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ne.

– Ma nessuno sa, neanche tu – egli rispose – quanto ella abbia fatto, quanto abbia sofferto, con quanto coraggio abbia lottato. Cara, cara Agnese!

Ella gli afferrò con la mano il braccio in atteggiamento supplichevole, per fermarlo; ed era pallida pallida.

– Via, via! – egli disse con un sospiro, respingendo evidentemente il ricordo d’un dolore che sua figlia aveva dovuto sopportare e che forse sopportava ancora (pensai a ciò che m’aveva detto mia zia). – Trotwood, io non ti ho mai detto nulla di sua madre. Te ne ha parlato mai nessuno?

– No, signore.

– Non v’è molto da dire... benché ella abbia avuto molto a soffrire. Mi sposò contro la volontà di suo padre, ed egli la rinnegò. Ella lo pregò di perdonarle, prima della nascita di Agnese. Era uomo durissimo, e la madre gli era morta da parecchio tempo. Egli respinse la preghiera, e le infranse il cuore.

Agnese s’appoggiò sulla spalla di suo padre, e gli mise il braccio intorno al collo.

– Era un cuore affettuoso e dolce – continuò – ed egli glielo infranse. Io sapevo quanto era delicato. Nessuno meglio di me poteva saperlo. Ella m’amava molto, ma non fu mai felice. Soffriva sempre in segreto di quella 1498

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ripulsa dolorosa, e, delicata com’era e depressa al tempo dell’ultima ripulsa... perché ne aveva sperimentate parecchie... andò languendo pian piano, e morì. Mi lasciò Agnese, nata da quindici giorni, e i capelli grigi che mi vedesti la prima volta che entrasti qui.

Egli baciò Agnese sulla guancia.

– Il mio amore per la mia cara bambina era un amore morboso, perché io avevo malata tutta l’anima. Ma non voglio dir nulla di questo. Non parlo di me, Trotwood, ma di sua madre e di lei. Se ti do qualche cenno di ciò che sono, o di ciò che sono stato, tu saprai ricostruir tutto, lo so. È inutile dirti ciò che sia Agnese. Nel suo carattere ho letto sempre qualche cosa della storia della sua povera madre, e così io te lo dico, stasera che siamo tutti e tre insieme di nuovo, dopo tanti mutamenti. T’ho detto tutto.

Egli abbassò la testa, e l’angelico viso di lei e il dovere filiale da lei compiuto assunsero ai miei occhi un più pa-tetico significato. Una scena così commovente era fatta per fissarmi particolarmente nella memoria il ricordo di quella sera, la prima della nostra riunione.

Non passò molto, ed Agnese si levò dal fianco di suo padre; e, messasi al piano, sonò alcune delle vecchie arie che spesso avevamo ascoltate nella stessa stanza.

– Avete intenzione di mettervi in viaggio di nuovo? – mi chiese Agnese, mentre le stavo a fianco.

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– E qual è il pensiero di mia sorella?

– Spero di no.

– E allora non ho una simile intenzione, Agnese.

– Io credo, giacché me lo domandate, che non dovreste andarvene, Trotwood – ella riprese dolcemente. – La vostra crescente reputazione, il vostro successo aumentano in voi il potere di far bene; e se io potrei fare a meno di mio fratello – disse guardandomi negli occhi – il tempo forse non potrebbe.

– Ciò che sono, io lo debbo a voi, Agnese. Giudicate voi.

– Lo dovete a me, Trotwood?

– Sì, Agnese, a voi! – dissi, chinandomi su di lei. – Ho tentato di dirvi, quando vi ho rivista, stamane, qualche cosa che m’è stato sempre in mente dall’istante della morte di Dora. Vi ricordate, quando veniste giù da me nel nostro salottino... indicando con la mano il Cielo, Agnese?

– Oh, Trotwood! – ella rispose, con gli occhi pieni di lagrime. – Ella era così affettuosa, così fiduciosa, così bambina. Potrei mai dimenticarla?

– Tale come mi appariste allora, sorella mia, vi ho sempre immaginata, veduta di poi. Sempre, e dovunque, col dito in alto, Agnese, sempre nell’atto di guidarmi verso un fine migliore, di dirigermi verso un oggetto più de-1500

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gno.

Ella scoteva il capo, e a traverso le lagrime mostrava lo stesso tranquillo e melanconico sorriso.

– Ed io ve ne son così grato, Agnese, che non trovo un’espressione adeguata per l’affetto che sento per voi.

Io voglio che sappiate, e pure non so come dirvelo, che in tutta la vita m’ispirerò a voi, mi lascerò guidar da voi, come ho fatto in mezzo alle tenebre che m’è toccato attraversare. Qualunque cosa accada, anche se vi stringerete a nuovi legami, qualunque mutamento avvenga fra noi, io sempre mi inchinerò a voi e vi vorrò bene come faccio ora, come ho sempre fatto. Sarete sempre il mio conforto e il mio sostegno, come siete sempre stata.

Fino all’ultimo giorno della mia vita, mia cara sorella, vi vedrò sempre innanzi a me, nell’atto di additarmi il Cielo.

Ella rimase con una mano nella mia, dicendomi che era orgogliosa di me e di ciò che dicevo, benché la lodassi oltre il suo merito. Poi continuò a sonar pianamente, ma senza cessar dal guardarmi.

– Sapete, Agnese, che ciò che ho saputo stasera – dissi –

sembra stranamente in armonia col sentimento col quale vi guardai la prima volta... col quale io vi sedevo accanto nei primi giorni che vi ho conosciuta.

– Sapevate che non avevo la mamma – ella rispose con un sorriso – ed eravate disposto a volermi bene.

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– Meglio ancora, Agnese. Sentivo, come se avessi conosciuto questa storia, che vi era qualcosa di tenero e nobile che vi circondava; qualcosa che avrebbe potuto esser triste in qualche altra ma non in voi.

Ella traeva dolcemente qualche nota, sempre guardandomi.

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