Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
Talvolta un animal coverto broglia, sì che l'affetto convien che si paia per lo seguir che face a lui la 'nvoglia; e similmente l'anima primaia
mi facea trasparer per la coverta quant' ella a compiacermi venìa gaia.
Indi spirò: «Sanz' essermi proferta da te, la voglia tua discerno meglio che tu qualunque cosa t'è più certa; perch' io la veggio nel verace speglio che fa di sé pareglio a l'altre cose, e nulla face lui di sé pareglio.
Tu vuogli udir quant' è che Dio mi puose ne l'eccelso giardino, ove costei a così lunga scala ti dispuose,
e quanto fu diletto a li occhi miei, e la propria cagion del gran disdegno, e l'idïoma ch'usai e che fei.
Or, figliuol mio, non il gustar del legno fu per sé la cagion di tanto essilio, ma solamente il trapassar del segno.
Quindi onde mosse tua donna Virgilio, quattromilia trecento e due volumi di sol desiderai questo concilio; e vidi lui tornare a tutt' i lumi de la sua strada novecento trenta fïate, mentre ch'ïo in terra fu'mi.
La lingua ch'io parlai fu tutta spenta innanzi che a l'ovra inconsummabile fosse la gente di Nembròt attenta: ché nullo effetto mai razïonabile, per lo piacere uman che rinovella seguendo il cielo, sempre fu durabile.
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Opera naturale è ch'uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v'abbella.
Pria ch'i' scendessi a l'infernale ambascia, I s'appellava in terra il sommo bene onde vien la letizia che mi fascia; e El si chiamò poi: e ciò convene, ché l'uso d'i mortali è come fronda in ramo, che sen va e altra vene.
Nel monte che si leva più da l'onda, fu' io, con vita pura e disonesta, da la prim' ora a quella che seconda, come 'l sol muta quadra, l'ora sesta».
CANTO XXVII
[Canto XXVII, dove tratta sì come santo Pietro appostolo, proverbiando li suoi successori papi, adempie l'animo de l'auttore di questo libro.]
'Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo', cominciò, 'gloria!', tutto 'l paradiso, sì che m'inebrïava il dolce canto.
Ciò ch'io vedeva mi sembiava un riso de l'universo; per che mia ebbrezza intrava per l'udire e per lo viso.
Oh gioia! oh ineffabile allegrezza!
oh vita intègra d'amore e di pace!
oh sanza brama sicura ricchezza!
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Dinanzi a li occhi miei le quattro face stavano accese, e quella che pria venne incominciò a farsi più vivace,
e tal ne la sembianza sua divenne, qual diverrebbe Iove, s'elli e Marte fossero augelli e cambiassersi penne.
La provedenza, che quivi comparte vice e officio, nel beato coro
silenzio posto avea da ogne parte, quand' ïo udi': «Se io mi trascoloro, non ti maravigliar, ché, dicend' io, vedrai trascolorar tutti costoro.
Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, il luogo mio, il luogo mio che vaca ne la presenza del Figliuol di Dio, fatt' ha del cimitero mio cloaca
del sangue e de la puzza; onde 'l perverso che cadde di qua sù, là giù si placa».
Di quel color che per lo sole avverso nube dipigne da sera e da mane,
vid' ïo allora tutto 'l ciel cosperso.
E come donna onesta che permane
di sé sicura, e per l'altrui fallanza, pur ascoltando, timida si fane,
così Beatrice trasmutò sembianza; e tale eclissi credo che 'n ciel fue quando patì la supprema possanza.
Poi procedetter le parole sue
con voce tanto da sé trasmutata,
che la sembianza non si mutò piùe:
«Non fu la sposa di Cristo allevata del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto, per essere ad acquisto d'oro usata; 442