Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
sì che celano i piedi e l'altro grosso, sì stavan d'ogne parte i peccatori; ma come s'appressava Barbariccia, così si ritraén sotto i bollori.
I' vidi, e anco il cor me n'accapriccia, uno aspettar così, com' elli 'ncontra ch'una rana rimane e l'altra spiccia; e Graffiacan, che li era più di contra, li arruncigliò le 'mpegolate chiome e trassel sù, che mi parve una lontra.
I' sapea già di tutti quanti 'l nome, sì li notai quando fuorono eletti, e poi ch'e' si chiamaro, attesi come.
«O Rubicante, fa che tu li metti
li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!», gridavan tutti insieme i maladetti.
E io: «Maestro mio, fa, se tu puoi, che tu sappi chi è lo sciagurato
venuto a man de li avversari suoi».
Lo duca mio li s'accostò allato;
domandollo ond' ei fosse, e quei rispuose:
«I' fui del regno di Navarra nato.
Mia madre a servo d'un segnor mi puose, che m'avea generato d'un ribaldo, distruggitor di sé e di sue cose.
Poi fui famiglia del buon re Tebaldo; quivi mi misi a far baratteria,
di ch'io rendo ragione in questo caldo».
E Cirïatto, a cui di bocca uscia
d'ogne parte una sanna come a porco, li fé sentir come l'una sdruscia.
Tra male gatte era venuto 'l sorco; 97
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ma Barbariccia il chiuse con le braccia e disse: «State in là, mentr' io lo 'nforco».
E al maestro mio volse la faccia;
«Domanda», disse, «ancor, se più disii saper da lui, prima ch'altri 'l disfaccia».
Lo duca dunque: «Or dì: de li altri rii conosci tu alcun che sia latino
sotto la pece?». E quelli: «I' mi partii, poco è, da un che fu di là vicino.
Così foss' io ancor con lui coperto, ch'i' non temerei unghia né uncino!».
E Libicocco «Troppo avem sofferto», disse; e preseli 'l braccio col runciglio, sì che, stracciando, ne portò un lacerto.
Draghignazzo anco i volle dar di piglio giuso a le gambe; onde 'l decurio loro si volse intorno intorno con mal piglio.
Quand' elli un poco rappaciati fuoro, a lui, ch'ancor mirava sua ferita, domandò 'l duca mio sanza dimoro:
«Chi fu colui da cui mala partita di' che facesti per venire a proda?».
Ed ei rispuose: «Fu frate Gomita, quel di Gallura, vasel d'ogne froda, ch'ebbe i nemici di suo donno in mano, e fé sì lor, che ciascun se ne loda.
Danar si tolse e lasciolli di piano, sì com' e' dice; e ne li altri offici anche barattier fu non picciol, ma sovrano.
Usa con esso donno Michel Zanche
di Logodoro; e a dir di Sardigna
le lingue lor non si sentono stanche.
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Omè, vedete l'altro che digrigna; i' direi anche, ma i' temo ch'ello non s'apparecchi a grattarmi la tigna».
E 'l gran proposto, vòlto a Farfarello che stralunava li occhi per fedire, disse: «Fatti 'n costà, malvagio uccello!».
«Se voi volete vedere o udire»,
ricominciò lo spaürato appresso,
«Toschi o Lombardi, io ne farò venire; ma stieno i Malebranche un poco in cesso, sì ch'ei non teman de le lor vendette; e io, seggendo in questo loco stesso, per un ch'io son, ne farò venir sette quand' io suffolerò, com' è nostro uso di fare allor che fori alcun si mette».
Cagnazzo a cotal motto levò 'l muso, crollando 'l capo, e disse: «Odi malizia ch'elli ha pensata per gittarsi giuso!».
Ond' ei, ch'avea lacciuoli a gran divizia, rispuose: «Malizioso son io troppo, quand' io procuro a' mia maggior trestizia».
Alichin non si tenne e, di rintoppo a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali, io non ti verrò dietro di gualoppo, ma batterò sovra la pece l'ali.
Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo, a veder se tu sol più di noi vali».
O tu che leggi, udirai nuovo ludo: ciascun da l'altra costa li occhi volse, quel prima, ch'a ciò fare era più crudo.
Lo Navarrese ben suo tempo colse; fermò le piante a terra, e in un punto saltò e dal proposto lor si sciolse.
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Di che ciascun di colpa fu compunto, ma quei più che cagion fu del difetto; però si mosse e gridò: «Tu se' giunto!».
Ma poco i valse: ché l'ali al sospetto non potero avanzar; quelli andò sotto, e quei drizzò volando suso il petto: non altrimenti l'anitra di botto, quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa, ed ei ritorna sù crucciato e rotto.