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veduti a noi venir, lasciando il giro pria cominciato in li alti Serafini; e dentro a quei che più innanzi appariro sonava 'Osanna' sì, che unque poi di rïudir non fui sanza disiro.

Indi si fece l'un più presso a noi e solo incominciò: «Tutti sem presti al tuo piacer, perché di noi ti gioi.

Noi ci volgiam coi principi celesti d'un giro e d'un girare e d'una sete, ai quali tu del mondo già dicesti:

'Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete'; e sem sì pien d'amor, che, per piacerti, 351

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

non fia men dolce un poco di quïete».

Poscia che li occhi miei si fuoro offerti a la mia donna reverenti, ed essa fatti li avea di sé contenti e certi, rivolsersi a la luce che promessa tanto s'avea, e «Deh, chi siete?» fue la voce mia di grande affetto impressa.

E quanta e quale vid' io lei far piùe per allegrezza nova che s'accrebbe, quando parlai, a l'allegrezze sue!

Così fatta, mi disse: «Il mondo m'ebbe giù poco tempo; e se più fosse stato, molto sarà di mal, che non sarebbe.

La mia letizia mi ti tien celato

che mi raggia dintorno e mi nasconde quasi animal di sua seta fasciato.

Assai m'amasti, e avesti ben onde; che s'io fossi giù stato, io ti mostrava di mio amor più oltre che le fronde.

Quella sinistra riva che si lava

di Rodano poi ch'è misto con Sorga, per suo segnore a tempo m'aspettava, e quel corno d'Ausonia che s'imborga di Bari e di Gaeta e di Catona,

da ove Tronto e Verde in mare sgorga.

Fulgeami già in fronte la corona

di quella terra che 'l Danubio riga poi che le ripe tedesche abbandona.

E la bella Trinacria, che caliga

tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo che riceve da Euro maggior briga, non per Tifeo ma per nascente solfo, 352

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

attesi avrebbe li suoi regi ancora, nati per me di Carlo e di Ridolfo, se mala segnoria, che sempre accora li popoli suggetti, non avesse

mosso Palermo a gridar: "Mora, mora!".

E se mio frate questo antivedesse, l'avara povertà di Catalogna

già fuggeria, perché non li offendesse; ché veramente proveder bisogna

per lui, o per altrui, sì ch'a sua barca carcata più d'incarco non si pogna.

La sua natura, che di larga parca discese, avria mestier di tal milizia che non curasse di mettere in arca».

«Però ch'i' credo che l'alta letizia che 'l tuo parlar m'infonde, segnor mio, là 've ogne ben si termina e s'inizia, per te si veggia come la vegg' io, grata m'è più; e anco quest' ho caro perché 'l discerni rimirando in Dio.

Fatto m'hai lieto, e così mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso com' esser può, di dolce seme, amaro».

Questo io a lui; ed elli a me: «S'io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso.

Lo ben che tutto il regno che tu scandi volge e contenta, fa esser virtute sua provedenza in questi corpi grandi.

E non pur le nature provedute

sono in la mente ch'è da sé perfetta, ma esse insieme con la lor salute: 353

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

per che quantunque quest' arco saetta disposto cade a proveduto fine,

sì come cosa in suo segno diretta.

Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine producerebbe sì li suoi effetti,

che non sarebbero arti, ma ruine; e ciò esser non può, se li 'ntelletti che muovon queste stelle non son manchi, e manco il primo, che non li ha perfetti.

Vuo' tu che questo ver più ti s'imbianchi?».

E io: «Non già; ché impossibil veggio che la natura, in quel ch'è uopo, stanchi».

Ond' elli ancora: «Or dì: sarebbe il peggio per l'omo in terra, se non fosse cive?».

«Sì», rispuos' io; «e qui ragion non cheggio».

«E puot' elli esser, se giù non si vive diversamente per diversi offici?

Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive».

Sì venne deducendo infino a quici; poscia conchiuse: «Dunque esser diverse convien di vostri effetti le radici: per ch'un nasce Solone e altro Serse, altro Melchisedèch e altro quello che, volando per l'aere, il figlio perse.

La circular natura, ch'è suggello a la cera mortal, fa ben sua arte, ma non distingue l'un da l'altro ostello.

Quinci addivien ch'Esaù si diparte per seme da Iacòb; e vien Quirino da sì vil padre, che si rende a Marte.

Natura generata il suo cammino

simil farebbe sempre a' generanti, se non vincesse il proveder divino.

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

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