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Ma vieni omai con li occhi sì com' io andrò parlando, e nota i gran patrici di questo imperio giustissimo e pio.

Quei due che seggon là sù più felici per esser propinquissimi ad Agusta, son d'esta rosa quasi due radici: colui che da sinistra le s'aggiusta è il padre per lo cui ardito gusto l'umana specie tanto amaro gusta; dal destro vedi quel padre vetusto di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi raccomandò di questo fior venusto.

E quei che vide tutti i tempi gravi, pria che morisse, de la bella sposa che s'acquistò con la lancia e coi clavi, siede lungh' esso, e lungo l'altro posa quel duca sotto cui visse di manna la gente ingrata, mobile e retrosa.

Di contr' a Pietro vedi sedere Anna, tanto contenta di mirar sua figlia, che non move occhio per cantare osanna; e contro al maggior padre di famiglia siede Lucia, che mosse la tua donna quando chinavi, a rovinar, le ciglia.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Ma perché 'l tempo fugge che t'assonna, qui farem punto, come buon sartore che com' elli ha del panno fa la gonna; e drizzeremo li occhi al primo amore, sì che, guardando verso lui, penètri quant' è possibil per lo suo fulgore.

Veramente, ne forse tu t'arretri

movendo l'ali tue, credendo oltrarti, orando grazia conven che s'impetri grazia da quella che puote aiutarti; e tu mi seguirai con l'affezione, sì che dal dicer mio lo cor non parti».

E cominciò questa santa orazione: CANTO XXXIII

[Canto XXXIII, il quale è l'ultimo de la terza cantica e ultima; nel quale canto santo Bernardo in figura de l'auttore fa una orazione a la Vergine Maria, pregandola che sé e la Divina Maestade si lasci vedere visibilemente.]

«Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura,

termine fisso d'etterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura

nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l'amore, per lo cui caldo ne l'etterna pace così è germinato questo fiore.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Qui se' a noi meridïana face

di caritate, e giuso, intra ' mortali, se' di speranza fontana vivace.

Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz' ali.

La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fïate

liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate.

Or questi, che da l'infima lacuna de l'universo infin qui ha vedute le vite spiritali ad una ad una,

supplica a te, per grazia, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi più alto verso l'ultima salute.

E io, che mai per mio veder non arsi più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi ti porgo, e priego che non sieno scarsi, perché tu ogne nube li disleghi

di sua mortalità co' prieghi tuoi, sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.

Ancor ti priego, regina, che puoi ciò che tu vuoli, che conservi sani, dopo tanto veder, li affetti suoi.

Vinca tua guardia i movimenti umani: vedi Beatrice con quanti beati

per li miei prieghi ti chiudon le mani!».

Li occhi da Dio diletti e venerati, fissi ne l'orator, ne dimostraro

quanto i devoti prieghi le son grati; 471

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

indi a l'etterno lume s'addrizzaro, nel qual non si dee creder che s'invii per creatura l'occhio tanto chiaro.

E io ch'al fine di tutt' i disii

appropinquava, sì com' io dovea,

l'ardor del desiderio in me finii.

Bernardo m'accennava, e sorridea, perch' io guardassi suso; ma io era già per me stesso tal qual ei volea: ché la mia vista, venendo sincera, e più e più intrava per lo raggio de l'alta luce che da sé è vera.

Da quinci innanzi il mio veder fu maggio che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede, e cede la memoria a tanto oltraggio.

Qual è colüi che sognando vede,

che dopo 'l sogno la passione impressa rimane, e l'altro a la mente non riede, cotal son io, ché quasi tutta cessa mia visïone, e ancor mi distilla

nel core il dolce che nacque da essa.

Così la neve al sol si disigilla; così al vento ne le foglie levi

si perdea la sentenza di Sibilla.

O somma luce che tanto ti levi

da' concetti mortali, a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi, e fa la lingua mia tanto possente, ch'una favilla sol de la tua gloria possa lasciare a la futura gente; ché, per tornare alquanto a mia memoria e per sonare un poco in questi versi, 472

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

più si conceperà di tua vittoria.

Io credo, per l'acume ch'io soffersi del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito, se li occhi miei da lui fossero aversi.

E' mi ricorda ch'io fui più ardito per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi l'aspetto mio col valore infinito.

Are sens