gola, si dirà nel giornale di Trevoux: questo è un vile che si è ammazzato perchè
aveva la rogna: ecco a quel che tu mi esponi per un malinteso interesse che hai
voluto prendere alla mia sorte
I nostri mali non sono senza rimedio, rispose Cacambo, e se vorrete fare a mio modo, abbiamo a fissarci qui in qualità di fratelli; io so un poco di chirurgia, e vi prometto di mitigare e render sopportabile la nostra miserabile condizione. - Ah!
dice Candido, crepin tutti gli asini, e in specie gli asini cerusici, sì dannosi all’umanità. Io non comporterò mai che tu ti spacci per quel che non sei; questo
sarebbe un tradimento, le cui conseguenze mi spaventano. D’altra parte, se tu sapessi quanto è dura, dopo d’essere stato vicerè d’una bella provincia, dopo essersi veduto in istato di comprare de’ bei regni, dopo d’essere stato l’amante favorito di Zenoide il risolversi a servire in qualità di fratello in un ospedale….
- Lo so, riprese Cacambo, ma so ancora che è assai dura cosa il morir di fame;
riflettete di più, che il partito ch’io vi propongo, è forse l’unico che possiate prendere per isfuggire le ricerche del crudele Volhall, e sottrarvi ai castighi ch’ei vi prepara.
Mentre parlavano così passò un fratello e gli fecero alcune dimande; egli rispose in una maniera soddisfacente, e assicurò loro che i fratelli erano bene nutriti, e godevano d’una onesta libertà. Candido si decise; ei prese con Cacambo l’abito di
fratello che gli si accordò addirittura, e i nostri due miserabili si misero a servire altri miserabili.
- Un giorno che Cacambo distribuiva in giro poche cattive minestre, gli diè nell’occhio un vecchio, il cui viso era livido, le labbra coperte di schiuma, gli occhi mezzo stravolti, e sulle cui gote crespe e inaridite, appariva l’immagine della morte. - Pover’uomo, gli disse Candido, quanto vi compiango! voi dovete
orribilmente soffrire. - Io soffro molto, rispos’egli con una voce da sepoltura; si dice ch’io sono etico, polmoniaco e asmatico: se così è, io son ben malato, ma intanto tutto non va male, e questo e quello che mi consola. - Ah, esclama Candido, non v’è che il dottor Pangloss, che in uno stato così deplorevole, possa
sostenere la dottrina dell’ottimismo, quand’ogni altro non predicherebbe che il pess… - Non pronunziate quella detestabil parola, grida il pover’uomo; io sono quel Pangloss di cui voi parlate, disgraziato; lasciatemi morire in pace, tutto è bene, tutto è per lo meglio.
Lo sforzo ch’ei fece pronunziando queste parole, gli costò l’ultimo dente, ch’ei vomitò con una tremenda quantità di marcia. Spirò pochi momenti dopo.
Candido lo pianse, perchè aveva il cuor buono. Il suo funerale fu una sorgente di
riflessioni per il nostro filosofo; egli si ricordava sovente tutte le sue avventure.
Cunegonda era restata a Copenaghen, ed ei seppe che v’esercitava il mestiere di
lavandaja, colla maggior distinzione possibile. La passione di viaggiare l’abbandonò affatto. Il fedele Cacambo lo sosteneva co’ suoi consigli e colla sua
amicizia. Candido non mormorò contro la Provvidenza. - Io so che la felicità non è
il retaggio dell’uomo, diceva egli qualche volta: la felicità non risiede che nel buon paese d’Eldorado, ma è impossibile d’andarvi.
CAPITOLO XVII (torna all’indice)
Nuovi incontri.
Candido non era tanto disgraziato, poichè aveva un vero amico; ei l’avea trovato
in un servo bastardo, ciò che invano si cerca nella nostra Europa; forse la natura
che fa crescere in America le erbe proprie alle malattie corporali del nostro continente, vi ha piantato ancora de’ rimedj per le nostre malattie del cuore e dello spirito: forse vi son formati differentemente da noi: chè non sono schiavi dell’interesse personale, che son degni di ardere al bel fuoco dell’amicizia.
Quanto sarebb’egli da desiderarsi, che invece di ciurli d’indaco e di cocciniglia tutti coperti di sangue, ci si conducesse qualcheduno di questi uomini. Una tal sorte di
commercio sarebbe ben vantaggiosa all’umanità. Cacambo valeva più per
Candido, che una dozzina di montoni rossi carichi di ciottoli dell’Eldorado. Il nostro filosofo ricominciò a godere il piacere di vivere; era una consolazione per lui il vigilare alla conservazione della specie umana e non essere un membro inutile nella società. Iddio benedisse intenzioni sì pure, rendendo a lui, come a
Cacambo, le dolcezze della sanità. Essi non avevano più la rogna ed adempivano
piacevolmente le faticose funzioni del loro stato; ma la sorte tolse loro ben tosto la sicurezza nella quale gioivano. Cunegonda, che s’era presa a petto di tormentare
il suo sposo, abbandonò Copenaghen per andarne in traccia; il caso la condusse
all’ospedale; era ella accompagnata da un uomo che Candido riconobbe per il signor barone di Thunder-ten-tronckh; è da immaginarsi facilmente qual dovesse
essere la sua maraviglia; il barone se ne accorse e gli parlò così:- Io non ho remato gran tempo sulle galere ottomane; seppero i gesuiti la mia disgrazia, e mi
riscattarono per onore della società: ho fatto un viaggio in Alemagna, ove ho ricevuto alcuni benefizj dagli eredi di mio padre; non ho niente trascurato per trovar mia sorella, ed avendo saputo da Costantinopoli ch’ella era partita con un
bastimento ch’era naufragato sulle coste di Danimarca, mi sono travestito, ho preso delle lettere di raccomandazione per alcuni negozianti danesi che han relazione colla società, e ho trovato finalmente la mia sorella, la quale vi ama, benchè indegno voi siate della sua amicizia; e giacchè avete avuta l’imprudenza
di vivere con lei, consento alla confermazione del matrimonio, o piuttosto a una nuova celebrazione di nozze, ben intesi che mia sorella non vi darà che la mano
sinistra; il che è ben giusto, poichè ella ha settant’un quarto di nobiltà, e voi non ne avete neppur uno.- Ah! dice Candido, tutt’i quarti del mondo senza la
bellezza… La signora Cunegonda era molto brutta, quando io ebbi l’imprudenza di sposarla; ella è tornata bella, ed un altro vide i suoi vezzi; ella è tornata brutta, e volete che io le ridia la mano? No per certo, mio reverendo padre: rimandatela
nel suo serraglio di Costantinopoli. Ella mi ha fatto troppo danno in questo paese.
- Lasciati compungere, ingrato, disse Cunegonda, facendo contorsioni