Quand' io mi fui umilmente disdetto d'averlo visto mai, el disse: «Or vedi»; e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.
Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi, nepote di Costanza imperadrice;
ond' io ti priego che, quando tu riedi, vadi a mia bella figlia, genitrice de l'onor di Cicilia e d'Aragona, e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice.
Poscia ch'io ebbi rotta la persona di due punte mortali, io mi rendei, piangendo, a quei che volontier perdona.
Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei.
Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia di me fu messo per Clemente allora, avesse in Dio ben letta questa faccia, l'ossa del corpo mio sarieno ancora in co del ponte presso a Benevento, sotto la guardia de la grave mora.
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Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde, dov' e' le trasmutò a lume spento.
Per lor maladizion sì non si perde, che non possa tornar, l'etterno amore, mentre che la speranza ha fior del verde.
Vero è che quale in contumacia more di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta, star li convien da questa ripa in fore, per ognun tempo ch'elli è stato, trenta, in sua presunzïon, se tal decreto più corto per buon prieghi non diventa.
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto, revelando a la mia buona Costanza come m'hai visto, e anco esto divieto; ché qui per quei di là molto s'avanza».
CANTO IV
[Canto IV, dove si tratta de la soprascritta seconda qualitade, dove si purga chi per negligenza di qui a la morte si tardòe a confessare; tra i quali si nomina il Belacqua, uomo di corte.]
Quando per dilettanze o ver per doglie, che alcuna virtù nostra comprenda, l'anima bene ad essa si raccoglie, par ch'a nulla potenza più intenda; e questo è contra quello error che crede ch'un'anima sovr' altra in noi s'accenda.
E però, quando s'ode cosa o vede
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che tegna forte a sé l'anima volta, vassene 'l tempo e l'uom non se n'avvede; ch'altra potenza è quella che l'ascolta, e altra è quella c'ha l'anima intera: questa è quasi legata e quella è sciolta.
Di ciò ebb' io esperïenza vera,
udendo quello spirto e ammirando; ché ben cinquanta gradi salito era lo sole, e io non m'era accorto, quando venimmo ove quell' anime ad una
gridaro a noi: «Qui è vostro dimando».
Maggiore aperta molte volte impruna con una forcatella di sue spine
l'uom de la villa quando l'uva imbruna, che non era la calla onde salìne
lo duca mio, e io appresso, soli, come da noi la schiera si partìne.
Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su in Bismantova e 'n Cacume con esso i piè; ma qui convien ch'om voli; dico con l'ale snelle e con le piume del gran disio, di retro a quel condotto che speranza mi dava e facea lume.
Noi salavam per entro 'l sasso rotto, e d'ogne lato ne stringea lo stremo, e piedi e man volea il suol di sotto.
Poi che noi fummo in su l'orlo suppremo de l'alta ripa, a la scoperta piaggia,
«Maestro mio», diss' io, «che via faremo?».
Ed elli a me: «Nessun tuo passo caggia; pur su al monte dietro a me acquista, fin che n'appaia alcuna scorta saggia».
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Lo sommo er' alto che vincea la vista, e la costa superba più assai
che da mezzo quadrante a centro lista.
Io era lasso, quando cominciai:
«O dolce padre, volgiti, e rimira com' io rimango sol, se non restai».
«Figliuol mio», disse, «infin quivi ti tira», additandomi un balzo poco in sùe
che da quel lato il poggio tutto gira.
Sì mi spronaron le parole sue,