Scipïone e Pompeo; e a quel colle sotto 'l qual tu nascesti parve amaro.
Poi, presso al tempo che tutto 'l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle.
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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
E quel che fé da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Senna
e ogne valle onde Rodano è pieno.
Quel che fé poi ch'elli uscì di Ravenna e saltò Rubicon, fu di tal volo,
che nol seguiteria lingua né penna.
Inver' la Spagna rivolse lo stuolo, poi ver' Durazzo, e Farsalia percosse sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo.
Antandro e Simeonta, onde si mosse, rivide e là dov' Ettore si cuba;
e mal per Tolomeo poscia si scosse.
Da indi scese folgorando a Iuba;
onde si volse nel vostro occidente, ove sentia la pompeana tuba.
Di quel che fé col baiulo seguente, Bruto con Cassio ne l'inferno latra, e Modena e Perugia fu dolente.
Piangene ancor la trista Cleopatra, che, fuggendoli innanzi, dal colubro la morte prese subitana e atra.
Con costui corse infino al lito rubro; con costui puose il mondo in tanta pace, che fu serrato a Giano il suo delubro.
Ma ciò che 'l segno che parlar mi face fatto avea prima e poi era fatturo per lo regno mortal ch'a lui soggiace, diventa in apparenza poco e scuro, se in mano al terzo Cesare si mira con occhio chiaro e con affetto puro; ché la viva giustizia che mi spira, li concedette, in mano a quel ch'i' dico, gloria di far vendetta a la sua ira.
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Or qui t'ammira in ciò ch'io ti replìco: poscia con Tito a far vendetta corse de la vendetta del peccato antico.
E quando il dente longobardo morse la Santa Chiesa, sotto le sue ali Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
Omai puoi giudicar di quei cotali ch'io accusai di sopra e di lor falli, che son cagion di tutti vostri mali.
L'uno al pubblico segno i gigli gialli oppone, e l'altro appropria quello a parte, sì ch'è forte a veder chi più si falli.
Faccian li Ghibellin, faccian lor arte sott' altro segno, ché mal segue quello sempre chi la giustizia e lui diparte; e non l'abbatta esto Carlo novello coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli ch'a più alto leon trasser lo vello.
Molte fïate già pianser li figli
per la colpa del padre, e non si creda che Dio trasmuti l'armi per suoi gigli!
Questa picciola stella si correda d'i buoni spirti che son stati attivi perché onore e fama li succeda:
e quando li disiri poggian quivi, sì disvïando, pur convien che i raggi del vero amore in sù poggin men vivi.
Ma nel commensurar d'i nostri gaggi col merto è parte di nostra letizia, perché non li vedem minor né maggi.
Quindi addolcisce la viva giustizia in noi l'affetto sì, che non si puote 344
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torcer già mai ad alcuna nequizia.
Diverse voci fanno dolci note;
così diversi scanni in nostra vita rendon dolce armonia tra queste rote.
E dentro a la presente margarita
luce la luce di Romeo, di cui
fu l'ovra grande e bella mal gradita.
Ma i Provenzai che fecer contra lui non hanno riso; e però mal cammina qual si fa danno del ben fare altrui.
Quattro figlie ebbe, e ciascuna reina, Ramondo Beringhiere, e ciò li fece Romeo, persona umìle e peregrina.
E poi il mosser le parole biece