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Charles Dickens David Copperfield

ber con gentile cordialità. Il signor Micawber le baciò la mano, si ritrasse nell’angolo della finestra; e cavando di tasca il fazzoletto, ebbe un istante di penosa e intima lotta.

Il signor Dick era presente. Egli, naturalmente pietoso per quanti gli parevano infelici, e sempre pronto a scovarne qualcuno, strinse le mani al signor Micawber almeno una dozzina di volte in cinque minuti. Il signor Micawber, nel suo turbamento, fu tanto commosso da quella cordialità d’un estraneo, che poté soltanto dire, a ogni nuova stretta di mano: «Mio caro signore, la vostra simpatia mi opprime»; le quali parole fecero tanto piacere al signor Dick, che ricominciò con maggior vigore di prima.

– La gentilezza di questo signore – disse il signor Micawber a mia zia – mi... se voi mi permettete d’usare un’espressione dei nostri più volgari esercizi nazionali...

mi atterra. A un uomo che lotta con un immenso carico d’inquietudini e d’incertezze, una simile accoglienza è imbarazzante, vi giuro.

– Il mio amico Dick – rispose mia zia, orgogliosa –

non è un uomo ordinario.

– Ne sono persuaso – disse il signor Micawber. –

Mio caro signore – in quell’istante il signor Dick gli stringeva di nuovo le mani – sono profondamente commosso della vostra cordialità

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– Come state? – disse il signor Dick, con uno sguardo pieno d’ansia.

– Così così, mio caro signore – rispose il signor Micawber, sospirando.

– Dovete farvi coraggio – disse il signor Dick – e consolarvi come meglio vi sarà possibile.

Il signor Micawber, assolutamente soverchiato da queste gentili parole, prese un’altra volta la mano che gli tendeva il signor Dick.

– È stato mio destino – egli osservò – incontrare, nel vario panorama dell’esistenza umana, di tanto in tanto un’oasi, ma non mai una più verde e rinfrescante della presente.

In altra occasione questa immagine m’avrebbe molto divertito; ma avvertivo che ci sentivamo tutti impacciati e a disagio, e osservavo con tanta ansia il signor Micawber che oscillava fra un evidente desiderio di rivelar qualcosa e la riluttanza a dar la stura al tutto, che avevo quasi la febbre. - Traddles, seduto sull’orlo della sedia, guardava, con gli occhi spalancati e i capelli più energicamente irti che mai, a volta a volta il pavimento e il signor Micawber, senza neanche tentare di pronunziare una parola. Mia zia, benché concentrasse tutto il suo più acuto spirito d’osservazione sul nuovo ospite, era l’unica fra noi che avesse qualche padronanza di sé; perché ella riusciva a tenerlo in conversazione, e a costringerlo 1263

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a parlare, volente o nolente.

– Voi siete un vecchio amico di mio nipote, signor Micawber – disse mia zia. – Da tanto tempo avrei voluto conoscervi.

– Signora – rispose il signor Micawber – vorrei che m’aveste conosciuto tempo fa. Non fui sempre quel miserabile naufrago che ora potete vedere.

– Spero che la signora Micawber e tutti in famiglia stia-no bene, signore – disse mia zia.

Il signor Micawber chinò la testa.

– Stanno bene, signora – osservò disperatamente, dopo un istante di silenzio – come i proscritti e i banditi possono mai sperare di stare.

– Che Dio vi benedica, signore! – esclamò mia zia nella sua maniera brusca. – Di che cosa mai state parlando?

– La esistenza della mia famiglia, signora – rispose il signor Micawber – è sospesa a un debole filo. Il mio padrone...

A questo punto il signor Micawber s’interruppe deliberatamente, e cominciò a sbucciare i limoni che gli avevo fatti mettere innanzi con tutti gli altri ingredienti per il ponce.

– Il vostro padrone, dunque – disse il signor Dick, toc-candogli il braccio, come per rammentarglielo dolcemente.

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– Mio buon signore – rispose il signor Micawber – ora mi ricordo, grazie. – Essi si strinsero di nuovo la mano.

– Il mio padrone, signora... il signor Heep... una volta ebbe la bontà di farmi osservare che se io non avessi ricevuto gli emolumenti dello stipendio connesso all’impiego datomi da lui, avrei girato probabilmente per la provincia come saltimbanco, ingoiando sciabole e mangiando l’elemento divoratore. Per quanto io possa augu-rarmi il contrario, è ancora probabile che i miei figliuoli sian costretti a procurarsi un pane per mezzo delle contorsioni corporali, mentre la signora Micawber accom-pagnerà i loro esercizi girando la manovella d’un orga-nino.

Il signor Micawber, con un vago ma espressivo gesto del coltello, fece intendere che si sarebbe potuto certamente assistere, dopo ch’egli non fosse più, a quelle rappresentazioni; poi riprese a sbucciare i limoni con aria disperata.

Mia zia poggiò il gomito sul tavolinetto rotondo che si teneva di solito accanto, squadrando intenta il signor Micawber. Nonostante l’avversione con la quale consideravo il proposito di allettarlo insidiosamente a una rivelazione ch’egli non aveva intenzione di fare, l’avrei certo in quel momento costretto a parlare, se non l’avessi visto intento ad atti e movimenti strani, come per esempio a metter la buccia di limone nel calderotto, lo zucchero nel vassoio, lo spirito in una brocchetta vuota, 1265

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e a tentar con la massima fiducia di versar l’acqua da un candeliere. Sentii la crisi prossima, e la crisi scoppiò.

Egli respinse tutto ciò che aveva dinanzi, si levò dalla sedia, cavò di tasca il fazzoletto e ruppe in pianto.

– Mio caro Copperfield – disse il signor Micawber, nascondendo il viso – questa è un’operazione che più d’ogni altra richiede lo spirito sereno e il rispetto di sé medesimo. Non mi sento capace di eseguirla. Non m’è possibile.

– Signor Micawber – dissi – che cosa avete? Parlate, vi prego. Pensate che siete fra amici.

– Fra amici, signore! – ripeté il signor Micawber; e tutto ciò che aveva tenuto nascosto gli scappò fuori. – Santo Cielo, è appunto perché sono fra amici che mi vedete in questo stato. Che c’è, signori? Che non c’è? C’è la malvagità, ecco che c’è; c’è la vigliaccheria, l’inganno la frode, il complotto, ecco che c’è; e il nome di questo cumulo di porcherie si chiama... Heep.

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