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la possa del salir più e 'l diletto.

Quali si stanno ruminando manse

le capre, state rapide e proterve sovra le cime avante che sien pranse, tacite a l'ombra, mentre che 'l sol ferve, guardate dal pastor, che 'n su la verga poggiato s'è e lor di posa serve; e quale il mandrïan che fori alberga, lungo il pecuglio suo queto pernotta, guardando perché fiera non lo sperga; tali eravamo tutti e tre allotta, io come capra, ed ei come pastori, fasciati quinci e quindi d'alta grotta.

Poco parer potea lì del di fori;

ma, per quel poco, vedea io le stelle di lor solere e più chiare e maggiori.

Sì ruminando e sì mirando in quelle, mi prese il sonno; il sonno che sovente, anzi che 'l fatto sia, sa le novelle.

Ne l'ora, credo, che de l'orïente prima raggiò nel monte Citerea,

che di foco d'amor par sempre ardente, giovane e bella in sogno mi parea donna vedere andar per una landa

cogliendo fiori; e cantando dicea:

«Sappia qualunque il mio nome dimanda ch'i' mi son Lia, e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda.

Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno; ma mia suora Rachel mai non si smaga dal suo miraglio, e siede tutto giorno.

Ell' è d'i suoi belli occhi veder vaga 285

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

com' io de l'addornarmi con le mani; lei lo vedere, e me l'ovrare appaga».

E già per li splendori antelucani, che tanto a' pellegrin surgon più grati, quanto, tornando, albergan men lontani, le tenebre fuggian da tutti lati, e 'l sonno mio con esse; ond' io leva'mi, veggendo i gran maestri già levati.

«Quel dolce pome che per tanti rami cercando va la cura de' mortali,

oggi porrà in pace le tue fami».

Virgilio inverso me queste cotali parole usò; e mai non furo strenne che fosser di piacere a queste iguali.

Tanto voler sopra voler mi venne

de l'esser sù, ch'ad ogne passo poi al volo mi sentia crescer le penne.

Come la scala tutta sotto noi

fu corsa e fummo in su 'l grado superno, in me ficcò Virgilio li occhi suoi, e disse: «Il temporal foco e l'etterno veduto hai, figlio; e se' venuto in parte dov' io per me più oltre non discerno.

Tratto t'ho qui con ingegno e con arte; lo tuo piacere omai prendi per duce; fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.

Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce; vedi l'erbette, i fiori e li arbuscelli che qui la terra sol da sé produce.

Mentre che vegnan lieti li occhi belli che, lagrimando, a te venir mi fenno, seder ti puoi e puoi andar tra elli.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Non aspettar mio dir più né mio cenno; libero, dritto e sano è tuo arbitrio, e fallo fora non fare a suo senno: per ch'io te sovra te corono e mitrio».

CANTO XXVIII

[Canto XXVIII, ove si tratta come la vita attiva distingue a l'auttore la natura del fiume di Letè, il quale trovò nel detto Paradiso, ove molto dimostra de la felicitade e del peccato di Adamo, e del modo e ordine del detto luogo.]

Vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva,

ch'a li occhi temperava il novo giorno, sanza più aspettar, lasciai la riva, prendendo la campagna lento lento su per lo suol che d'ogne parte auliva.

Un'aura dolce, sanza mutamento

avere in sé, mi feria per la fronte non di più colpo che soave vento; per cui le fronde, tremolando, pronte tutte quante piegavano a la parte u' la prim' ombra gitta il santo monte; non però dal loro esser dritto sparte tanto, che li augelletti per le cime lasciasser d'operare ogne lor arte; ma con piena letizia l'ore prime, cantando, ricevieno intra le foglie, 287

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

che tenevan bordone a le sue rime, tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la pineta in su 'l lito di Chiassi, quand' Ëolo scilocco fuor discioglie.

Già m'avean trasportato i lenti passi dentro a la selva antica tanto, ch'io non potea rivedere ond' io mi 'ntrassi; ed ecco più andar mi tolse un rio, che 'nver' sinistra con sue picciole onde piegava l'erba che 'n sua ripa uscìo.

Tutte l'acque che son di qua più monde, parrieno avere in sé mistura alcuna verso di quella, che nulla nasconde, avvegna che si mova bruna bruna

sotto l'ombra perpetüa, che mai

raggiar non lascia sole ivi né luna.

Coi piè ristetti e con li occhi passai di là dal fiumicello, per mirare

la gran varïazion d'i freschi mai; e là m'apparve, sì com' elli appare subitamente cosa che disvia

per maraviglia tutto altro pensare, una donna soletta che si gia

e cantando e scegliendo fior da fiore ond' era pinta tutta la sua via.

«Deh, bella donna, che a' raggi d'amore ti scaldi, s'i' vo' credere a' sembianti che soglion esser testimon del core, vegnati in voglia di trarreti avanti», diss' io a lei, «verso questa rivera, tanto ch'io possa intender che tu canti.

Tu mi fai rimembrar dove e qual era 288

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Proserpina nel tempo che perdette la madre lei, ed ella primavera».

Come si volge, con le piante strette a terra e intra sé, donna che balli, e piede innanzi piede a pena mette, volsesi in su i vermigli e in su i gialli fioretti verso me, non altrimenti che vergine che li occhi onesti avvalli; e fece i prieghi miei esser contenti, sì appressando sé, che 'l dolce suono veniva a me co' suoi intendimenti.

Tosto che fu là dove l'erbe sono

Are sens