— Ma il signor Terenzio Papiano, — m’arrischiai di nuovo a domandare,
— le ha promesso forse la restituzione di quel denaro?
— Lui? — fece subito, con un fremito d’ira, la signorina Caporale. — E chi gliel’ha mai chiesto! Ma sì, me lo promette adesso, se io lo ajuto… Già!
Vuol essere ajutato da me, proprio da me; ha avuto la sfrontatezza di propormelo, così, tranquillamente…
— Ajutarlo? In che cosa?
— In una nuova perfidia! Comprende? Io vedo che lei ha compreso.
— Adri… la… la signorina Adriana? — balbettai.
— Appunto. Dovrei persuaderla io! Io, capisce?
— A sposar lui?
— S’intende. Sa perché? Ha, o piuttosto, dovrebbe avere quattordici o quindici mila lire di dote quella povera disgraziata: la dote della sorella, che egli doveva subito restituire al signor Anselmo, poiché Rita è morta senza lasciar figliuoli. Non so che imbrogli abbia fatto. Ha chiesto un anno di tempo per questa restituzione. Ora spera che… Zitto… ecco Adriana!
Chiusa in sé e più schiva del solito, Adriana s’appressò a noi: cinse con un braccio la vita della signorina Caporale e accennò a me un lieve saluto col capo. Provai, dopo quelle confidenze, una stizza violenta nel vederla così sottomessa e quasi schiava dell’odiosa tirannia di quel cagliostro. Poco dopo però, comparve nel terrazzino, come un’ombra, il fratello di Papiano.
— Eccolo, — disse piano la Caporale ad Adriana.
Questa socchiuse gli occhi, sorrise amaramente, scosse il capo e si ritrasse dal terrazzino, dicendomi:
— Scusi, signor Meis. Buona sera.
— La spia, — mi susurrò la signorina Caporale, ammiccando.
— Ma di che teme la signorina Adriana? — mi scappò detto, nella cresciuta irritazione. — Non capisce che, facendo così, dà più ansa a colui da insuperbire e da far peggio il tiranno? Senta, signorina, io le confesso che provo una grande invidia per tutti coloro che sanno prender gusto e interessarsi alla vita, e li ammiro. Tra chi si rassegna a far la parte della schiava e chi si assume, sia pure con la prepotenza, quella del padrone, la mia simpatia è per quest’ultimo.
La Caporale notò l’animazione con cui avevo parlato e, con aria di sfida, mi disse:
— E perché allora non prova a ribellarsi lei per primo?
— Io?
— Lei, lei, — affermò ella, guardandomi negli occhi, aizzosa.
— Ma che c’entro io? — risposi. — Io potrei ribellarmi in una sola maniera: andandomene.
— Ebbene, — concluse maliziosamente la signorina Caporale, — forse questo appunto non vuole Adriana.
— Ch’io me ne vada?
Quella fece girar per aria il fazzolettino sbrendolato e poi se lo raccolse intorno a un dito sospirando:
— Chi sa!
Scrollai le spalle.
— A cena! a cena! — esclamai; e la lasciai lì in asso, nel terrazzino.
Per cominciare da quella sera stessa, passando per il corridojo, mi fermai innanzi al baule, su cui Scipione Papiano era tornato ad accoccolarsi, e:
— Scusi, — gli dissi, — non avrebbe altro posto dove star seduto più comodamente? Qua lei m’impiccia.
Quegli mi guardò balordo, con gli occhi languenti, senza scomporsi.
— Ha capito? — incalzai, scotendolo per un braccio.
Ma come se parlassi al muro! Si schiuse allora l’uscio in fondo al corridojo, ed apparve Adriana.
— La prego, signorina, — le dissi, — veda un po’ di fare intender lei a questo poveretto che potrebbe andare a sedere altrove.
— È malato, — cercò di scusarlo Adriana.
— E però che è malato! — ribattei io. — Qua non sta bene: gli manca l’aria… e poi, seduto su un baule… Vuole che lo dica io al fratello?
— No no, — s’affrettò a rispondermi lei. — Glielo dirò io, non dubiti.
— Capirà, — soggiunsi. — Non sono ancora re, da avere una sentinella alla porta.
Perdetti, da quella sera in poi, il dominio di me stesso; cominciai a sforzare apertamente la timidezza di Adriana; chiusi gli occhi e m’abbandonai, senza più riflettere, al mio sentimento.
Povera cara mammina! Ella si mostrò dapprincipio come tenuta tra due, tra la paura e la speranza. Non sapeva affidarsi a questa, indovinando che il dispetto mi spingeva; ma sentivo d’altra parte che la paura in lei era pur cagionata dalla speranza fino a quel momento segreta e quasi incosciente di non perdermi; e perciò, dando io ora a questa sua speranza alimento co’
miei nuovi modi risoluti, non sapeva neanche cedere del tutto alla paura.