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Allor sicuramente apri' la bocca

e cominciai: «Come si può far magro là dove l'uopo di nodrir non tocca?».

«Se t'ammentassi come Meleagro

si consumò al consumar d'un stizzo, non fora», disse, «a te questo sì agro; e se pensassi come, al vostro guizzo, 273

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

guizza dentro a lo specchio vostra image, ciò che par duro ti parrebbe vizzo.

Ma perché dentro a tuo voler t'adage, ecco qui Stazio; e io lui chiamo e prego che sia or sanator de le tue piage».

«Se la veduta etterna li dislego», rispuose Stazio, «là dove tu sie, discolpi me non potert' io far nego».

Poi cominciò: «Se le parole mie,

figlio, la mente tua guarda e riceve, lume ti fiero al come che tu die.

Sangue perfetto, che poi non si beve da l'assetate vene, e si rimane

quasi alimento che di mensa leve, prende nel core a tutte membra umane virtute informativa, come quello

ch'a farsi quelle per le vene vane.

Ancor digesto, scende ov' è più bello tacer che dire; e quindi poscia geme sovr' altrui sangue in natural vasello.

Ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme, l'un disposto a patire, e l'altro a fare per lo perfetto loco onde si preme; e, giunto lui, comincia ad operare coagulando prima, e poi avviva

ciò che per sua matera fé constare.

Anima fatta la virtute attiva

qual d'una pianta, in tanto differente, che questa è in via e quella è già a riva, tanto ovra poi, che già si move e sente, come spungo marino; e indi imprende ad organar le posse ond' è semente.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Or si spiega, figliuolo, or si distende la virtù ch'è dal cor del generante, dove natura a tutte membra intende.

Ma come d'animal divegna fante,

non vedi tu ancor: quest' è tal punto, che più savio di te fé già errante, sì che per sua dottrina fé disgiunto da l'anima il possibile intelletto, perché da lui non vide organo assunto.

Apri a la verità che viene il petto; e sappi che, sì tosto come al feto l'articular del cerebro è perfetto, lo motor primo a lui si volge lieto sovra tant' arte di natura, e spira spirito novo, di vertù repleto,

che ciò che trova attivo quivi, tira in sua sustanzia, e fassi un'alma sola, che vive e sente e sé in sé rigira.

E perché meno ammiri la parola,

guarda il calor del sole che si fa vino, giunto a l'omor che de la vite cola.

Quando Làchesis non ha più del lino, solvesi da la carne, e in virtute ne porta seco e l'umano e 'l divino: l'altre potenze tutte quante mute; memoria, intelligenza e volontade in atto molto più che prima agute.

Sanza restarsi, per sé stessa cade mirabilmente a l'una de le rive;

quivi conosce prima le sue strade.

Tosto che loco lì la circunscrive, la virtù formativa raggia intorno così e quanto ne le membra vive.

275

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

E come l'aere, quand' è ben pïorno, per l'altrui raggio che 'n sé si reflette, di diversi color diventa addorno; così l'aere vicin quivi si mette

e in quella forma ch'è in lui suggella virtüalmente l'alma che ristette; e simigliante poi a la fiammella

che segue il foco là 'vunque si muta, segue lo spirto sua forma novella.

Però che quindi ha poscia sua paruta, è chiamata ombra; e quindi organa poi ciascun sentire infino a la veduta.

Quindi parliamo e quindi ridiam noi; quindi facciam le lagrime e ' sospiri che per lo monte aver sentiti puoi.

Secondo che ci affliggono i disiri e li altri affetti, l'ombra si figura; e quest' è la cagion di che tu miri».

E già venuto a l'ultima tortura

s'era per noi, e vòlto a la man destra, ed eravamo attenti ad altra cura.

Quivi la ripa fiamma in fuor balestra, e la cornice spira fiato in suso

che la reflette e via da lei sequestra; ond' ir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno; e io temëa 'l foco quinci, e quindi temeva cader giuso.

Lo duca mio dicea: «Per questo loco si vuol tenere a li occhi stretto il freno, però ch'errar potrebbesi per poco».

'Summae Deus clementïae' nel seno al grande ardore allora udi' cantando, 276

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

che di volger mi fé caler non meno; e vidi spirti per la fiamma andando; per ch'io guardava a loro e a' miei passi, compartendo la vista a quando a quando.

Appresso il fine ch'a quell' inno fassi, gridavano alto: 'Virum non cognosco'; indi ricominciavan l'inno bassi.

Finitolo, anco gridavano: «Al bosco si tenne Diana, ed Elice caccionne che di Venere avea sentito il tòsco».

Indi al cantar tornavano; indi donne gridavano e mariti che fuor casti come virtute e matrimonio imponne.

Are sens