O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate deon essere spose, e voi rapaci
per oro e per argento avolterate, or convien che per voi suoni la tromba, però che ne la terza bolgia state.
Già eravamo, a la seguente tomba, montati de lo scoglio in quella parte 82
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
ch'a punto sovra mezzo 'l fosso piomba.
O somma sapïenza, quanta è l'arte che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, e quanto giusto tua virtù comparte!
Io vidi per le coste e per lo fondo piena la pietra livida di fóri,
d'un largo tutti e ciascun era tondo.
Non mi parean men ampi né maggiori che que' che son nel mio bel San Giovanni, fatti per loco d'i battezzatori;
l'un de li quali, ancor non è molt' anni, rupp' io per un che dentro v'annegava: e questo sia suggel ch'ogn' omo sganni.
Fuor de la bocca a ciascun soperchiava d'un peccator li piedi e de le gambe infino al grosso, e l'altro dentro stava.
Le piante erano a tutti accese intrambe; per che sì forte guizzavan le giunte, che spezzate averien ritorte e strambe.
Qual suole il fiammeggiar de le cose unte muoversi pur su per la strema buccia, tal era lì dai calcagni a le punte.
«Chi è colui, maestro, che si cruccia guizzando più che li altri suoi consorti», diss' io, «e cui più roggia fiamma succia?».
Ed elli a me: «Se tu vuo' ch'i' ti porti là giù per quella ripa che più giace, da lui saprai di sé e de' suoi torti».
E io: «Tanto m'è bel, quanto a te piace: tu se' segnore, e sai ch'i' non mi parto dal tuo volere, e sai quel che si tace».
Allor venimmo in su l'argine quarto; 83
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volgemmo e discendemmo a mano stanca là giù nel fondo foracchiato e arto.
Lo buon maestro ancor de la sua anca non mi dipuose, sì mi giunse al rotto di quel che si piangeva con la zanca.
«O qual che se' che 'l di sù tien di sotto, anima trista come pal commessa»,
comincia' io a dir, «se puoi, fa motto».
Io stava come 'l frate che confessa lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto, richiama lui per che la morte cessa.
Ed el gridò: «Se' tu già costì ritto, se' tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.
Se' tu sì tosto di quell' aver sazio per lo qual non temesti tòrre a 'nganno la bella donna, e poi di farne strazio?».
Tal mi fec' io, quai son color che stanno, per non intender ciò ch'è lor risposto, quasi scornati, e risponder non sanno.
Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
"Non son colui, non son colui che credi"»; e io rispuosi come a me fu imposto.
Per che lo spirto tutti storse i piedi; poi, sospirando e con voce di pianto, mi disse: «Dunque che a me richiedi?
Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto, che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch'i' fui vestito del gran manto; e veramente fui figliuol de l'orsa, cupido sì per avanzar li orsatti, che sù l'avere e qui me misi in borsa.
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Di sotto al capo mio son li altri tratti che precedetter me simoneggiando, per le fessure de la pietra piatti.
Là giù cascherò io altresì quando verrà colui ch'i' credea che tu fossi, allor ch'i' feci 'l sùbito dimando.
Ma più è 'l tempo già che i piè mi cossi e ch'i' son stato così sottosopra, ch'el non starà piantato coi piè rossi: ché dopo lui verrà di più laida opra, di ver' ponente, un pastor sanza legge, tal che convien che lui e me ricuopra.
Nuovo Iasón sarà, di cui si legge ne' Maccabei; e come a quel fu molle suo re, così fia lui chi Francia regge».
Io non so s'i' mi fui qui troppo folle, ch'i' pur rispuosi lui a questo metro: