to una vita spensierata al servizio dei giovani; e d’essermi lasciato trascinare da loro a debolezze alle quali non avevo la forza di resistere. Spero che quel signore starà più attento, ora, e non si offenderà della libertà che mi son preso. L’ho fatto per suo bene. Le follie del mio passato le so; spero ch’egli possa pentirsi di tutte le malvagità e i peccati ai quali ha preso parte.
Osservai che parecchi della compagnia visitatrice si coprivano gli occhi con una mano, come se fossero entrati in chiesa.
– Questi sentimenti vi onorano, Ventotto – rispose il signore che l’aveva interrogato. – Da voi non m’aspettavo nulla di diverso. V’è qualche altra cosa?
– Signore – rispose Littimer, sollevando leggermente le ciglia, ma non gli occhi – v’era una giovinetta che si era data a una vita dissoluta. Io mi sforzai di salvarla, ma non ci riuscii. Prego quel signore, se gli sarà possibile, d’informare in mio nome quella giovane che le perdono la sua cattiva condotta verso di me; e che la invito a pentirsi... se egli vorrà farmi questa cortesia.
– Non ho alcun dubbio, Ventotto – rispose il signore che lo interrogava – che il signore al quale alludete sia perfettamente persuaso... come siamo tutti... di ciò che avete così opportunamente detto. Non vi tratteniamo più.
– Grazie, signore – disse Littimer. – Signori, vi do il buon giorno, e vi auguro che anche voi e le vostre fami-1518
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glie vediate i vostri peccati per emendarvene!
Così dicendo, il numero Ventotto si ritirò, dopo aver scambiato un’occhiata con Uriah, come se non fossero assolutamente sconosciuti l’uno all’altro e avessero qualche mezzo di comunicazione; e quando la porta si richiuse dietro di lui, si bisbigliò nel gruppo ch’egli era un uomo rispettabilissimo e un bel caso di studio.
– Ora, Ventisette – disse il signor Creakle, entrando decisamente in iscena col suo campione – v’è qualche cosa che qualcuno possa fare per voi? Se sì, ditelo.
– Io chiederei umilmente, signore – rispose Uriah, agitando quella sua testa maligna – il permesso di scrivere a mia madre.
– Certamente vi sarà accordato – disse il signor Creakle.
– Grazie, signore. Mia madre m’impensierisce. Temo che non si salvi.
Qualcuno chiese incautamente: «Da che?». Ma vi fu un bisbiglio di sorpresa: «Tacete!».
– Non si salvi nell’altra vita, signore – rispose Uriah, –
contorcendosi dal lato della voce. – Vorrei che mia madre fosse nelle mie condizioni. Io non sarei nelle condizioni in cui mi trovo, se non fossi entrato qua dentro.
Vorrei che la mamma fosse qui. Sarebbe meglio per tutti, se fossero presi e condotti qui.
Questo sentimento fu ricevuto con illimitata soddisfa-1519
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zione – una soddisfazione maggiore, credo, di qualunque altra precedente.
– Prima di venire qui – disse Uriah, dandoci un’occhiata obliqua; come se volesse maledire il mondo esterno al quale noi appartenevamo – non commettevo che follie; ma ora son pentito di tutte le mie follie. Fuori non si fa che peccare. C’è molto peccato nella mamma. Da per tutto non v’è che peccato... tranne che qui.
– Siete assolutamente mutato? – disse il signor Creakle.
– Oh, cielo, sì, signore! – esclamò quello speranzoso penitente.
– Non ricadreste in peccato, se foste liberato? – chiese qualcun altro.
– Oh, cielo, no, signore!
– Bene – disse il signor Creakle – è una cosa veramente soddisfacente. Voi vi siete rivolto al signor Copperfield, Ventisette. Desiderate di dirgli qualche altra cosa?
– Voi m’avete conosciuto gran tempo prima che io venissi qui e mi cambiassi – disse Uriah. guardandomi; e non avevo mai visto uno sguardo più tristo, anche su quella faccia. – Mi conoscevate quando, nonostante le mie follie, ero umile fra quelli che erano orgogliosi, e mite fra quelli che erano violenti... anche voi foste violento con me, signor Copperfield. Una volta, mi deste uno schiaffo, sapete.
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Mormorio di generale commiserazione. Parecchie occhiate indignate mi fulminarono.
– Ma io vi perdono, signor Copperfield – disse Uriah, traendo da quel suo perdono motivo per fare un empio parallelo, che io non riferisco – perdono a tutti. Non voglio aver rancori contro nessuno. Sinceramente vi perdono, e vi auguro di frenare la vostra ira in futuro. Spero che il signor W. si pentirà, e la signorina W. E gli altri di quella compagnia piena di peccati. Voi siete stato visitato dalla sventura, e auguro che vi giovi. Ma fareste bene a venir qui. Il signor W. farebbe bene a venir qui, e la signorina W. pure. Il miglior augurio che possa farvi, signor Copperfield, e a voi tutti, signori, è di farvi prendere e condurre qui. Quando ripenso ai miei trascorsi e alla mia precedente condizione, son persuaso che questo sarebbe per voi il miglior partito. Compiango tutti quelli che non son condotti qui.
Egli si ritrasse nella sua cella, in mezzo a un piccolo coro d’approvazioni; e rinchiuso che fu, Traddles e io cacciammo un sospiro di sollievo. Quello sfoggio di pentimento mi fece nascere il desiderio di sapere che cosa avessero fatto quei due tomi per essere lì in prigione. Ma su questo sembrava che essi non avessero avuto nulla da dire. Mi rivolsi a uno dei due carcerieri, che, da certi indizi nei loro visi, mi pareva non dessero gran peso a tutta quella commedia.
– Sapete – dissi, mentre traversavamo il corridoio – con 1521
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qual reato s’è espressa l’ultima follia del Ventisette?
Mi fu risposto che era stato con un reato bancario.
– Una frode contro la Banca d’Inghilterra? – chiesi.
– Sì, signore, frode, falso, e complotto, perché era con altri. Era lui che dirigeva. Si trattava d’una grossa somma. La sentenza fu di condanna alla deportazione a vita.
Il Ventisette, più astuto di tutti, s’era quasi tenuto al sicuro. Ma la Banca poté snidarlo... per fortuna.
– E il Ventotto che ha fatto?