Lume è là sù che visibile face
lo creatore a quella creatura
che solo in lui vedere ha la sua pace.
E' si distende in circular figura, in tanto che la sua circunferenza sarebbe al sol troppo larga cintura.
Fassi di raggio tutta sua parvenza reflesso al sommo del mobile primo, che prende quindi vivere e potenza.
E come clivo in acqua di suo imo
si specchia, quasi per vedersi addorno, quando è nel verde e ne' fioretti opimo, sì, soprastando al lume intorno intorno, vidi specchiarsi in più di mille soglie quanto di noi là sù fatto ha ritorno.
E se l'infimo grado in sé raccoglie sì grande lume, quanta è la larghezza di questa rosa ne l'estreme foglie!
La vista mia ne l'ampio e ne l'altezza non si smarriva, ma tutto prendeva il quanto e 'l quale di quella allegrezza.
Presso e lontano, lì, né pon né leva: ché dove Dio sanza mezzo governa, la legge natural nulla rileva.
Nel giallo de la rosa sempiterna, che si digrada e dilata e redole
odor di lode al sol che sempre verna, qual è colui che tace e dicer vole, 459
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
mi trasse Bëatrice, e disse: «Mira quanto è 'l convento de le bianche stole!
Vedi nostra città quant' ella gira; vedi li nostri scanni sì ripieni, che poca gente più ci si disira.
E 'n quel gran seggio a che tu li occhi tieni per la corona che già v'è sù posta, prima che tu a queste nozze ceni, sederà l'alma, che fia giù agosta, de l'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia verrà in prima ch'ella sia disposta.
La cieca cupidigia che v'ammalia
simili fatti v'ha al fantolino
che muor per fame e caccia via la balia.
E fia prefetto nel foro divino
allora tal, che palese e coverto
non anderà con lui per un cammino.
Ma poco poi sarà da Dio sofferto
nel santo officio; ch'el sarà detruso là dove Simon mago è per suo merto, e farà quel d'Alagna intrar più giuso».
CANTO XXXI
[Canto XXXI, il quale tratta come l'auttore fue lasciato da Beatrice e trovò Santo Bernardo, per lo cui conducimento rivide Beatrice ne la sua gloria; poi pone una orazione che Dante fece a Beatrice che pregasse per lui lo nostro Segnore Iddio e la nostra Donna sua Madre; e come vide la Divina Maestà.]
460
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
In forma dunque di candida rosa
mi si mostrava la milizia santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa; ma l'altra, che volando vede e canta la gloria di colui che la 'nnamora e la bontà che la fece cotanta,
sì come schiera d'ape che s'infiora una fïata e una si ritorna
là dove suo laboro s'insapora,
nel gran fior discendeva che s'addorna di tante foglie, e quindi risaliva là dove 'l süo amor sempre soggiorna.
Le facce tutte avean di fiamma viva e l'ali d'oro, e l'altro tanto bianco, che nulla neve a quel termine arriva.
Quando scendean nel fior, di banco in banco porgevan de la pace e de l'ardore ch'elli acquistavan ventilando il fianco.
Né l'interporsi tra 'l disopra e 'l fiore di tanta moltitudine volante
impediva la vista e lo splendore: ché la luce divina è penetrante
per l'universo secondo ch'è degno, sì che nulla le puote essere ostante.
Questo sicuro e gaudïoso regno,
frequente in gente antica e in novella, viso e amore avea tutto ad un segno.
Oh trina luce che 'n unica stella scintillando a lor vista, sì li appaga!
guarda qua giuso a la nostra procella!
Se i barbari, venendo da tal plaga che ciascun giorno d'Elice si cuopra, rotante col suo figlio ond' ella è vaga, 461
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
veggendo Roma e l'ardüa sua opra, stupefaciensi, quando Laterano
a le cose mortali andò di sopra;
ïo, che al divino da l'umano,
a l'etterno dal tempo era venuto, e di Fiorenza in popol giusto e sano, di che stupor dovea esser compiuto!
Certo tra esso e 'l gaudio mi facea libito non udire e starmi muto.