tre volte dietro a lei le mani avvinsi, e tante mi tornai con esse al petto.
165
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
Di maraviglia, credo, mi dipinsi; per che l'ombra sorrise e si ritrasse, e io, seguendo lei, oltre mi pinsi.
Soavemente disse ch'io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s'arrestasse.
Rispuosemi: «Così com' io t'amai
nel mortal corpo, così t'amo sciolta: però m'arresto; ma tu perché vai?».
«Casella mio, per tornar altra volta là dov' io son, fo io questo vïaggio», diss' io; «ma a te com' è tanta ora tolta?».
Ed elli a me: «Nessun m'è fatto oltraggio, se quei che leva quando e cui li piace, più volte m'ha negato esto passaggio; ché di giusto voler lo suo si face: veramente da tre mesi elli ha tolto chi ha voluto intrar, con tutta pace.
Ond' io, ch'era ora a la marina vòlto dove l'acqua di Tevero s'insala,
benignamente fu' da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l'ala, però che sempre quivi si ricoglie qual verso Acheronte non si cala».
E io: «Se nuova legge non ti toglie memoria o uso a l'amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie, di ciò ti piaccia consolare alquanto l'anima mia, che, con la sua persona venendo qui, è affannata tanto!».
'Amor che ne la mente mi ragiona'
cominciò elli allor sì dolcemente, 166
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
che la dolcezza ancor dentro mi suona.
Lo mio maestro e io e quella gente ch'eran con lui parevan sì contenti, come a nessun toccasse altro la mente.
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio ch'esser non lascia a voi Dio manifesto».
Come quando, cogliendo biado o loglio, li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l'usato orgoglio, se cosa appare ond' elli abbian paura, subitamente lasciano star l'esca, perch' assaliti son da maggior cura; così vid' io quella masnada fresca lasciar lo canto, e fuggir ver' la costa, com' om che va, né sa dove rïesca; né la nostra partita fu men tosta.
CANTO III
[Canto III, nel quale si tratta de la seconda qualitade, cioè di coloro che per cagione d'alcuna violenza che ricevettero, tardaro di qui a loro fine a pentersi e confessarsi de' loro falli, sì come sono quelli che muoiono in contumacia di Santa Chiesa scomunicati, li quali sono puniti in quel piano. In essempro di cotali peccatori nomina tra costoro il re Manfredi.]
167
Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________
Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna, rivolti al monte ove ragion ne fruga, i' mi ristrinsi a la fida compagna: e come sare' io sanza lui corso?
chi m'avria tratto su per la montagna?
El mi parea da sé stesso rimorso: o dignitosa coscïenza e netta,
come t'è picciol fallo amaro morso!
Quando li piedi suoi lasciar la fretta, che l'onestade ad ogn' atto dismaga, la mente mia, che prima era ristretta, lo 'ntento rallargò, sì come vaga, e diedi 'l viso mio incontr' al poggio che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga.
Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio, rotto m'era dinanzi a la figura,
ch'avëa in me de' suoi raggi l'appoggio.
Io mi volsi dallato con paura