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– Ridete di queste care mie fantasie, Agnese?

– No!

– O se vi dicessi che anche allora comprendevo che voi potevate essere sinceramente affettuosa, non ostante ogni scoraggiamento, e continuare ad esserlo, fino al-l’ultimo respiro?... Ridereste di questo mio pensiero?

– Oh, no! Oh, no!

Per un istante un’ombra angosciosa le passò sul viso.

Sussultai; ma poi la rividi che mi guardava col suo solito sorriso sereno, e si rimetteva a sonar dolcemente.

Tornando a casa, nella notte solitaria, perseguito dal vento come un ricordo irrequieto, pensai a lei, e temei che non fosse felice. Neppur io ero felice; ma, intanto, ero riuscito a mettere fedelmente un suggello sul passato; e pensando a lei nell’atto che levava la mano in alto, pensavo che mi additasse quel Cielo dove, nel mistero avvenire, avrei potuto amarla con un amore ignoto alla terra, e dirle la lotta che s’era combattuta in me quando l’amavo quaggiù.

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LXI.

MI SI MOSTRANO DUE INTERESSANTI

PENITENTI

Per qualche tempo – a ogni modo finché non avessi finito il libro, che sarebbe stato ancora un lavoro di parecchi mesi – stabilii la mia dimora a Dover in casa di mia zia; e colà, sedendo innanzi alla finestra dalla quale già avevo contemplato la luna sul mare, la prima volta che mi ero rifugiato sotto quel tetto, tranquillamente continuai il mio compito.

In conformità della mia intenzione di alludere ai miei lavori d’immaginazione soltanto quando eventualmente s’intreccino con la storia della mia vita, non m’indugio sulle speranze, i piaceri, le ansie e i trionfi procacciatimi dalla mia arte. Ho già detto che mi c’ero consacrato fedelmente con tutto l’ardore di cui ero capace, con tutta l’energia di cui potevo disporre. Se i libri che ho scritto han qualche valore, diranno il resto. Altrimenti avrò scritto con poco effetto, e il resto non interesserà nessuno.

Di tanto in tanto andavo a Londra: per perdermi in quella vita turbinosa, o per consultare Traddles su qualche 1503

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affare. Egli aveva saputo amministrare i miei affari, durante la mia assenza, con molto senno; e, per le sue cure, prosperavano. Siccome la mia celebrità cominciava ad attirarmi un’enorme quantità di lettere da persone a me ignote – la più parte lettere che non dicevan nulla e alle quali era difficile rispondere – convenni con Traddles di far dipingere il mio nome sulla sua porta. Lì, su quella traccia, il devoto portalettere riversava staia di corrispondenza per me; e in quel monte di carte, di tanto in tanto, andavo a immergermi a capofitto, come un ministro dell’Interno, ma senza lo stipendio, nei dispacci di Stato.

Fra quelle lettere, talvolta s’intrufolava una cortese proposta da parte di qualcuno dei numerosi faccendieri sempre in agguato intorno al Doctor’s Commons, di esercitare in mio nome (se io volevo dare i passi che mi rimanevano per essere procuratore), e di pagarmi una percentuale sui lucri. Ma respinsi ogni proposta di quel genere, non ignaro che esistevano molti di simili profes-sionisti, e persuaso che la Corte del Doctor’s Commons fosse già abbastanza cattiva, per dover con la mia opera farla peggiore.

Le signorine erano già partite, quando apparve il mio nome sulla porta di Traddles; e il ragazzetto sbarazzino durante tutto il giorno aveva l’aria di non aver mai sentito parlare di Sofia, la quale, chiusa in un retrostanza, aveva il conforto, levando gli occhi dal lavoro, di con-1504

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templare dall’alto una striscetta affumicata di giardino con una pompa in mezzo. Ma io la trovavo sempre lì, lieta e dolce massaia, a canterellare le ballate del Devonshire, quando nessun piede estraneo saliva la scala, e a far stare fermo, con quelle melodie, nel suo gabinetto ufficiale, il ragazzetto sbarazzino.

Mi domandavo, sulle prime, perché trovassi così spesso Sofia occupata a scrivere in una specie di grosso mastro, e perché, quando entravo, lo chiudesse sempre e lo sep-pellisse in fretta nel cassetto. Ma il segreto fu subito svelato. Un giorno, Traddles, rientrato allora dalla Corte sotto la pioggia e il nevischio, trasse una carta dal suo scrittoio, e mi domandò che pensassi di quella scrittura.

– Oh, no, Tommaso! – esclamò Sofia, che scaldava innanzi al fuoco le pantofole del marito.

– Mia cara – rispose Tommaso, con tono di compiacenza – perché no? Che dici di questa scrittura, Copperfield?

– Bellissima! La vera scrittura legale – dissi. – Non ho visto mai una mano così ferma.

– Non sembra una mano di donna, nevvero? – disse Traddles.

– Di donna! – ripetei. – I mattoni e la calce ricordano più da vicino una mano di donna.

Traddles scoppiò in un’allegra risata, e m’informò che 1505

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quella era la scrittura di Sofia; che Sofia aveva dichiarato che egli aveva subito bisogno d’uno scrivano, e che lo scrivano sarebbe stata lei; ch’ella aveva preso quella scrittura da un modello, e che poteva coprirne... non so più quanti fogli in un’ora. Sofia apparve assai confusa per ciò ch’egli mi diceva, e disse che quando Tommaso sarebbe diventato giudice, non sarebbe stato così disposto ad andarlo proclamando in giro. Il che Tommaso negò, dicendo che ne sarebbe stato sempre orgoglioso, in qualunque circostanza.

– Hai una moglie d’oro, mio caro Traddles – dissi, quando ella se ne fu andata tutta sorridente.

– Mio caro Copperfield – rispose Traddles – essa è, senza alcun dubbio, la più cara ragazza del mondo. Se tu sapessi con che abilità governa la casa; la sua puntualità, la sua economia, l’ordine; e la sua allegria, Copperfield.

– Davvero che hai ragione di lodarla! – risposi. – Tu sei un uomo felice. E credo che fra tutti e due siate le due più felici persone del mondo.

– Certo che noi siamo le due più felici persone del mondo – rispose Traddles: – non si può negare. Dio la benedica: quando la vedo levarsi col lume in queste mattine buie, e affaccendarsi nei preparativi del giorno, e andar fuori al mercato prima che gl’impiegati vengano all’Inn, senza curarsi delle intemperie, e ammannirmi dei magnifici desinaretti coi cibi più semplici, e tenere tutto a 1506

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posto, e darsi d’attorno sempre linda ed elegante, e rimaner su sino a tardi con me, se io rimango in piedi sino a tardi, e star sempre di buon umore, sempre pronta a in-coraggiarmi, disposta a tutto per me, a volte mi par che positivamente non ci possa credere, Copperfield.

Egli la guardava con tenerezza mentre ella gli infilava le pantofole scaldate al fuoco, e poi stese i piedi gioiosamente sull’alare.

– A volte mi par che positivamente non ci possa credere

– disse Traddles. – E poi, i nostri divertimenti! Non co-stano nulla, ma sono meravigliosi. Quando siamo a casa la sera, e chiudiamo la porta di fuori, e abbassiamo quelle cortine... che sono state fatte da lei... dove potremmo star meglio? Quando fa bel tempo, e usciamo per una passeggiatina la sera, le vie abbondano di piaceri per noi. Guardiamo le vetrine scintillanti delle botteghe dei gioiellieri, e io indico a Sofia quale dei serpenti dagli occhi di diamanti, attorti negli astucci di raso bianco, le regalerei, se mi fosse possibile comprarlo; e Sofia mi indica quale mi regalerebbe lei, se potesse, di quei begli orologi d’oro a cilindro e a scappamento orizzontale, e tante altre cose; e scegliamo i coltelli e le forchette, e i coltelli da pesce, i coltelli per il burro e le mollette per lo zucchero, che ci piacerebbe di comprare; e andiamo via come se avessimo veramente acquistato tutto. Poi, giriamo per le piazze e per le vie più larghe ed eleganti, e, imbattendoci in una casa che si appigiona, qualche 1507

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