"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » » La Divina Commedia – Dante Alighieri

Add to favorite La Divina Commedia – Dante Alighieri

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto».

E io a lui: «L'angoscia che tu hai forse ti tira fuor de la mia mente, sì che non par ch'i' ti vedessi mai.

Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente loco se' messo, e hai sì fatta pena, che, s'altra è maggio, nulla è sì spiacente».

Ed elli a me: «La tua città, ch'è piena d'invidia sì che già trabocca il sacco, seco mi tenne in la vita serena.

Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola,

come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.

E io anima trista non son sola,

ché tutte queste a simil pena stanno per simil colpa». E più non fé parola.

Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno mi pesa sì, ch'a lagrimar mi 'nvita; ma dimmi, se tu sai, a che verranno 26

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

li cittadin de la città partita;

s'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione per che l'ha tanta discordia assalita».

E quelli a me: «Dopo lunga tencione verranno al sangue, e la parte selvaggia caccerà l'altra con molta offensione.

Poi appresso convien che questa caggia infra tre soli, e che l'altra sormonti con la forza di tal che testé piaggia.

Alte terrà lungo tempo le fronti, tenendo l'altra sotto gravi pesi, come che di ciò pianga o che n'aonti.

Giusti son due, e non vi sono intesi; superbia, invidia e avarizia sono le tre faville c'hanno i cuori accesi».

Qui puose fine al lagrimabil suono.

E io a lui: «Ancor vo' che mi 'nsegni e che di più parlar mi facci dono.

Farinata e 'l Tegghiaio, che fuor sì degni, Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Mosca e li altri ch'a ben far puoser li 'ngegni, dimmi ove sono e fa ch'io li conosca; ché gran disio mi stringe di savere se 'l ciel li addolcia o lo 'nferno li attosca».

E quelli: «Ei son tra l'anime più nere; diverse colpe giù li grava al fondo: se tanto scendi, là i potrai vedere.

Ma quando tu sarai nel dolce mondo, priegoti ch'a la mente altrui mi rechi: più non ti dico e più non ti rispondo».

Li diritti occhi torse allora in biechi; guardommi un poco e poi chinò la testa: 27

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

cadde con essa a par de li altri ciechi.

E 'l duca disse a me: «Più non si desta di qua dal suon de l'angelica tromba, quando verrà la nimica podesta:

ciascun rivederà la trista tomba, ripiglierà sua carne e sua figura, udirà quel ch'in etterno rimbomba».

Sì trapassammo per sozza mistura

de l'ombre e de la pioggia, a passi lenti, toccando un poco la vita futura;

per ch'io dissi: «Maestro, esti tormenti crescerann' ei dopo la gran sentenza, o fier minori, o saran sì cocenti?».

Ed elli a me: «Ritorna a tua scïenza, che vuol, quanto la cosa è più perfetta, più senta il bene, e così la doglienza.

Tutto che questa gente maladetta

in vera perfezion già mai non vada, di là più che di qua essere aspetta».

Noi aggirammo a tondo quella strada, parlando più assai ch'i' non ridico; venimmo al punto dove si digrada: quivi trovammo Pluto, il gran nemico.

CANTO VII

[Canto settimo, dove si dimostra del quarto cerchio de l'inferno e alquanto del quinto; qui pone la pena del peccato de l'avarizia e del vizio de la prodigalità; e del dimonio Pluto; e quello che è fortuna.]

28

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: «Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch'elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia».

Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia, e disse: «Taci, maladetto lupo!

consuma dentro te con la tua rabbia.

Non è sanza cagion l'andare al cupo: vuolsi ne l'alto, là dove Michele fé la vendetta del superbo strupo».

Quali dal vento le gonfiate vele

caggiono avvolte, poi che l'alber fiacca, tal cadde a terra la fiera crudele.

Così scendemmo ne la quarta lacca, pigliando più de la dolente ripa

che 'l mal de l'universo tutto insacca.

Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa nove travaglie e pene quant' io viddi?

e perché nostra colpa sì ne scipa?

Come fa l'onda là sovra Cariddi,

che si frange con quella in cui s'intoppa, così convien che qui la gente riddi.

Qui vid' i' gente più ch'altrove troppa, e d'una parte e d'altra, con grand' urli, voltando pesi per forza di poppa.

Are sens