– noi siamo amici nella necessità, e veramente amici.
Permettetemi di assumere informazioni riguardo al benessere fisico della signora Copperfield in «esse» e della signora Traddles in «posse», supponendo, cioè, che il mio amico Traddles non sia ancora unito con l’oggetto del suo affetto, per la buona e la cattiva sorte.
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Noi lo ringraziammo per la sua cortesia, e gli rispondemmo nello stesso tono. Egli poi attrasse la nostra attenzione sul muro, e stava per cominciare: «Io vi assicuro, signori», quando m’avventurai a fargli una rimostranza per quella sua cerimoniosa forma d’apostrofe, pregandolo di parlarci con la familiarità d’una volta.
– Mio caro Copperfield – egli rispose, stringendomi la mano – la vostra cordialità mi opprime. Questo ricevimento a un rotto frammento del tempio, che una volta fu chiamato Uomo... se mi è lecito d’esprimermi così... dà indizio di, un cuore che fa onore alla nostra comune natura. Stavo appunto per osservare che io posso contemplar di nuovo il tranquillo luogo ove tra scorsero alcune delle più felici ore della mia esistenza.
– Ore allietate, certo, dalla presenza della signora Micawber – dissi. – La signora sta bene, spero?
– Grazie – rispose il signor Micawber, il cui viso s’an-nuvolò a quella domanda: – sta così così. E questa – disse il signor Micawber, con un melanconico cenno del capo – è la prigione di King’s Bench, dove per la prima volta nel giro di parecchi anni, la schiacciante pressione delle obbligazioni pecuniarie non era proclamata di giorno in giorno da voci importune che si rifiutassero di lasciarne libero l’ingresso; dove non era un martello sulla porta che potesse esser picchiato dai creditori; dove non si esigeva alcun servizio personale, e dove quelli che vi mandavano in prigione attendevano al cancello!
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Signori! – disse il signor Micawber. – Quando l’ombra di quelle punte di ferro sulla sommità dell’edificio di mattoni veniva a riflettersi sulla ghiaia del viale, vedevo i miei bambini divertirsi a seguire coi piedi il laberinto dell’ombra, evitando le linee oscure. Io ero familiare con ogni pietra di questo luogo. Se mi mostro debole, mi comprenderete e mi scuserete.
– Siamo tutti andati innanzi nella vita da quel tempo, signor Micawber – dissi.
– Signor Copperfield – rispose con amarezza il signor Micawber – quando io abitavo in quel ritiro, potevo guardare il mio simile in faccia, e fracassargli la testa, se mi avesse offeso. Il mio simile e io non siamo più in quelle gloriose condizioni.
Stornando lo sguardo dall’edificio con aria abbattuta, prese il braccio che io gli porgevo da un lato e quello che gli porgeva Traddles dall’altro, e si mise a camminare in mezzo a noi.
– Vi sono alcune pietre miliari – osservò il signor Micawber, voltandosi e guardando di sulla spalla con uno sguardo di desiderio – sulla strada che conduce alla tomba, che non si sarebbero, se il voto non fosse empio, mai dovute oltrepassare. Nella mia fortunosa carriera una di queste pietre miliari è la prigione di King’s Bench.
– Oh, voi siete di cattivo umore, signor Micawber! –
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disse Traddles.
– Sì, signore – soggiunse il signor Micawber.
– Spero – disse Traddles – che non sia per aver contratto un’antipatia per la legge... perché anch’io, come sapete, sono legale.
Il signor Micawber non rispose una parola. – Come sta il nostro amico Heep, signor Micawber? – dissi io, dopo un istante di silenzio.
– Mio caro Copperfield – rispose il signor Micawber, come in un subito scoppio della sua eccitazione, e facendosi pallido – se mi chiedete notizie del mio principale come amico vostro, ne sono sinceramente addolorato; se me le chiedete come amico mio, io sardonica-mente ne sorrido. Quale che sia la qualità con cui mi chiedete notizie del mio principale, debbo, senza offen-dervi, limitare la mia risposta a questo: che quale che possa essere il suo stato di salute, il suo aspetto è volpi-no, per non dire diabolico. Voi mi permetterete, nella mia capacità di privato, di rifiutarmi di continuare a parlare d’un oggetto che mi ha spinto, nella mia capacità professionale, all’estremo orlo della disperazione.
Espressi il mio dispiacere per aver innocentemente toccato un tasto che lo indignava tanto.
– Posso io chiedervi – dissi – senza il rischio di commettere lo stesso errore, come stanno i miei amici il signore e la signorina Wickfield?
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– La signorina Wickfield – disse il signor Micawber, diventando a un tratto rosso – è un modello, un esempio luminoso. Mio caro Copperfield, ella è il solo raggio che brilli in una triste dimora. Il mio rispetto per quella signorina, la mia ammirazione per la sua virtù, la mia devozione per il suo affetto e la sua sincerità e la sua bontà... Conducetemi – disse il signor Micawber – in un luogo appartato, perché, sull’anima mia, nello stato in cui mi trovo, non rispondo più di me.
Lo conducemmo all’angolo, in un vicolo, e lì cavò il fazzoletto di tasca, e s’appoggiò con la schiena al muro.
Se io lo guardavo con la stessa gravità di Traddles, la nostra compagnia non doveva sembrargli incoraggiante.
– È mio destino – disse il signor Micawber, veramente singhiozzando, ma con un’ombra dell’antica espressione di far qualche cosa di nobile – è mio destino, signori, che i più bei sentimenti della nostra natura debbano essere per me come acerbi rimproveri. Il mio omaggio alla signorina Wickfield m’ha prodotto l’effetto d’una trafittura al cuore. Voi fareste molto meglio a lasciarmi errar sulla terra come un vagabondo. I vermi non aspetteranno a lungo per regolare il mio conto.
Senza rispondere a questa invocazione, aspettammo che egli si rimettesse il fazzoletto in tasca, si assestasse il solino, e intonasse un’arietta, col cappello sulle ventitré, per ingannare i passanti che avessero potuto osservarlo. Gli dissi allora – non sapendo ciò che avrei per-1260
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duto lasciandolo andare – che sarei stato felice di pre-sentarlo a mia zia, se egli avesse voluto accompagnarci fino a Highgate, dove c’era un letto pronto per lui.
– Ci farete un bicchiere del ponce che sapete far voi, signor Micawber – dissi – e in più piacevoli memorie, dimenticherete ciò che vi rattrista.
– O se potrete trovare un sollievo confidandovi con gli amici, signor Micawber, vi confiderete con noi – disse prudentemente Traddles.
– Signori – rispose il signor Micawber – fate di me ciò che volete! Io sono una festuca sulla superficie dell’abisso, e sono agitato in tutti i sensi dagli elefanti...
scusatemi, volevo dire dagli elementi.
Ci rimettemmo in cammino a braccetto; trovammo l’omnibus nel momento della partenza; e senza alcuna difficoltà arrivammo a Highgate. Ero molto impacciato e non sapevo che fare o che dire... e neppure Traddles poteva nulla, evidentemente. Il signor Micawber era immerso in una profonda tristezza. Di tanto in tanto faceva uno sforzo per rimettersi, e intonava qualche motivo d’arietta; ma tosto ridiventava triste, e si calcava il cappello sempre più da un lato, e si tirava il solino fino agli occhi.
Ci recammo a casa di mia zia e non a casa mia, perché Dora era sofferente. Mia zia si presentò non appena fu chiamata, e diede il suo benvenuto al signor Micaw-1261