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lagrimando a colui che sé ne presti.

Savia non fui, avvegna che Sapìa

fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia.

E perché tu non creda ch'io t'inganni, odi s'i' fui, com' io ti dico, folle, già discendendo l'arco d'i miei anni.

Eran li cittadin miei presso a Colle in campo giunti co' loro avversari, e io pregava Iddio di quel ch'e' volle.

Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari passi di fuga; e veggendo la caccia, letizia presi a tutte altre dispari, tanto ch'io volsi in sù l'ardita faccia, gridando a Dio: "Omai più non ti temo!", come fé 'l merlo per poca bonaccia.

Pace volli con Dio in su lo stremo de la mia vita; e ancor non sarebbe lo mio dover per penitenza scemo, se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe Pier Pettinaio in sue sante orazioni, a cui di me per caritate increbbe.

Ma tu chi se', che nostre condizioni vai dimandando, e porti li occhi sciolti, sì com' io credo, e spirando ragioni?».

«Li occhi», diss' io, «mi fieno ancor qui tolti, ma picciol tempo, ché poca è l'offesa 218

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

fatta per esser con invidia vòlti.

Troppa è più la paura ond' è sospesa l'anima mia del tormento di sotto, che già lo 'ncarco di là giù mi pesa».

Ed ella a me: «Chi t'ha dunque condotto qua sù tra noi, se giù ritornar credi?».

E io: «Costui ch'è meco e non fa motto.

E vivo sono; e però mi richiedi,

spirito eletto, se tu vuo' ch'i' mova di là per te ancor li mortai piedi».

«Oh, questa è a udir sì cosa nuova», rispuose, «che gran segno è che Dio t'ami; però col priego tuo talor mi giova.

E cheggioti, per quel che tu più brami, se mai calchi la terra di Toscana, che a' miei propinqui tu ben mi rinfami.

Tu li vedrai tra quella gente vana che spera in Talamone, e perderagli più di speranza ch'a trovar la Diana; ma più vi perderanno li ammiragli».

CANTO XIV

[Canto XIV, dove si tratta del sopradetto girone, e qui si purga la sopradetta colpa della invidia; dove nomina messer Rinieri da Calvoli e molti altri.]

«Chi è costui che 'l nostro monte cerchia prima che morte li abbia dato il volo, e apre li occhi a sua voglia e coverchia?».

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Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

«Non so chi sia, ma so ch'e' non è solo; domandal tu che più li t'avvicini, e dolcemente, sì che parli, acco'lo».

Così due spirti, l'uno a l'altro chini, ragionavan di me ivi a man dritta; poi fer li visi, per dirmi, supini; e disse l'uno: «O anima che fitta nel corpo ancora inver' lo ciel ten vai, per carità ne consola e ne ditta

onde vieni e chi se'; ché tu ne fai tanto maravigliar de la tua grazia, quanto vuol cosa che non fu più mai».

E io: «Per mezza Toscana si spazia un fiumicel che nasce in Falterona, e cento miglia di corso nol sazia.

Di sovr' esso rech' io questa persona: dirvi ch'i' sia, saria parlare indarno, ché 'l nome mio ancor molto non suona».

«Se ben lo 'ntendimento tuo accarno con lo 'ntelletto», allora mi rispuose quei che diceva pria, «tu parli d'Arno».

E l'altro disse lui: «Perché nascose questi il vocabol di quella riviera, pur com' om fa de l'orribili cose?».

E l'ombra che di ciò domandata era, si sdebitò così: «Non so; ma degno ben è che 'l nome di tal valle pèra; ché dal principio suo, ov' è sì pregno l'alpestro monte ond' è tronco Peloro, che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno, infin là 've si rende per ristoro di quel che 'l ciel de la marina asciuga, 220

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

ond' hanno i fiumi ciò che va con loro, vertù così per nimica si fuga

da tutti come biscia, o per sventura del luogo, o per mal uso che li fruga: ond' hanno sì mutata lor natura

li abitator de la misera valle,

che par che Circe li avesse in pastura.

Tra brutti porci, più degni di galle che d'altro cibo fatto in uman uso, dirizza prima il suo povero calle.

Botoli trova poi, venendo giuso,

ringhiosi più che non chiede lor possa, e da lor disdegnosa torce il muso.

Vassi caggendo; e quant' ella più 'ngrossa, tanto più trova di can farsi lupi la maladetta e sventurata fossa.

Discesa poi per più pelaghi cupi, trova le volpi sì piene di froda, che non temono ingegno che le occùpi.

Né lascerò di dir perch' altri m'oda; e buon sarà costui, s'ancor s'ammenta di ciò che vero spirto mi disnoda.

Io veggio tuo nepote che diventa

cacciator di quei lupi in su la riva del fiero fiume, e tutti li sgomenta.

Vende la carne loro essendo viva; poscia li ancide come antica belva; molti di vita e sé di pregio priva.

Sanguinoso esce de la trista selva; lasciala tal, che di qui a mille anni ne lo stato primaio non si rinselva».

Com' a l'annunzio di dogliosi danni 221

Dante Alighieri - La Divina Commedia ____________________________________________________

si turba il viso di colui ch'ascolta, da qual che parte il periglio l'assanni, così vid' io l'altr' anima, che volta stava a udir, turbarsi e farsi trista, poi ch'ebbe la parola a sé raccolta.

Are sens