

che si frange con quella in cui s'intoppa, così convien che qui la gente riddi.

Qui vid' i' gente più ch'altrove troppa, e d'una parte e d'altra, con grand' urli, voltando pesi per forza di poppa.

Percotëansi 'ncontro; e poscia pur lì si rivolgea ciascun, voltando a retro, gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?».

Così tornavan per lo cerchio tetro 29

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

da ogne mano a l'opposito punto,

gridandosi anche loro ontoso metro; poi si volgea ciascun, quand' era giunto, per lo suo mezzo cerchio a l'altra giostra.

E io, ch'avea lo cor quasi compunto, dissi: «Maestro mio, or mi dimostra che gente è questa, e se tutti fuor cherci questi chercuti a la sinistra nostra».

Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci sì de la mente in la vita primaia, che con misura nullo spendio ferci.

Assai la voce lor chiaro l'abbaia, quando vegnono a' due punti del cerchio dove colpa contraria li dispaia.

Questi fuor cherci, che non han coperchio piloso al capo, e papi e cardinali, in cui usa avarizia il suo soperchio».

E io: «Maestro, tra questi cotali dovre' io ben riconoscere alcuni

che furo immondi di cotesti mali».

Ed elli a me: «Vano pensiero aduni: la sconoscente vita che i fé sozzi, ad ogne conoscenza or li fa bruni.

In etterno verranno a li due cozzi: questi resurgeranno del sepulcro

col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.

Mal dare e mal tener lo mondo pulcro ha tolto loro, e posti a questa zuffa: qual ella sia, parole non ci appulcro.

Or puoi, figliuol, veder la corta buffa d'i ben che son commessi a la fortuna, per che l'umana gente si rabuffa; 30

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

ché tutto l'oro ch'è sotto la luna e che già fu, di quest' anime stanche non poterebbe farne posare una».

«Maestro mio», diss' io, «or mi dì anche: questa fortuna di che tu mi tocche, che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?».

E quelli a me: «Oh creature sciocche, quanta ignoranza è quella che v'offende!

Or vo' che tu mia sentenza ne 'mbocche.

Colui lo cui saver tutto trascende, fece li cieli e diè lor chi conduce sì, ch'ogne parte ad ogne parte splende, distribuendo igualmente la luce.

Similemente a li splendor mondani ordinò general ministra e duce

che permutasse a tempo li ben vani di gente in gente e d'uno in altro sangue, oltre la difension d'i senni umani; per ch'una gente impera e l'altra langue, seguendo lo giudicio di costei,

che è occulto come in erba l'angue.

Vostro saver non ha contasto a lei: questa provede, giudica, e persegue suo regno come il loro li altri dèi.

Le sue permutazion non hanno triegue: necessità la fa esser veloce;

sì spesso vien chi vicenda consegue.

Quest' è colei ch'è tanto posta in croce pur da color che le dovrien dar lode, dandole biasmo a torto e mala voce; ma ella s'è beata e ciò non ode:

con l'altre prime creature lieta

Are sens

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