Allor sicuramente apri' la bocca
e cominciai: «Come si può far magro là dove l'uopo di nodrir non tocca?».
«Se t'ammentassi come Meleagro
si consumò al consumar d'un stizzo, non fora», disse, «a te questo sì agro; e se pensassi come, al vostro guizzo, 273
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guizza dentro a lo specchio vostra image, ciò che par duro ti parrebbe vizzo.
Ma perché dentro a tuo voler t'adage, ecco qui Stazio; e io lui chiamo e prego che sia or sanator de le tue piage».
«Se la veduta etterna li dislego», rispuose Stazio, «là dove tu sie, discolpi me non potert' io far nego».
Poi cominciò: «Se le parole mie,
figlio, la mente tua guarda e riceve, lume ti fiero al come che tu die.
Sangue perfetto, che poi non si beve da l'assetate vene, e si rimane
quasi alimento che di mensa leve, prende nel core a tutte membra umane virtute informativa, come quello
ch'a farsi quelle per le vene vane.
Ancor digesto, scende ov' è più bello tacer che dire; e quindi poscia geme sovr' altrui sangue in natural vasello.
Ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme, l'un disposto a patire, e l'altro a fare per lo perfetto loco onde si preme; e, giunto lui, comincia ad operare coagulando prima, e poi avviva
ciò che per sua matera fé constare.
Anima fatta la virtute attiva
qual d'una pianta, in tanto differente, che questa è in via e quella è già a riva, tanto ovra poi, che già si move e sente, come spungo marino; e indi imprende ad organar le posse ond' è semente.
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Or si spiega, figliuolo, or si distende la virtù ch'è dal cor del generante, dove natura a tutte membra intende.
Ma come d'animal divegna fante,
non vedi tu ancor: quest' è tal punto, che più savio di te fé già errante, sì che per sua dottrina fé disgiunto da l'anima il possibile intelletto, perché da lui non vide organo assunto.
Apri a la verità che viene il petto; e sappi che, sì tosto come al feto l'articular del cerebro è perfetto, lo motor primo a lui si volge lieto sovra tant' arte di natura, e spira spirito novo, di vertù repleto,
che ciò che trova attivo quivi, tira in sua sustanzia, e fassi un'alma sola, che vive e sente e sé in sé rigira.
E perché meno ammiri la parola,
guarda il calor del sole che si fa vino, giunto a l'omor che de la vite cola.
Quando Làchesis non ha più del lino, solvesi da la carne, e in virtute ne porta seco e l'umano e 'l divino: l'altre potenze tutte quante mute; memoria, intelligenza e volontade in atto molto più che prima agute.
Sanza restarsi, per sé stessa cade mirabilmente a l'una de le rive;
quivi conosce prima le sue strade.
Tosto che loco lì la circunscrive, la virtù formativa raggia intorno così e quanto ne le membra vive.
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E come l'aere, quand' è ben pïorno, per l'altrui raggio che 'n sé si reflette, di diversi color diventa addorno; così l'aere vicin quivi si mette
e in quella forma ch'è in lui suggella virtüalmente l'alma che ristette; e simigliante poi a la fiammella
che segue il foco là 'vunque si muta, segue lo spirto sua forma novella.
Però che quindi ha poscia sua paruta, è chiamata ombra; e quindi organa poi ciascun sentire infino a la veduta.
Quindi parliamo e quindi ridiam noi; quindi facciam le lagrime e ' sospiri che per lo monte aver sentiti puoi.
Secondo che ci affliggono i disiri e li altri affetti, l'ombra si figura; e quest' è la cagion di che tu miri».
E già venuto a l'ultima tortura