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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

torcer già mai ad alcuna nequizia.

Diverse voci fanno dolci note;

così diversi scanni in nostra vita rendon dolce armonia tra queste rote.

E dentro a la presente margarita

luce la luce di Romeo, di cui

fu l'ovra grande e bella mal gradita.

Ma i Provenzai che fecer contra lui non hanno riso; e però mal cammina qual si fa danno del ben fare altrui.

Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina, Ramondo Beringhiere, e ciò li fece Romeo, persona umìle e peregrina.

E poi il mosser le parole biece

a dimandar ragione a questo giusto, che li assegnò sette e cinque per diece, indi partissi povero e vetusto;

e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe mendicando sua vita a frusto a frusto, assai lo loda, e più lo loderebbe».

CANTO VII

[Canto VII, nel quale Beatrice mostra come la vendetta fatta per Tito de la morte di Gesù Cristo nostro Salvatore fue giusta, essendo la morte di Gesù Cristo giusta per ricomperamento de l'umana generazione e solvimento del peccato del primo padre.]

«Osanna, sanctus Deus sabaòth,

superillustrans claritate tua

345

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

felices ignes horum malacòth!».

Così, volgendosi a la nota sua,

fu viso a me cantare essa sustanza, sopra la qual doppio lume s'addua; ed essa e l'altre mossero a sua danza, e quasi velocissime faville

mi si velar di sùbita distanza.

Io dubitava e dicea 'Dille, dille!'

fra me, 'dille' dicea, 'a la mia donna che mi diseta con le dolci stille'.

Ma quella reverenza che s'indonna di tutto me, pur per Be e per ice, mi richinava come l'uom ch'assonna.

Poco sofferse me cotal Beatrice

e cominciò, raggiandomi d'un riso tal, che nel foco faria l'uom felice:

«Secondo mio infallibile avviso,

come giusta vendetta giustamente

punita fosse, t'ha in pensier miso; ma io ti solverò tosto la mente;

e tu ascolta, ché le mie parole

di gran sentenza ti faran presente.

Per non soffrire a la virtù che vole freno a suo prode, quell' uom che non nacque, dannando sé, dannò tutta sua prole; onde l'umana specie inferma giacque giù per secoli molti in grande errore, fin ch'al Verbo di Dio discender piacque u' la natura, che dal suo fattore s'era allungata, unì a sé in persona con l'atto sol del suo etterno amore.

Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona: 346

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questa natura al suo fattore unita, qual fu creata, fu sincera e buona; ma per sé stessa pur fu ella sbandita di paradiso, però che si torse

da via di verità e da sua vita.

La pena dunque che la croce porse s'a la natura assunta si misura,

nulla già mai sì giustamente morse; e così nulla fu di tanta ingiura, guardando a la persona che sofferse, in che era contratta tal natura.

Però d'un atto uscir cose diverse: ch'a Dio e a' Giudei piacque una morte; per lei tremò la terra e 'l ciel s'aperse.

Non ti dee oramai parer più forte, quando si dice che giusta vendetta poscia vengiata fu da giusta corte.

Ma io veggi' or la tua mente ristretta di pensiero in pensier dentro ad un nodo, del qual con gran disio solver s'aspetta.

Tu dici: "Ben discerno ciò ch'i' odo; ma perché Dio volesse, m'è occulto, a nostra redenzion pur questo modo".

Questo decreto, frate, sta sepulto a li occhi di ciascuno il cui ingegno ne la fiamma d'amor non è adulto.

Veramente, però ch'a questo segno molto si mira e poco si discerne, dirò perché tal modo fu più degno.

La divina bontà, che da sé sperne ogne livore, ardendo in sé, sfavilla sì che dispiega le bellezze etterne.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Ciò che da lei sanza mezzo distilla non ha poi fine, perché non si move la sua imprenta quand' ella sigilla.

Ciò che da essa sanza mezzo piove libero è tutto, perché non soggiace a la virtute de le cose nove.

Are sens