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E quelli a me: «L'onrata nominanza che di lor suona sù ne la tua vita, grazïa acquista in ciel che sì li avanza».

Intanto voce fu per me udita:

«Onorate l'altissimo poeta;

l'ombra sua torna, ch'era dipartita».

Poi che la voce fu restata e queta, vidi quattro grand' ombre a noi venire: sembianz' avevan né trista né lieta.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Lo buon maestro cominciò a dire:

«Mira colui con quella spada in mano, che vien dinanzi ai tre sì come sire: quelli è Omero poeta sovrano;

l'altro è Orazio satiro che vene; Ovidio è 'l terzo, e l'ultimo Lucano.

Però che ciascun meco si convene

nel nome che sonò la voce sola,

fannomi onore, e di ciò fanno bene».

Così vid' i' adunar la bella scola di quel segnor de l'altissimo canto che sovra li altri com' aquila vola.

Da ch'ebber ragionato insieme alquanto, volsersi a me con salutevol cenno, e 'l mio maestro sorrise di tanto; e più d'onore ancora assai mi fenno, ch'e' sì mi fecer de la loro schiera, sì ch'io fui sesto tra cotanto senno.

Così andammo infino a la lumera,

parlando cose che 'l tacere è bello, sì com' era 'l parlar colà dov' era.

Venimmo al piè d'un nobile castello, sette volte cerchiato d'alte mura, difeso intorno d'un bel fiumicello.

Questo passammo come terra dura;

per sette porte intrai con questi savi: giugnemmo in prato di fresca verdura.

Genti v'eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne' lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi.

Traemmoci così da l'un de' canti, in loco aperto, luminoso e alto,

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

sì che veder si potien tutti quanti.

Colà diritto, sovra 'l verde smalto, mi fuor mostrati li spiriti magni, che del vedere in me stesso m'essalto.

I' vidi Eletra con molti compagni, tra ' quai conobbi Ettòr ed Enea, Cesare armato con li occhi grifagni.

Vidi Cammilla e la Pantasilea;

da l'altra parte vidi 'l re Latino che con Lavina sua figlia sedea.

Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia; e solo, in parte, vidi 'l Saladino.

Poi ch'innalzai un poco più le ciglia, vidi 'l maestro di color che sanno seder tra filosofica famiglia.

Tutti lo miran, tutti onor li fanno: quivi vid' ïo Socrate e Platone,

che 'nnanzi a li altri più presso li stanno; Democrito che 'l mondo a caso pone, Dïogenès, Anassagora e Tale,

Empedoclès, Eraclito e Zenone;

e vidi il buono accoglitor del quale, Dïascoride dico; e vidi Orfeo,

Tulïo e Lino e Seneca morale;

Euclide geomètra e Tolomeo,

Ipocràte, Avicenna e Galïeno,

Averoìs, che 'l gran comento feo.

Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno.

La sesta compagnia in due si scema: 19

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l'aura che trema.

E vegno in parte ove non è che luca.

CANTO V

[Canto quinto, nel quale mostra del secondo cerchio de l'inferno, e tratta de la pena del vizio de la lussuria ne la persona di più famosi gentili uomini.]

Così discesi del cerchio primaio

giù nel secondo, che men loco cinghia e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l'intrata;

giudica e manda secondo ch'avvinghia.

Are sens