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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio hanno il diritto di chiederla solamente i vecchi e gl’infermi. I veri poveri, in questo mondo, meritevoli di assi-stenza e di compassione, non sono altro che quelli che, per ragione d’età o di malattia, si trovano condannati a non potersi più guadagnare il pane col lavoro delle proprie mani. Tutti gli altri hanno l’obbligo di lavorare: e se non lavorano e patiscono la fame, tanto peggio per loro.

In quel frattempo, passò per la strada un uomo tutto sudato e trafelato, il quale da sé tirava con gran fatica due carretti carichi di carbone.

Pinocchio, giudicandolo dalla fisonomia per un buon uomo, gli si accostò e, abbassando gli occhi dalla vergogna, gli disse sottovoce:

– Mi fareste la carità di darmi un soldo, perché mi sento morir dalla fame?

– Non un soldo solo, – rispose il carbonaio, – ma te ne do quattro, a patto che tu m’aiuti a tirare fino a casa questi due carretti di carbone.

– Mi meraviglio! – rispose il burattino quasi offeso, –

per vostra regola io non ho fatto mai il somaro: io non ho mai tirato il carretto!...

– Meglio per te! – rispose il carbonaio. – Allora, ragazzo mio, se ti senti davvero morir dalla fame, mangia due belle fette della tua superbia e bada di non prendere un’indigestione.

Dopo pochi minuti passò per la via un muratore, che portava sulle spalle un corbello di calcina.

– Fareste, galantuomo, la carità d’un soldo a un povero ragazzo, che sbadiglia dall’appetito?

– Volentieri; vieni con me a portar calcina, – rispose il muratore, – e invece d’un soldo, te ne darò cinque.

– Ma la calcina è pesa, – replicò Pinocchio, – e io non voglio durar fatica.

– Se non vuoi durar fatica, allora, ragazzo mio, – divertiti a sbadigliare, e buon pro ti faccia.

Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio In men di mezz’ora passarono altre venti persone, e a tutte Pinocchio chiese un po’ d’elemosina, ma tutte gli risposero:

– Non ti vergogni? Invece di fare il bighellone per la strada, và piuttosto a cercarti un po’ di lavoro, e impara a guadagnarti il pane! Finalmente passò una buona donnina che portava due brocche d’acqua.

– Vi contentate, buona donna, che io beva una sorsa-ta d’acqua alla vostra brocca? – disse Pinocchio, che bruciava dall’arsione della sete.

– Bevi pure, ragazzo mio! – disse la donnina, posan-do le due brocche in terra.

Quando Pinocchio ebbe bevuto come una spugna, borbottò a mezza voce, asciugandosi la bocca:

– La sete me la sono levata! Così mi potessi levar la fame!... La buona donnina, sentendo queste parole, soggiunse subito:

– Se mi aiuti a portare a casa una di queste brocche d’acqua, ti darò un bel pezzo di pane.

Pinocchio guardò la brocca, e non rispose né sì né no.

– E insieme col pane ti darò un bel piatto di cavolfiore condito coll’olio e coll’aceto, – soggiunse la buona donna.

Pinocchio dette un’altra occhiata alla brocca, e non rispose né sì né no.

– E dopo il cavolfiore ti darò un bel confetto ripieno di rosolio. – Alle seduzioni di quest’ultima ghiottoneria, Pinocchio non seppe più resistere e, fatto un animo risoluto, disse:

– Pazienza! Vi porterò la brocca fino a casa!

La brocca era molto pesa, e il burattino, non avendo forza da portarla colle mani, si rassegnò a portarla in capo.

Arrivati a casa, la buona donnina fece sedere Pinoc-Letteratura italiana Einaudi

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Carlo Collodi - Le avventure di Pinocchio chio a una piccola tavola apparecchiata e gli pose davanti il pane, il cavolfiore condito e il confetto.

Pinocchio non mangiò, ma diluviò. Il suo stomaco pareva un quartiere rimasto vuoto e disabitato da cinque mesi.

Calmati a poco a poco i morsi rabbiosi della fame, allora alzò il capo per ringraziare la sua benefattrice; ma non aveva ancora finito di fissarla in volto, che cacciò un lunghissimo ohhh! ... di maraviglia e rimase là incantato, cogli occhi spalancati, colla forchetta per aria e colla bocca piena di pane e di cavolfiore.

– Che cos’è mai tutta questa maraviglia? – disse ridendo la buona donna.

– Egli è... – rispose balbettando Pinocchio, – egli è...

egli è... che voi somigliate... voi mi rammentate... sì, sì, sì, la stessa voce... gli stessi occhi.. gli stessi capelli... sì, sì, sì... anche voi avete i capelli turchini... come lei!... O

Fatina mia!... O Fatina mia!... ditemi che siete voi, proprio voi!... Non mi fate più piangere! Se sapeste!... Ho pianto tanto, ho patito tanto..

E nel dir così, Pinocchio piangeva dirottamente, e gettandosi ginocchioni per terra, abbracciava i ginocchi di quella donnina misteriosa.

Letteratura italiana Einaudi

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