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«se tu non torni?»; ed ei: «Chi fia dov' io, la ti farà»; ed ella: «L'altrui bene a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?»; ond' elli: «Or ti conforta; ch'ei convene ch'i' solva il mio dovere anzi ch'i' mova: giustizia vuole e pietà mi ritene».

Colui che mai non vide cosa nova

produsse esto visibile parlare,

novello a noi perché qui non si trova.

203

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Mentr' io mi dilettava di guardare l'imagini di tante umilitadi,

e per lo fabbro loro a veder care,

«Ecco di qua, ma fanno i passi radi», mormorava il poeta, «molte genti: questi ne 'nvïeranno a li alti gradi».

Li occhi miei, ch'a mirare eran contenti per veder novitadi ond' e' son vaghi, volgendosi ver' lui non furon lenti.

Non vo' però, lettor, che tu ti smaghi di buon proponimento per udire

come Dio vuol che 'l debito si paghi.

Non attender la forma del martìre: pensa la succession; pensa ch'al peggio oltre la gran sentenza non può ire.

Io cominciai: «Maestro, quel ch'io veggio muovere a noi, non mi sembian persone, e non so che, sì nel veder vaneggio».

Ed elli a me: «La grave condizione di lor tormento a terra li rannicchia, sì che ' miei occhi pria n'ebber tencione.

Ma guarda fiso là, e disviticchia col viso quel che vien sotto a quei sassi: già scorger puoi come ciascun si picchia».

O superbi cristian, miseri lassi, che, de la vista de la mente infermi, fidanza avete ne' retrosi passi,

non v'accorgete voi che noi siam vermi nati a formar l'angelica farfalla, che vola a la giustizia sanza schermi?

Di che l'animo vostro in alto galla, poi siete quasi antomata in difetto, sì come vermo in cui formazion falla?

204

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Come per sostentar solaio o tetto, per mensola talvolta una figura

si vede giugner le ginocchia al petto, la qual fa del non ver vera rancura nascere 'n chi la vede; così fatti vid' io color, quando puosi ben cura.

Vero è che più e meno eran contratti secondo ch'avien più e meno a dosso; e qual più pazïenza avea ne li atti, piangendo parea dicer: 'Più non posso'.

CANTO XI

[Canto XI, nel quale si tratta del sopradetto primo girone e de'

superbi medesimi, e qui si purga la vana gloria ch'è uno de' rami de la superbia; dove nomina il conte Uberto da Santafiore e messer Provenzano Salvani di Siena e molti altri.]

«O Padre nostro, che ne' cieli stai, non circunscritto, ma per più amore ch'ai primi effetti di là sù tu hai, laudato sia 'l tuo nome e 'l tuo valore da ogne creatura, com' è degno

di render grazie al tuo dolce vapore.

Vegna ver' noi la pace del tuo regno, ché noi ad essa non potem da noi, s'ella non vien, con tutto nostro ingegno.

Come del suo voler li angeli tuoi fan sacrificio a te, cantando osanna, così facciano li uomini de' suoi.

205

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

Dà oggi a noi la cotidiana manna, sanza la qual per questo aspro diserto a retro va chi più di gir s'affanna.

E come noi lo mal ch'avem sofferto perdoniamo a ciascuno, e tu perdona benigno, e non guardar lo nostro merto.

Nostra virtù che di legger s'adona, non spermentar con l'antico avversaro, ma libera da lui che sì la sprona.

Quest' ultima preghiera, segnor caro, già non si fa per noi, ché non bisogna, ma per color che dietro a noi restaro».

Così a sé e noi buona ramogna

quell' ombre orando, andavan sotto 'l pondo, simile a quel che talvolta si sogna, disparmente angosciate tutte a tondo e lasse su per la prima cornice,

purgando la caligine del mondo.

Se di là sempre ben per noi si dice, di qua che dire e far per lor si puote da quei c'hanno al voler buona radice?

Ben si de' loro atar lavar le note che portar quinci, sì che, mondi e lievi, possano uscire a le stellate ruote.

«Deh, se giustizia e pietà vi disgrievi tosto, sì che possiate muover l'ala, che secondo il disio vostro vi lievi, mostrate da qual mano inver' la scala si va più corto; e se c'è più d'un varco, quel ne 'nsegnate che men erto cala; ché questi che vien meco, per lo 'ncarco de la carne d'Adamo onde si veste, 206

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

al montar sù, contra sua voglia, è parco».

Le lor parole, che rendero a queste che dette avea colui cu' io seguiva, non fur da cui venisser manifeste; ma fu detto: «A man destra per la riva con noi venite, e troverete il passo possibile a salir persona viva.

E s'io non fossi impedito dal sasso che la cervice mia superba doma,

onde portar convienmi il viso basso, cotesti, ch'ancor vive e non si noma, guardere' io, per veder s'i' 'l conosco, e per farlo pietoso a questa soma.

Io fui latino e nato d'un gran Tosco: Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre; non so se 'l nome suo già mai fu vosco.

L'antico sangue e l'opere leggiadre d'i miei maggior mi fer sì arrogante, che, non pensando a la comune madre, ogn' uomo ebbi in despetto tanto avante, ch'io ne mori', come i Sanesi sanno, e sallo in Campagnatico ogne fante.

Are sens