'O virtù mia, perché sì ti dilegue?', fra me stesso dicea, ché mi sentiva la possa de le gambe posta in triegue.
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Noi eravam dove più non saliva
la scala sù, ed eravamo affissi,
pur come nave ch'a la piaggia arriva.
E io attesi un poco, s'io udissi
alcuna cosa nel novo girone;
poi mi volsi al maestro mio, e dissi:
«Dolce mio padre, dì, quale offensione si purga qui nel giro dove semo?
Se i piè si stanno, non stea tuo sermone».
Ed elli a me: «L'amor del bene, scemo del suo dover, quiritta si ristora; qui si ribatte il mal tardato remo.
Ma perché più aperto intendi ancora, volgi la mente a me, e prenderai
alcun buon frutto di nostra dimora».
«Né creator né creatura mai»,
cominciò el, «figliuol, fu sanza amore, o naturale o d'animo; e tu 'l sai.
Lo naturale è sempre sanza errore, ma l'altro puote errar per malo obietto o per troppo o per poco di vigore.
Mentre ch'elli è nel primo ben diretto, e ne' secondi sé stesso misura,
esser non può cagion di mal diletto; ma quando al mal si torce, o con più cura o con men che non dee corre nel bene, contra 'l fattore adovra sua fattura.
Quinci comprender puoi ch'esser convene amor sementa in voi d'ogne virtute e d'ogne operazion che merta pene.
Or, perché mai non può da la salute amor del suo subietto volger viso, da l'odio proprio son le cose tute; 237
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e perché intender non si può diviso, e per sé stante, alcuno esser dal primo, da quello odiare ogne effetto è deciso.
Resta, se dividendo bene stimo,
che 'l mal che s'ama è del prossimo; ed esso amor nasce in tre modi in vostro limo.
È chi, per esser suo vicin soppresso, spera eccellenza, e sol per questo brama ch'el sia di sua grandezza in basso messo; è chi podere, grazia, onore e fama teme di perder perch' altri sormonti, onde s'attrista sì che 'l contrario ama; ed è chi per ingiuria par ch'aonti, sì che si fa de la vendetta ghiotto, e tal convien che 'l male altrui impronti.
Questo triforme amor qua giù di sotto si piange: or vo' che tu de l'altro intende, che corre al ben con ordine corrotto.
Ciascun confusamente un bene apprende nel qual si queti l'animo, e disira; per che di giugner lui ciascun contende.
Se lento amore a lui veder vi tira o a lui acquistar, questa cornice, dopo giusto penter, ve ne martira.
Altro ben è che non fa l'uom felice; non è felicità, non è la buona
essenza, d'ogne ben frutto e radice.
L'amor ch'ad esso troppo s'abbandona, di sovr' a noi si piange per tre cerchi; ma come tripartito si ragiona,
tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi».
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CANTO XVIII
[Canto XVIII, il quale tratta del sopradetto quarto girone, ove si purga la soprascritta colpa e peccato de l'accidia; e qui mostra Virgilio che è perfetto amore; dove nomina l'abate da San Zeno di Verona.]
Posto avea fine al suo ragionamento l'alto dottore, e attento guardava ne la mia vista s'io parea contento; e io, cui nova sete ancor frugava, di fuor tacea, e dentro dicea: 'Forse lo troppo dimandar ch'io fo li grava'.
Ma quel padre verace, che s'accorse del timido voler che non s'apriva, parlando, di parlare ardir mi porse.
Ond' io: «Maestro, il mio veder s'avviva sì nel tuo lume, ch'io discerno chiaro quanto la tua ragion parta o descriva.
Però ti prego, dolce padre caro,
che mi dimostri amore, a cui reduci ogne buono operare e 'l suo contraro».
«Drizza», disse, «ver' me l'agute luci de lo 'ntelletto, e fieti manifesto l'error de' ciechi che si fanno duci.
L'animo, ch'è creato ad amar presto, ad ogne cosa è mobile che piace,
tosto che dal piacere in atto è desto.
Vostra apprensiva da esser verace tragge intenzione, e dentro a voi la spiega, 239
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sì che l'animo ad essa volger face; e se, rivolto, inver' di lei si piega, quel piegare è amor, quell' è natura che per piacer di novo in voi si lega.
Poi, come 'l foco movesi in altura per la sua forma ch'è nata a salire là dove più in sua matera dura,
così l'animo preso entra in disire, ch'è moto spiritale, e mai non posa fin che la cosa amata il fa gioire.