Da questo cielo, in cui l'ombra s'appunta che 'l vostro mondo face, pria ch'altr' alma del trïunfo di Cristo fu assunta.
Ben si convenne lei lasciar per palma in alcun cielo de l'alta vittoria che s'acquistò con l'una e l'altra palma, perch' ella favorò la prima gloria di Iosüè in su la Terra Santa,
che poco tocca al papa la memoria.
La tua città, che di colui è pianta che pria volse le spalle al suo fattore e di cui è la 'nvidia tanto pianta, produce e spande il maladetto fiore c'ha disvïate le pecore e li agni, però che fatto ha lupo del pastore.
Per questo l'Evangelio e i dottor magni son derelitti, e solo ai Decretali si studia, sì che pare a' lor vivagni.
A questo intende il papa e ' cardinali; non vanno i lor pensieri a Nazarette, là dove Gabrïello aperse l'ali.
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Ma Vaticano e l'altre parti elette di Roma che son state cimitero
a la milizia che Pietro seguette, tosto libere fien de l'avoltero».
CANTO X
[Canto X, nel quale santo Tommaso d'Aquino de l'ordine de'
Frati Predicatori parla nel cielo del Sole; e qui comincia la quarta parte.]
Guardando nel suo Figlio con l'Amore che l'uno e l'altro etternalmente spira, lo primo e ineffabile Valore
quanto per mente e per loco si gira con tant' ordine fé, ch'esser non puote sanza gustar di lui chi ciò rimira.
Leva dunque, lettore, a l'alte rote meco la vista, dritto a quella parte dove l'un moto e l'altro si percuote; e lì comincia a vagheggiar ne l'arte di quel maestro che dentro a sé l'ama, tanto che mai da lei l'occhio non parte.
Vedi come da indi si dirama
l'oblico cerchio che i pianeti porta, per sodisfare al mondo che li chiama.
Che se la strada lor non fosse torta, molta virtù nel ciel sarebbe in vano, e quasi ogne potenza qua giù morta; e se dal dritto più o men lontano 360
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fosse 'l partire, assai sarebbe manco e giù e sù de l'ordine mondano.
Or ti riman, lettor, sovra 'l tuo banco, dietro pensando a ciò che si preliba, s'esser vuoi lieto assai prima che stanco.
Messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba; ché a sé torce tutta la mia cura
quella materia ond' io son fatto scriba.
Lo ministro maggior de la natura, che del valor del ciel lo mondo imprenta e col suo lume il tempo ne misura, con quella parte che sù si rammenta congiunto, si girava per le spire in che più tosto ognora s'appresenta; e io era con lui; ma del salire
non m'accors' io, se non com' uom s'accorge, anzi 'l primo pensier, del suo venire.
È Bëatrice quella che sì scorge
di bene in meglio, sì subitamente che l'atto suo per tempo non si sporge.
Quant' esser convenia da sé lucente quel ch'era dentro al sol dov' io entra'mi, non per color, ma per lume parvente!
Perch' io lo 'ngegno e l'arte e l'uso chiami, sì nol direi che mai s'imaginasse; ma creder puossi e di veder si brami.
E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non è maraviglia; ché sopra 'l sol non fu occhio ch'andasse.
Tal era quivi la quarta famiglia
de l'alto Padre, che sempre la sazia, mostrando come spira e come figlia.
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E Bëatrice cominciò: «Ringrazia,
ringrazia il Sol de li angeli, ch'a questo sensibil t'ha levato per sua grazia».
Cor di mortal non fu mai sì digesto a divozione e a rendersi a Dio
con tutto 'l suo gradir cotanto presto, come a quelle parole mi fec' io;
e sì tutto 'l mio amore in lui si mise, che Bëatrice eclissò ne l'oblio.